Stefano"Non ci credo che non hai portato il telefono con te" dico rivolgendomi a lei.
"Credici."
"Metti che Francesca sta dormendo? Dovevamo avvisarla, non abbiamo due valige in mano ti ricordo."
"Ho le chiavi, non faremo tanto casino."
Ed eccola lì, che ritorna seria. Riflette, chissà che le passa per la testolina. O meglio, lo so bene, lo so che pensa al nostro dolore, come me, ma lei ha un aggravante. Lei ha vissuto tutto, lei se lo ricorda, io lo posso solo immaginare il suo dolore. È naturale che io cerchi di distrarla, di farla stare meglio. Anche adesso mentre siamo in taxi qui a Milano, dopo 8 ore di viaggio e sono le 11. Credo sia stata contenta di avermi qui con lei, so che stare qui può aiutare me e può aiutare lei. Lei che da due giorni si è lasciata andare, si è aperta a me, senza dire più di tanto. Non sorride, dice davvero poco. Io so che riflette tanto, so che sta facendo di tutto per stare meglio, ma non so se quello che fa basta. Provo a stuzzicarla ogni tanto, ma il tempo di farla aprire un po', si richiude a riccio, senza dar retta a nessuno.
"Sono venti" pago il tassista e scendiamo dall'auto.
Chissà se stare qui, farà stare meglio entrambi.
Emma si ferma, mi osserva nel buio, davanti al cancelletto che un mese fa ci ha visti scontrarci dopo davvero tanto tempo. Lo so che vorrebbe parlare, lo so che vorrebbe dire qualcosa, ma non ci riesce. Ed è così brutto doversi trattenere, dover nascondere la sofferenza, per non farla stare male più di quanto già lo sia.
Faccio un passo verso di lei. Le tendo la mano, ma non l'afferra.
"Andiamo dentro, per favore"sussurra e la seguo sovrastato dalle valigie. Vorrei dirle che va tutto bene, che andrà tutti bene, ma non so quanto le parole possano esserle di aiuto. Forse è il tempo, che guarirà tutto. Ma sono passati tre anni e lei sta ancora così...io devo ancora capire.
La bionda davanti a me gira la chiave nella serratura, e finalmente riesco a vedere casa sua. L'ingresso è ampio, luminoso.
Un pianoforte alla mia destra, un piccolo divano, diverse chitarre, mentre sulla sinistra c'è un ampia cucina. Qualche quadro, poche foto, ma colorata e piena di vita.
Non come la mia, questa sembra davvero un grido forte alla vita.
Sempre in un costante silenzio, Emma mi fa strada, alla fine di un piccolo corridoio. Davanti mi ritrovo Francesca, una ragazza che non conosco e una splendida bambina che gironzola per casa, nonostante l'ora tarda.
Questa si precipita verso Emma e le salta in braccio: "zia Memma!"
"Cucciola mia"lei le accarezza il volto e riesco finalmente a vederla tranquilla "ma che ci fai ancora sveglia tu?"
"Ti aspettavo!"
"Però adesso vai a letto mi raccomando, poi domani vieni qui e giochiamo."
La bambina sembra ascoltarla bene fino a quando non mi nota: "lui chi è?"le chiede, ma decido di intervenire io: "io sono Stefano"le sorrido porgendole la mano, e lei prima titubante, l'afferra.
"Piacere Sara." Abbassa subito lo sguardo e scende dalle braccia di Emma per correre poi verso quella che immagino sia la mamma.
La bionda decide di prendere parola e congedarsi: "Ragazze io salgo di sopra, che sono stanca, ci sentiamo domani."
Francesca la ferma: "ma Stefano?"
Tranquille fate come se non ci fossi.
"Resta qui" e giurerei di aver sentito un singhiozzo, mentre era di spalle.
Francesca si avvicina a me, ma io la anticipo: "so tutto Franci."
Lei mi sorride e aggiunge:"Lo avevo capito, dai vostri occhi."
La ragazza riccia si avvicina con Sara: "io sono Arianna. Ho sentito tanto parlare di te sai? E so che non ci deluderai" schiocca un bacio a Franci e va via con la sua bambina.
Mi guardo intorno, osservo casa sua. C'è qualche frase, c'è lei ovunque. Profuma di lei. Ci sono le peonie, i suoi fiori preferiti, candele, sembra tutto al posto giusto. Casa mia a confronto è una capanna. Continuo la mia osservazione fino a quando la voce di Francesca mi richiama all'attenzione:"In fondo al corridoio, prima porta a destra."
"Come?"
"Vai da lei Ste, ne ha bisogno."
Ed è come se sapesse, come se avesse parlato con Emma ore e ore. Ma in fondo chi meglio di lei, lo può sapere, come sta. Vorrei chiederle cosa fare, ma so che la risposta la troverò da solo.
Spero presto.
Non busso alla porta. Decido di entrare prepotentemente nel suo mondo senza fare troppo chiasso. La stanza è piccola. C'è il letto, un grande armadio a muro e una chitarra e per quanto sembri vuota, in realtà é piena di lei. Anche qui è tutto perfettamente in ordine e il suo profumo invade queste quattro mura.
Rivolgo lo sguardo verso il letto e c' è lei distesa. Istintivamente senza pensarci troppo, mi tolgo le scarpe e mi appoggio qui affianco a lei. Sono delicato, sta dormendo. Stavolta non mi tiro indietro e faccio quello che lei qualche giorno fa a New York, ha fatto con me. Mi avvicino e le prendo la mano sinistra. Gliela copro mentre con l'altra le le cingo la pancia. Quel posto dove per sei mesi ha vissuto il nostro piccolo angelo.
Mi faccio prendere dalla forte emozione e la stringo. Dopo poco sotto il mio tocco Emma si smuove, ma non apre gli occhi: sembra agitata, ma appena mette la mano sopra la mia, si rilassa di nuovo. E io aspetto. Aspetto qualche secondo, per dirle come mi sento.
"Io non sto bene. È da tre giorni che sto così. Cerco di non farti vedere nulla sai? Ti ho vista stare troppo male perché ti sentivi in colpa. Ma non ce l'ho con te. Io ce l'ho con me stesso.
Io sto male perché avrei voluto starti accanto quando davvero ne avevi bisogno, quando non riuscivi nemmeno a respirare perché ti avevano strappato via la nostra bambina. Io dovevo esserci. E invece non mi sono accorto di niente. Ho perso solo tempo, illudendomi che tu mi stessi solo prendendo in giro. Quello che deve sentirsi in colpa qui sono io, non tu, che chissà quanto dolore hai dovuto sopportare da sola per così tanto tempo. Proverò a recuperare, perché non so cosa siamo precisamente adesso, ma è la metterò tutta affinché tu possa stare meglio, come meriti."La osservo ancora un po'. È bella. È serena. Le lascio la mano, per accarezzarla e darle un bacio sulle labbra.
Lei è la mia vita. Lei ha cresciuto una parte di noi.
Io non me ne posso andare, non adesso.
Eccomi tornata! Lo so che è passato tanto tempo dall'ultimo capitolo, ma sono stata impegnata all'università ed è stato difficile scrivere. E poi per questa storia ci vorrà tempo. Tanto, per adesso (e spero siate contente). Intanto il nostro Stefano inizia ad aprire gli occhi, ma quella che sembra poco sveglia e poco decisa, è Emma. Quanto durerà il soggiorno di Stefano a Milano? Emma riuscirà a riprendersi, e per quanto resterà afflitta dai sensi di colpa? Io spero davvero poco, ma non ne sono così sicura.
Vi mando un bacio, aspetto i vostri commenti.
A presto❤️