Cinque

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Stefano, New York

E chi l'avrebbe mai detto che New York mi avrebbe insegnato anche come si cuce. Certo facile non è, ma se lo fai per qualcosa che ami, alla fine non solo sembra semplice, ma diventa anche un ottimo passatempo, più che altro un anti stress. E si, in questo periodo sono molto stressato, ma fortunatamente riesco ancora a concentrarmi.  Sono anche le sette di sera, e la Juilliard è così enorme e sonorizzata che non si sente praticamente nulla, ma io sono concentrato, almenochè  John, una delle poche persone con cui ho legato qua dentro (le altre le saluto e basta), non inizia fare le sue solite battute. Ma a volte è necessario ci sia anche lui, ho perso l'umorismo che mi caratterizzava fino a un po di tempo fa.
Prendo l'altra mezza punta e la ricucio. Sono davanti allo specchio e in sala io e altri nove ballerini, aspettiamo la lezione di classico.
Si, sto imparando anche quello. Voglio essere completo, e ho bisogno di studiare ciò che amo in tutto e per tutto. Sono diventato un secchione si, e se lo avesse detto allo Stefano di tre anni fa anche lui ci avrebbe riso sopra, ma alla fine faccio ciò che mi piace e se per farlo devo studiare, lo faccio.

Infilo anche l'altra, ed ecco fatto. Tempismo perfetto. Caty la nostra insegnante, arriva e in men che non si dica ci mette alla sbarra. Che bello ballare. È l'unico momento in cui non penso a nulla. Forse penso troppo, eppure non dovrei, dovrei essere totalmente libero.

Dopo circa due ore, la lezione termina e a parte i piedi distrutti, sto bene, sono felice. Sto per aprire la porta e uscire, seguito dagli altri e la prof ci ferma.
"Ragazzi!"ci richiama col suo accento perfettamente americano. Sembra un po Ginger Roger.
Sorrido quando vedo scambiarci tra di noi sguardi di sofferenza. La danza è bellissima per carità, ma sono anche le 21 e ho fame. Ci risediamo e aspettiamo che ci dica qualcosa.
"Preparate le valigie!"odio quando mi dicono questa frase, non mi riporta a bei ricordi.
Deglutisco e sussurro: "dove si va?"
"Alcuni di voi torneranno in patria in patria! Approfittiamo delle spring holidays di Marzo, per un bel viaggio in Italia! A Milano!"
Due settimane a Milano. Di sicuro mi prenderò un morbillo, o una varicella o qualsiasi malattia virale che mi tenga fermo qui per l'intero mese prossimo.
Sento il sangue congelarsi e inizio anche ad avvertire freddo. Tuttavia voglio aspettare e non fare scenate, facendo uscire il peggior lato di me.
"Voi 10 in tutta la Juilliard avrete l'opportunità di visitare la città , la Scala, ballerete a teatro, e avrete uno stage con la scuola di ballo della Scala!"
"Teatro?"chiede giustamente qualcuno.
"Si e abbiamo pochissimo tempo per preparare tutto, quindi da domani vi chiederò collaborazione e disciplina più del solito. A domani ragazzi."
Ci saluta, e agli starnazzi degli altri eccitatissimi, infilo il maglione e i jeans, sulle calzamaglie(anche in maniera abbastanza ridicola) e prendo il cappotto. Vado di corsa, voglio tornare a casa.




Sono alle prese con un semplice uovo, e del bacon e stamattina non ho affatto voglia di dormire. Di solito il sabato mattina preferisco stare a letto, con il mio mac e rimanerci fino a ora di pranzo. Oggi la mia routine si spezza. E quando si spezza la mia routine, non ci siamo. Tutti ci stanno bene nella routine, stanno comodi, sereni. Mangio e scatto in piedi quando sento bussare.
E puntuale come sempre è il postino.
È sabato, sono le 8 ed è il 12 febbraio.
"Ecco a lei" dice e automaticamente apro la piccola bustina, di cui già conosco il contenuto.
È ancora lei. Da due anni a questa parte fa tutto lei, comunica così con me. Non so il motivo. Ricordo che la prima lettera mi è arrivata a dicembre di due anni fa, e sinceramente rimasi alquanto sconvolto. All'inizio non ci capivo nulla, come avesse fatto non capivo. Le sue non erano parole di perdono, mi tratta come se fossi suo amico ancora. Mi racconta delle sue sensazioni, di come sta, cosa ha fatto durante la giornata e lo fa con la semplicità che la caratterizza da sempre. E io cretino cosa faccio? Anche questo mi tengo dentro, non rispondo. Non ho rivelato a nessuno delle lettere, e non le ho mai mandato una lettera.
Apro e dice: "Oggi ho incontrato di nuovo tutti. Sono felice, mancavi solo tu."
Non si firma neanche più. Rischia, lo fa tanto, da sempre.
Resto a guardare quell'insieme di parole e cerco- come ogni volta- di attivare il meccanismo che mi faccia capire come sia possibile che io riceva ogni dodici del mese, una sua lettera. Non sono lettere normali, sono due parole assieme a volte, come se mi usasse come sfogo. Ma per cosa?
E poi perché tornata a scrivermi all'improvviso dopo un anno e mezzo dal nostro addio?
E se ricomponessi tutte le lettere?
No, non voglio spiegazioni, mi arrendo subito, preferisco conservare anche questa, e continuare a vivere la mia vita. Ma anche nella mia vita c'entra lei. O c'entrava.
Non potevamo andare a Roma o in qualsiasi altra città italiana?
Inutile che mi chiediate il perché. Lo sapete anche voi. So che Emma è lì, abita in centro e potrei incontrarla da un momento a un altro. Ma non non ho il coraggio di incontrarla, ho paura. E forse questa è una delle poche cose che mi fanno paura al mondo. Non voglio non mi va. Non mi fa paura la sua presenza, non sono un imbecille, sbircio anche io sui social, e per quanto poco ci sia è effettivamente diventata bellissima. La paura sta nella mia reazione. Potrei urlarle contro qualsiasi cosa, chiederle il perché di tutto, delle lettere, sapere realmente perché è andata via per poi tornare o piangere come un bambino, perché non so che c'è dentro di me. Non so quanto e se sono ancora legato a lei: ecco perché cerco di tenere tutto dentro il più possibile, nascondendo anche le lettere. Non voglio rivederla, né parlarle, anche se avrei tante cose da chiederle, potrei solo esplodere.
Io non rischio.
Quindi no, non parto.



Lo so che sono le 8 del mattino, di sabato, ma mi scoccio, sto soffrendo come un cane, avevo il capitolo pronto e ho postato! Che poi questo é più uno sfogo. Le lettere arrivano a destinazione, ma Stefano non sembra apprezzarle. Perché non le risponde? Perché non lo dice a nessuno? Quanto é cretino da non partire? Che farà alla fine?

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora