Stefano
Io non mi sono mai sentito così. Sono devastato. Non riesco a realizzare. È ormai sera e io sono immobile sul divano, a guardare un punto fisso da chissà quanto tempo. Vorrei per un attimo distogliere il pensiero da quello che mi ha detto, dalle sue parole piene di dolore. Ma non ci riesco.
Avevano ragione tutti. Emma ha sofferto, non sono l'unico ad essere stato male e io ho colto così tanto dolore, ho sentito la sua voce tremare e avrei voluto davvero dire qualcosa. Avrei voluto urlarle addosso, dirle che non mi meritavo tutto questo, mi ha mentito senza pensare minimamente al mio di dolore.
Ma non é colpa sua. Non é solo colpa sua. Lei stava per venire da me: stava per prendere un volo da sola, al sesto mese di gravidanza, pur di farmi conoscere nostra figlia.
Emma ha sofferto: non lo voglio nemmeno immaginare come si sia sentita. Per quanto tutto quello che ha fatto sia sbagliato, io la compatisco.
Ma compatire non nel senso di avere pena. Emma non mi farebbe mai pena, anzi in questo momento ha tutta la mia stima. È forte. Riesco solo a compatirla. Si tratta di "cumpatere". Patire con. Ho sentito il suo dolore. L'ho preso e l'ho capito. Non riesco a capire perché me l'abbia tenuto nascosto, perché le sarei potuto stare vicino. L'avrei aiutata davvero anche se le cose fossero andate nello stesso modo. Però la conosco. So che non l'ha fatto con cattiveria. A modo suo, voleva far andare avanti me, voleva lasciare spazio a me. Sapeva che una figlia mi avrebbe stravolto e probabilmente aveva anche paura della mia reazione. Anche se non avrei mai rifiutato quella bambina. È uno dei doni più belli che avrebbe potuto farmi.
E adesso non c'é più.
Non so che si fa in queste situazioni. Non so che fanno i papà. Non so cosa le è successo davvero, l'inferno che ha passato, sento solo che non ce la faccio ad abbandonarla. Ero dell'idea che una volta detto tutto, l'avrei cacciata via, non l'avrei più voluta sentire. Ma non é giusto che le cose vadano così: stamattina ha pianto talmente tanto che nemmeno se volessi ci riuscirei. Sarà quel filo rosso che ci lega, sarà la notte passata assieme, saranno le lettere che mi ha inviato, sarà la voglia di sapere altro, ma io voglio solo salvarla. Salvarla perché pensavo stesse bene, perché mi sono sempre sentito la vittima. Devo mettere da parte l'orgoglio e fare tutto quello che io tre anni non ho fatto.
Ma come faccio se non ho idea di dove sia?
Mi sono isolato. Ho stretto l'ecografia tra le mani, e ho guardato quella nocciolina, piccolissima, immensamente piccola, ma così grande da prenderti il cuore.
Guardo l'ora e decido che devo andare a cercarla. È sola in una città tanto grande, che non conosce minimamente e non voglio nemmeno sapere come stia. Mi decido a chiamarla, e dopo poco risponde...Francesca(?)
"Pronto Ste?"
"Franci"dico fingendo entusiasmo "come mai hai il telefono di Emma?"
"Ma come! Non te l'ha detto che l'ha lasciato qui in Italia?"
Bene, Emma si è rincoglionita.
"Ma non è lì con te?"
Cerco di sembrare tranquillo, senza metterle ansia: "è scesa un secondo, tranquilla é tutto ok" e attacco.
E adesso? Come faccio a trovarti?
Non può essere andata tanto lontano, non lo farebbe. Scendo dalla piccola palazzina e inizio a chiedere ai piccoli locali del quartiere. Ho sempre creduto di vivere in un quartiere tutto sommato abbastanza tranquillo, ma a quanto pare mi sbagliavo.