34. Benvenuti nel mio giardino delle meraviglie

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And the girl that chase the rabbit
Drank the wine and took the pill
Has locked herself in limbo to see
How it truly feels.

[Her name is Alice
- Shinedown]



L'isola si trovava in un qualche luogo imprecisato dell'Oceano Pacifico. Là dove i tifoni e le burrasche marine erano solite spazzare le chiare spiagge e far danzare freneticamente le palme e l'intera vegetazione. Erano mesi ormai, tuttavia, che non si vedeva una tempesta o anche solo una goccia di pioggia.
Dalla spiaggia si protendeva verso quella distesa blu un piccolo porticciolo in legno. Caratteristico, avreste potuto definirlo. Rivestito di una vernice apposita, idrofoba e lucente, ogni volta che le gocce salmastre lo colpivano, creava uno spettacolo di riflessi da togliere il fiato.
Come se continuasse nell'entroterra, una strada di grossi ciottoli, levigati da anni di azione modellante delle dolci onde, si snodava prima nella sabbia e successivamente nel sottobosco. Portava ad una villa talmente grande che occupava quasi un terzo di quella piccola isoletta. Circondata da un giardino ben curato e delimitata da una staccionata in legno tipicamente americana, la villa si preparava ad accogliere gli ospiti.
Camerieri, valletti e paggi si muovevano freneticamente molto simili a delle formiche operaie. Seguivano le direttive della loro "regina". O "re", in questo caso. Ogni cosa doveva essere al suo posto. Ogni camera perfettamente preparata. Ogni tavolo adeguatamente apparecchiato. Ogni granello di polvere meticolosamente spazzato via.
Gli ospiti erano personaggi importanti e famosi. Chi ancora nel mondo dello spettacolo e chi no. Tutti ugualmente acclamati ancora dal pubblico. Tra di loro si nascondeva il traditore. Tra di loro si trovava la persona che aveva approfittato del buon cuore del padrone di casa per pugnalarlo alle spalle.
Dopo accurate ricerche, un sospetto sull'identità di questo "Giuda" si era lentamente tramutato in solida certezza. Ma chi assicurava non ce ne fossero altri? E se ci fosse stato un complice? E se quella piccola ape industriosa in realtà si fosse rivelata nulla più di quello che appariva, e la vera identità del colpevole fosse rimasta oscura?
Per scoprire la verità, il "re" di quell'isola aveva richiamato così tante persone. Tutte ugualmente inerenti ai fatti in questione.
《Signore, i preparativi sono tutti pronti》. Un uomo con un corto taglio militare e capelli argentati come puro metallo liquido si stagliava controluce all'entrata dell'enorme ufficio. Una stanza dall'aria moderna, sebbene il mobilio fosse rigorosamente in legno intagliato. Le vetrate che sostituivano un'intera parete davano direttamente sul giardino sottostante.
《Anche le varie postazioni?》 rispose una voce maschile cupa.
《Si》.
《Allora vediamo di accogliere la nostra Alice, e con lei tutte le carte di Cuori》 sorrise l'uomo di spalle, sfregandosi le mani. Rimase solo non appena l'altro, dopo aver abbassato il capo umilmente, si fu congedato.
Strinse la foto che aveva tenuto in tasca fino a quel momento, sollevandola per poter incidersi nella mente ogni particolare del viso raffigurato.
Nella storia originale di Caroll, Alice riuciva a sfuggire alla Regina di Cuori e ad evitare di perdere la testa.
Ma quel Giardino delle Meraviglie non era governato da una regina. Lì, lui era il Re. E la sua "Alice" non sarebbe riuscita a scappare.
《E ora vediamo se sei veramente tu, la mia Alice》.

     --- o ---

《Quanto manca per arrivare?》.
Maka sbuffò, ormai stanca di sentire quella  domanda ripetuta per la milionesima volta. Le sembrava di stare viaggiando con un bambino.
《Come ti ho già detto, non lo so》. Cercò di mantenere un tono di voce pacato e tranquillo, sebbene una vena stesse pulsandole violentamente al lato del collo.
《Ma io non ne posso più di questo ondeggiare!》.
Come richiamata da quella lamentela, la nave spezzò un'onda un po' più gagliarda delle altre, facendo dondolare tutto.
Maka si sentì cadere e finì sulla piccola cuccetta che le faceva da letto. A pochi centimetri da lei, Soul si reggeva su una mensola così da non caderle addosso. Con un mezzo sorriso si corresse: 《Forse non è poi così male》.
Maka lo spinse via. Irritata andò a cercare la maschera bianca che soleva indossare quando era nei panni di Angel. Avrebbe dovuto usarla parecchio nei giorni a venire.
《Ma dove ci stanno portando? Io non ce la faccio più a stare su questa nave!》.
《Adesso ne ho abbastanza!》 scoppiò la biondina, marciando verso di lui. Gli piantò un dito sul petto, scrutandolo con occhi irosi. 《Se devi lamentarti per tutto il tempo, meglio che sparisci immediatamente dalla mia vista》.
Soul alzò le mani verso il cielo. 《Quanto siamo irascibili》 cantilenò, prendendola in giro.
《Lo saresti anche tu se ti avessi fracassato le palle per le ultime cinque ore!》 rimbeccò lei. 《E, a proposito, perchè non te ne vai nella tua cabina?》.
《Non ho alcuna intenzione di staccarmi da te, almeno fino a quando non saremo tornati a Death City》.
Maka sbuffò nuovamente. Da quando erano partiti era rimasto sempre al suo fianco. Non  era certa di poter sopportare la sua presenza ancora a lungo.
《Finirò per odiarti sul serio se continui così》 l'avvisò lei, tornando a maneggiare il borsone che si era portata appresso. Dentro c'era lo stretto necessario: l'occorrente per la pulizia personale e qualche vestito.
《O per innamorarti》precisò lui.
Maka si irrigidì. 《Impossibile》 protestò, nascondendo le guance arrossate e cercando di ignorare il batticuore.
Ancora non si fidava degli uomini.
Una voce crepitante risuonò nel silenzio che si era creato dopo quella risposta. Era il capitano della nave, che annunciava loro che a breve sarebbero giunti a destinazione. Informava anche che da quel punto in poi tutti gli apparecchi tecnologici avrebbero subito gravi interferenze, isolandoli quasi conpletamente dal resto del mondo. Dove erano diretti, tuttavia, avrebbero potuto trovare tutto ciò di cui avevano bisogno.
《Ma dove siamo finiti? Nel triangolo delle Bermuda?》. Soul guardò fuori dall'oblò, aspettandosi di vedere un mostro marino comparire dagli abissi per papparsi la nave.
《Idiota!》.
《Ripetimelo quando verremo colpiti da una tempesta improvvisa》.
Maka alzò gli occhi al cielo e controllò un'ultima volta la posizione segnata sul GPS. Stava cercando di tener traccia della rotta per capire dove fossero diretti, ma sarebbe stato più complicato di quanto si aspettava.
Un soffio di vento improvviso, accompagnato da gelide goccioline, fece rabbrividire la ragazza. 《Ma che...?》.
Soul aveva aperto l'oblò per un secondo. Si voltò con un sorriso colpevole. 《Fa parecchio freddo fuori》 la informò.
L'albino si strinse nei vestiti che aveva indosso. Si era disfatto della maglia che era tutta sudata. E lui non sopportava andare in giro con i vestiti "profumati". Ma a differenza di Maka, lui non aveva null'altro da mettere.
La bionda lo osservò tremare. Sospirò e gli lanciò una palla di stoffa blu. Lui la afferrò e alzò un sopracciglio confuso.
《Mettitela》 disse solamente la ragazza, concentrandosi su qualunque cosa che non fosse Soul.
L'albino dispiegò il tessuto. Era una delle sue felpe.
《E questa che ci fa qui?》 chiese.
《L'avevi lasciata a casa mia. Come gran parte della tua roba, d'altronde》 commentò Maka.
《Ok. Ma come mai si trova qui?》.
La ragazza arrossì. 《Era la più pesante che ho trovato》.
Qualcosa suggerì all'albino che quella era una scusa.
《Angel, vieni a mangiare?》. Dei pesanti colpi alla porta della cabina li fecero zittire entrambi.
《Chi è?》 sussurrò Soul.
《Sembrerebbe Jake. E perchè stai parlando a bassa voce?》.
Maka indossò la maschera bianca che aveva lasciato sopra al borsone e andò ad aprire. Di fronte a lei c'era un uomo dal fisico asciutto e con gli occhiali da sole. Un ornamento del tutto inutile dal momento che erano all'interno e che non c'era nemmeno il sole. Doveva essere il suo lato vip che gli imponeva di indossarli in qualunque situazione.
《Cosa sei venuto a fare?》. Maka lo accolse freddamente. Jake abbassò gli occhiali, mostrando i suoi occhi marrone chiaro.
《Fredda come al solito. Indossi ancora quella maschera》.
《Ripeto: cosa sei venuto a fare?》. Maka non aveva mai sopportato quel tipo. Gironzolava sempre attorno a Betson come un cagnolino. Era uno dei tipici lecchini. E lei odiava le persone che si comportavano in quel modo.
Jake si ricompose, mettendo da parte la sua indole da modello.
《Volevo chiederti se volevi farmi compagnia per la cena》.
《Mi dispiace, ma ho già qualcuno con cui mangiare》 rispose lei, indicando Soul alle sue spalle.
Jake fissò l'albino. 《Che ci fa qui la tua guardia del corpo? Avevo capito che non potevamo farci accompagnare》.
《E allora?》.
Maka gli chiuse la porta in faccia. L'uomo rimase a fissare il freddo metallo.
《Viziata e capricciosa come sempre. E io che speravo l'età le avesse messo un po' di sale in quella zucca vuota》. Jake si tolse gli occhiali, incamminandosi verso la sala ristorante della nave.
Nel frattempo, all'interno della cabina, Maka si era tolta la maschera, riappoggiandola dov'era prima. Odiava dover vestire nuovamente i panni di Angel. Soprattutto perchè doveva, ancora una volta, avere a che fare con gente che non riusciva proprio a reggere.
《Non credi di aver esagerato?》 la rimproverò Soul. Maka ricordò il loro primo incontro, quando era giunto in difesa di quel ragazzo occhialuto, convincendola a girare lo spot per Betson. Già allora aveva la capacità di spiazzarla.
《Angel si comporta sempre così. E poi quel tipo è davvero odioso》.
《Secondo te sono tutti odiosi. Tratti tutti allo stesso modo》.
《Non è vero. Solo gli uomini》 si difese la bionda. Non le sembrava di rispondere male anche a Tsubaki, Liz o Patty.
《Ora capisco perchè sei sempre così pungente con me》.
Soul le scompigliò i capelli che la ragazza aveva accuratamente pettinato. Gli piaceva vederla in disordine. Era una Maka... diversa. Una Maka che non l'avrebbe mai stancato.
《Allora, andiamo a mangiare?》 chiese l'albino. Aveva bisogno di distrarsi, prima che la sua mente iniziasse ad avere pensieri non proprio puri.



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