Ventisette

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Stefano


Passano pochi secondi, e con tutta la forza che ha in corpo, si allontana. Si siede sul letto, mi volta le spalle: "Io non posso. È sbagliato. E lo sai meglio di me." La sua voce trema, é spaventata da qualcosa che non riesco a percepire. Mi alzo dal letto e decido di mettermi al suo fianco.

"Divertiamoci."

"Tu non capisci Stefano."

"É proprio perché non capisco che devi dirmi che è successo."

Abbassa lo sguardo, ma io le alzo il mento volgendolo verso di me.

"Io...non ci riesco."

"Allora facciamo così. Distraiamoci, non c'é nessuno qui, e questo servirà a metterti a tuo agio. Puoi fare quello che vuoi mh?"le sorrido, e non so nemmeno io cosa mi sia preso stasera "considerala una serata tra vecchi amici. Poi quando sarai pronta, mi dirai tutto."
Mi guarda con quegli occhioni che si ritrova, e se per un attimo sembra sfuggente, dopo poco si convince. Le prendo la mano e decido che per stasera, Emma deve tornare a essere la stessa Emma che ho conosciuto io, la mia migliore amica.





Accendo il vecchio giradischi di nonno, e inserisco uno dei vinili che ho comprato appena mi sono trasferito qui: Sinatra.
Lei guarda fuori dalla finestra e sorseggia il suo calice, che non molla da un po.
Indossa una sottoveste nera, che sottolinea ogni sua forma.
È bella. Non ha mai smesso di esserlo.
Sembra a suo agio fortunatamente, ma il suo silenzio mi fa percepire che non si è ancora del tutto tranquillizzata, anzi tutt'altro. 

Alla prima nota si volta verso di me e con quello sguardo così penetrante, io non posso far altro che sentirmi piccolo, in totale imbarazzo. Mi sento diverso. 

"Madame..posso offrirle un ballo solo?"

"No" risponde decisa "sai che non so farlo e poi non mi va."

"Nemmeno con Sinatra di sottofondo? Anche se non sa farlo, non vorrei perdere quest'occasione"si aggrappa a me, e mi sorride. 

Ed é proprio in questo piccolo momento che accade la magia. Dopo tre anni i nostri corpi, sono in perfetto contatto e in perfetta sintonia. Mi stringe la mano sinistra, mentre con l'altra le sfioro leggermente il fianco. I nostri profili si affiancano ed ammetto di non sentirmi così bene da un po'. Per un'intera canzone restiamo così. Vicini. Come se tutto quello che é successo fino a ieri sia rimasto alle nostre spalle. Emma sembra diventare di colpo più serena, i suoi nervi si distendono, e anche se i nostri sguardi, durante questo susseguirsi di note non si incrociano mai, mi chiede: "perché?"

"Cosa"sussurro.

"Perché tutto questa insistenza? Stai facendo di tutto, eppure non ne hai motivo. Anzi."

Stacco leggermente il mio volto dal suo, e la guardo. 

"Appena mi sono trasferito qui mi dissero: "New York ti cambierà." Pensavo mi migliorasse, pensavo fosse il momento giusto per iniziare qualcosa di nuovo, ma io mi sentivo sempre peggio, questa città mi faceva paura, era fin troppo grande per uno come me. New York mi ha gelato, mi ha reso ghiaccio puro, non sapevo mai quale fosse la cosa giusta, ero confuso. Solo. Con gli anni mi sono incattivito sai? E l'unica cosa che mi faceva stare davvero bene era la danza. Ballavo ed ero sereno. Tornavo a casa e ritornavo a vestire i panni dello stronzo. Panni che non erano e non sono miei. Lo so che sono diverso. Me ne rendo conto stesso io, questa città mi ha catturato ed é diventata la mia dipendenza. Non riesco a fare a meno di lei, ma appena torno a casa, divento qualcuno che non sono. Poi sei arrivata tu. Quando  hai messo piede in questa  casa, io non mi sono sentito più tanto solo. É stata la prima volta dopo davvero tanto tempo. Tutto quell'astio che provavo nei tuoi confronti é improvvisamente andato via, e so che tutto questo non ha senso, so che forse mi pentirò, ma possiamo provare a ricreare qualcosa che apparteneva solo é esclusivamente a noi?"

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora