Ventiquattro

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Emma





L'ho portato qui. La terrazza di questo hotel, mi ha fatto innamorare di questa città, prima ancora che accadesse tutto. Non si sente niente da qui su, ti senti solo, ma in ogni caso, abbracciato, da una marea di palazzi. E poi ci sono le stelle. Le costellazioni a cui vorresti dare un nome, ma tanto non importa, perché davanti a questo spettacolo basta solo il silenzio. Quando sono venuta a cantare qui, una delle mie prime volte, Francesca mi ha consigliato espressamente di salire sulla terrazza, prima di cantare, giusto per rilassarmi un po'. E forse stasera l'ho portato qui proprio per questo. Per rilassarci. Per provare a parlargli senza urlare, come due persone civili. Non voglio correre, sto aspettando dica qualcosa, sembra terrorizzato, sembriamo terrorizzati.

Io lo aspetto.

E nell'attesa, recupero dalla borsa il pacchetto di sigarette, e ne estraggo una.
"Perché?" Sussulto leggermente e le mie labbra si allargano in un lieve sorriso, nel sentire che le prime parole sono arrivate prima del previsto. Non abbiamo il coraggio di guardarci negli occhi, siamo già fin troppo vicini seduti su questi scalini, preferiamo guardare l'orizzonte. La mia risposta non tarda ad arrivare: "ho iniziato a fumare un anno fa, ero troppo nervo..." e non mi fa finire la frase, che parla di nuovo: "perché quelle lettere?"

La sua domanda, stavolta più chiara, mi fa stringere il petto.

"Ste..."cerco di essere tranquilla, di provare a dirgli tutto senza troppi giri di parole, ma le parole mi muoiono in bocca. Stefano sembra invece arrabbiato, quasi deluso: "hai detto di amarmi ancora, hai detto che ti mancavo...e quando mi hai rivisto, mi hai urlato contro dicendo di allontanarmi dalla tua vita. Ti rendi conto?"

"Io non volevo farti male." Ed é come se all'improvviso mi rendessi conto che non sono l'unica ad aver sofferto, forse sono io ad averlo fatto soffrire, e questa è una delle cose che mi fa più male. Solo adesso, senza nessun amico, mi rendo conto che la felicità, quella che aveva sul palco alla Scala, la serenità, era una maschera. Lo sento sospirare, ma non mi attacca. É sempre stato più bravo di me ad avere il controllo delle situazioni. Sono passati tanti anni, eppure il suo carattere, la sua capacità di avere il controllo di tutto quello che fa, non l'ha persa. Provo a imitarlo stavolta, provo a riflettere senza mai giustificarmi, cercando parole giuste.

"Tutto quello che ho scritto, tutte quelle lettere non sono parole buttate al vento. Era l'unico modo Stefano. Sono venuta a conoscenza del tuo indirizzo grazie a Marcello, e ho provato a riallacciare un rapporto, nonostante tu continuassi a non rispondere, io ci ho provato."

Sbraita: "Riallacciare un rapporto? Ma ti senti? Tu che mi avevi promesso niente ci avrebbe separato anche a chilometri di distanza, non hai fatto nulla! Dovevi venire a New York, sapevi che ero arrabbiato, ma sapevi anche che non ti avrei mai sbattuto la porta in faccia, mai."

Stavo per venirci a New York, vorrei dirgli. Ma non sono pronta. So che dovrei dirgli tutto. Ma ho bisogno di spiegare le mie ragioni, prima di esplodere, devo calmarlo, prima di rischiare di star male di nuovo. Non posso farlo. Stefano sembra un iceberg, è freddo, nervoso, e ho bisogno di potermi fidare di lui per parlare di Chiara. Con la coda dell'occhio noto che inizia ad alzare le maniche della camicia e non posso far a meno di notare il suo polso avvolto nel mio filo rosso. Ripenso alla mia ingenuità, a una me da poco maggiorenne, piena di speranze, coraggiosa e ne ho tanta nostalgia. In effetti però, la Emma di tre anni fa ha fatto la cosa giusta, restando lungimirante. Quel filo rosso, che lega entrambi, adesso è più forte. Su quel filo c'è il nome di nostra figlia, il nome di una bambina mai nata, eppure tanto speciale.
"Lo hai ancora"dico guardando con fermezza il suo braccio destro. Sorpresa, allungo leggermente la mano verso di lui, ma lui si scosta, gelido più di prima: "non l'ho mai tolto, se lo vuoi sapere. Ci ho sperato fino all'ultimo."
Ha un tono diverso, sembra quasi dispiaciuto. E capisco benissimo, perché adesso stia cosi. Forse gli ho fatto più male di quanto io potessi pensare. È rimasto solo dall'altra parte del mondo.
Vorrei dirgli che mi dispiace, vorrei dirgli la verità, ma ci pensa lui.
"Non lo sai quanto ci sia stato male quell'anno...ad un certo punto nemmeno la danza mi aiutava. Mi avevi abbandonato, lasciato sul letto di quella stanza da solo con una lettera e un filo tra le mani. Stringerlo era l'unica cosa che poteva farmi stare bene."
Non lo sai quanto ci sia stato male quell'anno.
Non sai quante volte, stringo la mia pancia, pensando a lei, e a noi.
Ed ecco che il pensiero tornava a una me col pancione, pronta a partire per renderlo felice, dicendo che avevo sbagliato, avremmo trovato una soluzione per la nostra arte, noi dovevamo crescere la nostra bimba, dovevamo farlo assieme.
Penso a quello che saremmo potuti essere.
I miei pensieri creano solo una grande confusione, sento un groppo alla gola, e le mie lacrime non ce la fanno più. Con la coda dell'occhio noto Stefano più distratto di prima, a volte alza lo sguardo verso le stelle, altre preferisce guardare Milano che diventa sempre più buia, ad ogni battito di ciglia. Si passa una mano tra i capelli, e anche lui estrae una sigaretta, dal suo pacchetto di Merit. Cerco di trattenermi, di ingoiare i singhiozzi, ma un gemito mi sfugge, e lui si volta immediatamente verso di me, annebbiato di fumo, ma curioso, sembra volermi scoprire, proprio come in discoteca tre settimane fa.
Stavolta, sembra più concentrato, forse ci riesce ancora.
"Non piangere" sussurra, non più arrabbiato. La sua freddezza, quasi glaciale, all'inizio mi ha spaventata. Adesso sembra attento ai miei occhi, sembra volermi scoprire di nuovo. Ma lui non lo sa. Non sa che ormai ci sono abituata a stare tra le lacrime. Ho pianto così tanto in tutto questo tempo, che quasi non lo noto più. Il problema adesso è che guardandolo negli occhi, io riesco solo a vedere il papà di Chiara, e non posso, non devo farlo scappare di nuovo.
"Io non volevo prenderti in giro...le pensavo davvero quelle cose.."la potenza dei suoi occhi, riesce a farmi calmare.
"Io non volevo dire quello che ho detto a casa di Ele. Ero solo tanto arrabbiato, mi spiace."
Abbassa lo sguardo, accusiamo il colpo entrambi. Sento il viso ancora più bagnato e decido di mettere un punto a questa situazione.
"Prometti..."sussurro.
"Cosa?"dice ancora col capo chino.
"Promettimi che proveremo a conoscerci di nuovo."
All'improvviso, crolla tutto. Ci studiamo per bene. Io riesco a vedere in lui qualcosa, che fino a qualche giorno fa non riuscivo nemmeno a percepire. Sembra dolore mischiato a una rabbia nei confronti di se stesso.
Io mi ci rifletto dentro quegli occhi.






Questo capitolo, é uno dei più importanti.

Emma non ha ancora detto nulla su quello che ha passato, ma finalmente i due hanno parlato civilmente. Emma dirà tutto a Stefano? É questo il momento giusto? È stato giusto il comportamento di Stefano?

Che succederà?

A presto❤️

Come neveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora