Diciotto

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Emma



Ho sempre pensato che nella vita di ognuno di noi non esistono strategie. Non ci sono calcoli. Non possiamo calcolare nulla, anche se tentiamo qualsiasi cosa per farlo. Possiamo provare ad essere felici, ma non è detto che lo saremo sempre. Ci sarà sempre qualcosa che ci bloccherà, e mi fa fatica ammetterlo, ma adesso per quanto sia circondata da tante cose non posso essere felice. Non ci riesco, mi sembra di star scivolando di nuovo nel baratro. Ammiro le mie amiche, ammiro Mattia che mi sta accanto ancora, senza pretendere nulla.
Senza pretendere il vero affetto.
Senza pretendere qualcosa che solo in parte, che per un attimo, possa andare oltre la frequentazione. Forse devo aspettare ancora, o semplicemente Mattia non è la persona adatta a me. E poi c'è la mia confusione mentale che non mi aiuta affatto. Sabato ho passato l'inferno. Ero sbronza eppure ricordo tutto. Ricordo Elena nervosa, che ripeteva insistentemente di me avermelo detto di non rientrare. Ricordo i miei lamenti, e nessuna reazione dinanzi a ciò che avevo visto poco prima. E poi ricordo il suo volto così perfett0; così diverso, così maturo per i suoi 22 anni. Un volto che però non sono riuscita a comprendere. C'erano gli occhi, c'era lui, ma non l'ho riconosciuto. Non ho visto l'amore, non ho visto l'odio, non ci sono riuscita. O forse è lui che in tutto questo tempo è stato capace di nascondersi. Io non lo so realmente cosa ho provato, non l'ho percepito, ma una cosa posso dire: è stato diverso da come lo immaginavo. Me lo immaginavo contento, invece era strano. Era tutt'altro. Ma nemmeno io sono contenta. Vorrei dire che di lui, di Sabato sera non me ne frega niente, invece non ci riesco. Non riesco a non pensarci, anche se fingo non sia così. Stefano è sempre stato diverso: ieri invece era proprio spento, triste, forse per questo non sono riuscita a percepire e a mostrare nulla. Le ragazze sembravano essere arrabbiate, nervose; io non ho reagito, semplicemente non ho fatto vedere le mie sensazioni. Fuori sembro un'altra, sembro felice. Invece sono solo confusa ed è per questo che ho chiamato la psicologa, anticipando l'appuntamento. Il risultato? Un'ora di lacrime. La psicologa ha cercato di spiegarmi che vedendo Stefano, non ho visto ciò che mi sarei aspettata. A teatro sembrava felice, avevo un'idea diversa, pensavo fosse tornato a vivere. Invece mi sono ritrovata un muro. Non sono trasparite emozioni, non ne è uscito fuori niente. Nemmeno una parola. E questo mio comportamento è solo frutto della mia delusione. Pensavo avesse potuto dirmi qualcosa, invece il suo essere chiuso, introverso...io non l'avevo mai visto così. La paura di non riuscire più a comprenderlo, mi sta logorando, e io non lo posso accettare. Le lacrime mi hanno aiutata. La dottoressa mi ha consigliato di provare a parlargli, senza accennare alle lettere, alla mia vita, a Chiara. Forse questo potrebbe essere l'unico modo per sistemare qualcosa.

Milano è più vuota del solito stasera. Il silenzio, il vuoto mi stanno aiutando a riflettere.
Mi avvicino alla zona dei Navigli, e cammino un altro po. Ho bisogno di respirare, di stare un po da sola e anche  quando Franci mi manda l'ennesimo messaggio, preferisco non risponderle. Il ponte è semivuoto, c'é qualche coppia, in lontananza un chitarrista intona le note della Donna Cannone di De Gregori. Mi siedo sul muretto e guardo l'orizzonte. E penso che non ci riuscirò mai.
A dimenticare Stefano. Sarà nella mia vita sempre e forse è anche un bene che sia così. Io non posso e non voglio dimenticare quello che ho vissuto.
Non voglio dimenticare di aver subito a soli 19 anni un aborto spontaneo. Voglio ricordarmi del mio angelo e saperlo immaginare a modo mio, come sono certa che fosse. E se incontrare Stefano fosse un segno del destino? Merita anche lui di sapere?
Troppe domande e zero risposte. Accendo una sigaretta e il fumo mi passa davanti al viso, dando fastidio agli occhi e facendoli lacrimare. O forse sono semplicemente io che ho voglia di sfogarmi, e sono sola. Le mie amiche le apprezzo tanto, fanno quello che possono, soprattutto adesso che mi faccio aiutare, ma non capiscono. Non é colpa loro, semplicemente non hanno vissuto quello che ho vissuto io. Forse Franci ce l'ha fatta perché c'era lei quando è successo tutto. E anche quando le parlo e le confesso quello che sento, mi dice sempre che solo una persona potrebbe capirmi. Anche la dottoressa lo dice. Anche se non c'era quando è successo, l'empatia ci permetterebbe di sentire le stesse cose, di rivivere tutto daccapo, ma assieme. E questo mi aiuterebbe tantissimo. Piango per questo. In realtà piango per tutto un insieme di cose, per le mie incertezze, per le uniche cose di cui sono certa e penso che forse dovrei chiamare mio padre, o mamma, oppure tornare per un po a Roma.
La sigaretta è ormai consumata e io sto per andarmene, quando qualcuno mi rivolge la parola: "Scusi ha da accendere?"
Mi giro di scatto, la voce è ancora la sua. Il volto è cambiato, ma quella voce calda, che presa da tutt'altro non avevo ancora sentito, non è cambiata di mezzotono. I lampioni, il ponte lo illuminano bene stasera, e noto che spalanca gli occhi immediatamente, a tratti arretra, ma poi si riavvicina come se niente fosse. Sposto le gambe in modo da trovarmi esattamente di fronte a lui, ma resto seduta sul muretto, preferisco mantenere le distanze. In pochi minuti riesco solo a riflettere su quello che potrebbe succedere. Andrà via? Scapperò io? Mi parlerà, adesso che non c'è nessuno?
Sento solo il suo respiro e osservo la mano ferma con una sigaretta tra le dita, che credo proprio non si accenderà.
Stefano inaspettatamente non scappa. Credo di aver sentito un "ciao" uscire flebile dalla sua bocca, anche se non si è mosso. Ogni tanto ha spostato il peso sull'altra gamba, ma siamo rimasti alla stessa distanza.
"Ciao"dico anche io, come se stessi parlando con un conoscente.
Forse adesso non possiamo nemmeno considerarci tali.
Dalle sue labbra passo a guardare i suoi occhi, ma anche stavolta, in una situazione tanto "intima", non trovo risposte.
"Volevi ammazzarti seduta qua sopra? Dico, hai visto quanto è piccolo il muretto?"
Lo osservo. Davvero ha creduto volessi uccidermi?
Mi rivolge la parola dopo tre anni, e l'unica cosa che mi sa dire è questa?
Divento improvvisamente scontrosa nei suoi confronti, nonostante non ne comprenda il motivo e mi rimetto in piedi: "No che non volevo uccidermi e pure se fosse, non credo ti interessi." Stavolta lo fisso, mi piazzo davanti a lui e aspetto risponda a tono, senza alla fine ottenere niente.
Faccio per andarmene, ma mi ferma di nuovo: "non ti lascio da sola, è notte, Milano è enorme. Ti accompagno a casa."
Si impone, ma non sa dove abito. Eppure io non ribatto. So che posso fidarmi.



Lo so! Sono folle.
Emma non voleva suicidarsi, semplicemente è l'unica cosa che mi è passata per la testa, e  poi insomma il mio  Stefano è un pochino rimbambito😂
Mi scuso con le milanesi, per la descrizione, ma questo è il massimo limite della mia immaginazione.
Ok, basta sto delirando.
Preparatevi al prossimo capitolo, ma intanto fatemi sapere che pensate di questo.
Buonanotte❤️

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