Ventisei

420 22 2
                                    

Emma





"Mi sembra tutto così surreale e irrazionale...insomma che significa vado a New York?"prendo qualche altro vestito e lo ficco nella valigia, mentre la mia spalla tenta di reggere il telefono. Sbuffo, Mattia dall'altra parte fa troppe domande, e spero vivamente, che con la sua mente da cervellone, riesca a mettersi l'anima in pace.
"Non c'è niente da spiegare. Ho bisogno di tempo"mi stufo, e gli attacco il telefono.

Scostumata io?

Sti cazzi.

Questa è una pazzia, ma ho bisogno di stargli vicino per dirgli la verità e non posso precludermi questa possibilità. Non di nuovo. Tutti sembrano non capire. L'unica che mi ha convinta, a prendere nuovamente in mano la mia vita è stata Franci. Quando le ho raccontato di quello che è accaduto la scorsa sera, si è mostrata felice, mostrandomi il suo migliore sorriso. Non ho pianto, non ho dubitato più di tanto, forse so che questa è la cosa giusta. Sarà una lunga settimana, ma è un impegno che mi sono presa, voglio riconoscerlo. Voglio ritorni la persona che ho conosciuto, quella di cui mi sono innamorata, perchè so che non è scomparsa, è semplicemente nascosta dietro veli e veli di indifferenza. E avevamo solo bisogno di restare soli per capirlo. Devo semplicemente dirgli la verità.
Sistemo tutto, prendo la mia valigia e vado in cucina dalle ragazze. Franci, Arianna, Elena ed Elisa, mi aspettano con la faccia di chi vorrebbe sapere qualcosa in più, rispetto al solo racconto, ma io mi sono stancata di spiegare. Ho bisogno di ascoltare me stessa. Prendo il cellulare e lo spengo, lasciandolo a Franci che mi guarda interrogativa.
"Non ne ho bisogno."
"Ma come , e con il tour, la casa discografica?"
"Franci sei la mia manager?"Annuisce sbalordita.
"Te ne occuperai tu."
"E se vogliamo avere tue notizie?"interviene Elisa.
"Chiamerete Stefano. Adesso vado."
Saluto tutte, quando sento il clacson, ma prima mi rivolgo ad Arianna:"Parla con tuo cugino. Digli tutto Ari. Capirà, merita di meglio, una persona che sia simile e lo ami, non una che lo rimpiazzi."
Chiudo la porta e davanti, mi ritrovo Stefano, alla guida di una macchina.
Mi abbasso verso il finestrino:"ma non eri tu quello senza macchina?"
"Metti la valigia dietro e entra."
Sbuffo. Non credo di riuscirlo a sopportarlo per sette giorni.
"Cerca di parlare poco. Mi sono svegliato con un forte mal di testa e non credo che tu e la tua vocina riusciate a placarlo."
"Molto simpatico, davvero"incrocio le braccia al petto. Ha solo intenzione di innervosirti Emma, è solo una settimana. Per buoni dieci minuti, dopo aver constatato che la sua guida é peggiorata, decido di intervenire: "ti sei svegliato storto oggi?"
"Ho mal di testa e basta."

Ha seriamente intenzione di continuare così? Inizio a martellare le unghie sullo sportello, e mi richiama. Sembra lo faccia apposta. Io non posso continuare così.







Dopo circa otto ore di un volo, interminabile, durante il quale, dopo qualche istante di paura (che il mio compagno non ha notato), sono crollata, arriviamo in un piccolo palazzo nella periferia di Manhattan. Non ho avuto tempo di notare anche solo la bellezza di questo posto, che abbiamo preso il primo taxi, diretti a casa sua. È un luogo cupo. Lui non spiccica parola, e fa freddo, mi manca casa e basta.
"Seguimi".

Casa sua è fredda. E non mi riferisco solo alla temperatura. É bianca, ogni parete, la cucina, il divano, e giuro che se non fosse per qualche elemento d'arredo, la confonderei con un ospedale. Mi guardo intorno, cercando di trovare la sua anima qui dentro, ma non c'é niente che gli somigli, nemmeno lontanamente.
"Puoi sederti qui. Vuoi un the o un bicchiere di vino?" indica una sedia della penisola e vorrei dirgli che dopo una giornata pesante come quella di oggi, avrei bisogno di una bottiglia di rosso intera, ma lo fermo.
"Ho bisogno di riposarmi, puoi indicarmi la stanza?"mi guarda allibito.
"Ma non hai mangiato niente, sicura?"
"Mi prendi in giro? Stefano, stamattina hai detto che eri nervoso, non volevi sentirmi, non mi hai parlato per tutto il viaggio in aereo, sei stato distante e scontroso, nonostante mi abbia chiesto tu di venire qui, e adesso, mi chiedi se ho bisogno di qualcosa, preoccupandoti per me? Sei serio? Non voglio niente, voglio solo dormire e dimenticare questa giornata."

Si gratta la nuca, sembra diverso.

Non dice nulla.

Ma non mi va nulla.

Non voglio chiedergli nulla. "Allora, dove posso dormire?"
"La prima porta a destra. Ti accompagno." Si avvicina con il mio trolley, ma lo fermo.
"Mi faccio strada da sola"dico, strappandogli la borsa dalle mano. Faccio finta di niente. Il problema é che questa non sono io. E anche stavolta é solo colpa sua. Perché mi ha voluto qui, se poi mi ha trattata come uno straccio per tutto il viaggio?
Apro la porta, e immediatamente la richiudo alle mie spalle. Se qualche minuto fa pensavo che l'ingresso fosse il luogo più triste e cupo del mondo...mi sbagliavo.

Quella che credo sia la sua stanza, mi mette ribrezzo, e mi fa pensare solo una cosa: Stefano non è stato bene. Non si é rifatto una vita. Anzi posso benissimo rendermi conto del fatto che nonostante la danza, il grigio ha avvolto la sua vita, in questi tre anni, così come il nero.
Come può essere felice un uomo, la cui casa, é bianca, nera e grigia? Non c'é un quadro, una foto, solo appesa alla parete del letto, una bacheca, contiene una foto in cui sei ragazzi, sembrano felici, senza pensieri. Ma preferisco non avvicinarmi; farebbe troppo male, vedere anche solo come mi stringeva, come mi amava.
A parte quella foto però, a parte quella piccola essenza di sé, questa stanza manca di personalità. E non voglio credere che la causa di tutto questo sia io.

Non è possibile.

Decido di buttarmi sul letto, e lasciare che la notte porti consiglio. Ho una settimana a disposizione, e devo trovare un modo per dirgli la verità. Devo essere cauta, far crollare il muro, senza che resti sepolto dalle macerie, senza che gli succeda quello che é successo a me.

Poi partirò.

E lui dovrà continuare a farsi una vita, dimenticandosi di me, della donna che ha generato e fatto morire sua figlia.

Perché é colpa mia.

Prima che riesca finalmente a chiudere le palpebre, due colpi alla porta mi fanno sobbalzare. Non riesco a rispondere che davanti a me, fin troppo vicino in questo buco di stanza, c' é lui con un due calici di vino, è una bottiglia di rosso tra le mani, e probabilmente un' altra delle sue tremila personalità.
"Non ti hanno insegnato ad aspettare prima di aprire una porta?"
Mi sorride. Come immaginavo non è solo. L'ennesima personalità è con lui, e non credo sarà facile liquidarla stavolta.
"Nuda non sei. Assonnata nemmeno, facevi troppo rumore. Non penso avessi altro da fare."
Decido di non continuare a battibeccare, e mi appoggio sulla spalliera del letto, al lato opposto rispetto al suo. Meglio stargli lontana.
L'altra sera stavo per toccare il fondo e si sa che poi non é facile risalire a galla.
Mi offre del vino e ne approfitto, per alleggerire la testa da pensieri ingombranti, che in questo momento potrebbero solo ostacolare il mio sonno.
Ne beviamo un paio di bicchieri e mi sorprende, quando sento: "Scusa. Ero agitato prima. Anzi sono stato nervoso per tutto il viaggio Emma. È che dall'altra sera in albergo, io non ci riesco proprio."
"A fare?"
"Non riesco a starti accanto e a pensare che tu non sia mia. Pensavo fosse passato, pensavo ti odiassi a tal punto da averti dimenticata. Ma non riesco a non vedere questi occhi senza pensare che erano solo miei, a vedere le tue labbra, senza pensare alla voglia di assaggiarle di nuovo..."
Non riesco più a parlare. La gola brucia, i sensi di colpa ritornano più forti di prima, e gli occhi pizzicano. Non può far crollare il muro. Devo farlo prima io. Potrei rimanere sotto le macerie, per la seconda volta e non potrei uscirne viva.

Mi volto verso di lui, pronta a dare il peggio di me, ma mi ferma, bloccandomi i polsi.

E mi bacia.

Le mie labbra sono serrate, le sue socchiuse, e non riesco a muovermi. Mi manca l'aria, ma io non posso far nulla adesso. 

Il muro è crollato, Io ormai sono schiacciata.

Le mie labbra pian piano si schiudono e approfondisco il bacio. 

Probabilmente sarà lui a salvarmi.



Ed eccone un altro, forse anche troppo presto😂

Lo so, sto scrivendo davvero tanto, per svariati motivi (anche perché l'università deve ancora iniziare). Beh? Che dite di Emma? Ci siamo liberate di Mattia, ma ha fatto bene a partire? E di questo Stefano bipolare?

E del bacio?🙈

Lo so lo aspettavate da una vita.

Che succederà?

A prestooooo

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora