CAPITOLO 40 - Mentire ad una Elfa arrabbiata forse non è una buona idea

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Si svegliarono di primo mattino, quando il sole era appena sorto

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Si svegliarono di primo mattino, quando il sole era appena sorto. La rugiada sedeva sull'erba mentre i primi uccellini iniziarono a cinguettare.

I ragazzi furono i primi a uscire dalle tende: Niko tirò dietro di sé Axel, ma quest'ultimo, non avendo indossato gli occhiali, sbatté la testa sulla tenda. Non solo il ragazzo cadde a terra, ma tirò giù con sé l'intera costruzione, facendola crollare su Jan, che intanto dormiva beatamente. Questo si mise a urlare spaventato, pensando che qualcuno lo stesse avvolgendo in un sacco per rapirlo.
Inutile dire che Katja e Jasmina si riversarono fuori dalla loro tenda per vedere cosa stesse succedendo.
"Fate baccano già di primo mattino?" brontolò Katja ancora mezza assonnata. I capelli, avvolti in uno chignon, assomigliavano ad un nido di corvi e aveva la maglia stropicciata.

Jan uscì dal groviglio di corde, tessuto e picchetti maledicendo un po' tutti. Aveva la frangia sparata all'insù.
Niko rise. "Sembri un pennello."
Jan gli rispose con una smorfia.

"Buongiorno." mormorò Jarelyne, uscendo. Aveva la gonna stropicciata e i capelli tutti aggrovigliati, ma quello che risaltava di più furono le sue occhiaie, profonde come due crateri.
"Oh mio... Principessa, sembra come se qualcuno ti avesse schiafeggiata." esclamò Axel.
"Non è elegante che un uomo guardi una donna di prima mattina, quando non si è ancora rimessa in sesto." balbettò la ragazza cercando di spostarsi una ciocca dalla fronte. "Le condizioni in cui dormivo non erano favorevoli per la mia schiena. Non avevo chiuso occhio e avevo nostalgia di un vero letto. Non è proprio questo che avevo in mente quando ho detto di volere un po' più di movimento nella vita. Come fate voi a dormire in queste condizioni?"
"Ci si abitua, cara, ci si abitua." Jasmina le diede una leggera pacca sulla spalla e consigliò di smontare le tende e di tornare a casa.

" Jasmina le diede una leggera pacca sulla spalla e consigliò di smontare le tende e di tornare a casa

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Tornarono a casa intorno alle quattro del pomeriggio. Quando intravidero la loro casa, Jan si catapultò alla prima presa di corrente che c'era e mise il carica il telefono. "Uff, per poco non mi è morto il cellulare." Fece finta di asciugarsi la fronte dal sudore e sorrise soddisfatto.
"Quel Aifon è un animale domestico?" chiese Jarelyne.
Katja si mise a ridere. "No, che assurdità. È solo una cosa materiale."
"Ma Jan ha appena detto che è quasi morto..."
"È un modo di dire." spiegò Niko.
Jarelyne sbuffò. "Ho notato che da dove venite voi ci sono molti 'modi di dire'."

Posarono gli zaini, mentre Niko andò a prendere due secchi d'acqua nel ruscello ed approfittò per dissetarsi. Si sciacquò il viso e tornò alla capanna. Ad Axel si era leggermente riaperta la ferita sulla testa e le ragazze lo stavano medicando nel miglior modo possibile. Katja prese una maglietta rosa che aveva nello zaino e, seppur in modo riluttante, usò questa per fasciargli la ferita dopo averla ripulita per bene un'altra volta.
"Fate largo al Pirata Rosa," scherzò Niko, appena rientrato nella capanna. Si fece cadere su una delle sedie facendola cigolare in modo pericoloso. Jan si buttò a terra e rimase lì disteso a riposare, mentre Jasmina raggiunse Niko.

Quando stavano finalmente per rilassarsi, la porta si aprì di scatto e, sbattendo contro la parete, si staccò e cadde a terra. Lì, con la schiena illuminata dal sole, stava una figura nera con due lunghe orecchie ornate da orecchini dorati.
Jan si strinse a uovo. "Oh mio... Non lei, vi prego."

Sulla porta stava una Kaya fumante di rabbia. Il suo viso era deformato in una smorfia così spaventosa che poco mancava che Niko se la desse a gambe levate. Aveva le mani strette in due pugni dai quali uscivano fumo violaceo e scintille bianche.

"Principessa!" esordì l'Elfa e corse da lei, prendendola per le mani. "Cielo! Quando non era tornata ieri sera mi ero presa un tale spavento! Cosa pensava di fare?" la sgridò, cosa assai bizzarra essendo lei una serva di Jarelyne. "Dov'er... Aspetti, che le è successo alle mani?" Kaya le guardò i palmi. Erano sporchi e c'era un piccolo taglio che scendeva giù per il pollice.
Quando la principessa stava per aprire bocca, Kaya si voltò verso i ragazzi. A Jan venne quasi voglia di iniziare a scavarsi una fossa. "Voi! Voi meschini Humani, approfittatori, figli di buona donna, come avete osato? È tutta colpa vostra se la principessa si è ferita! Le sue fragili mani dovevano restare incolumi!" Stava per alzare la mano destra per lanciare un incantesimo, probabilmente uno che trasformava umani in mucchietti di cenere, quando Jarelyne gliela abbassò e spiegò di essersi tagliata con una pianta spinosa. Kaya la guardò nera in viso. "Non c'è bisogno che si inventi scuse..."
"Non sono scuse, Kaya. Glielo assicuro. Mi sono tagliata con un ramoscello."

L'Elfa voltò lo sguardo verso i ragazzi, fino a notare la benda intorno alla testa di Axel. "Cosa le è successo?" chiese sospetta.
Axel mentì: "Sono inciampato e ho sbattuto la testa."
"È inciampato all'indietro?"
"Sono scivolato."

L'Elfa lo scrutò con gli occhi socchiusi. "E il ragazzo mindiyo cosa si è fatto alle nocche?" chiese alludendo a Jan che stava accovacciato su un fianco per terra vicino al caricabatteria.
"Ho sferrato un pugno..." disse, finendo poi in un mormorio confuso quando si rese conto che tutti e cinque gli lanciarono un'occhiataccia.
"... ad un albero. Già."
"Ad un albero? L'ha arrabbiata qualche Ninfa, per caso?"
"Una Ninfa?"
"Lasciamo perdere." rispose Kaya. "Non voglio saperlo. In ogni caso, se scopro che sta succedendo qualcosa di pericoloso, io..."
"Tu non ci permetterai più di incontrare Jarelyne, lo sappiamo." finì Niko.
"No. Farò rapporto alle guardie e dirò che state mettendo in pericolo la vita della principessa. E, per aver compromesso la salute di un componente della Famiglia Reale dell'Impero di Kamoria, la pena è la morte." finì Kaya. "Ci siamo capiti?"

Annuirono tutti in modo vigoroso.

"Bene." Poi si voltò dalla principessa e disse in tono seccato: "Se avete intenzione di non tornare a Birder, potreste anche farmelo sapere attraverso la sfera."
Jarelyne abbassò la testa. "Mi dispiace, me n'ero dimenticata."
L'Elfa sospirò. "Adesso torniamo a Birder, è rimasta indietro con gli studi di un'intera giornata."

Le due ragazze, dopo aver salutato tutti, se ne andarono.

"Quindi se accadesse qualcosa di brutto a Jarelyne, moriremmo pure noi?" chiese Jan dopo un po'. "Che bella notizia."
"Ho sempre più paura di quella tipa." mormorò Jasmina. "Fa venire i brividi. Pensavo che gli Elfi fossero pacifici."
"Io pensavo non esistessero. E invece eccoci qui, minacciati da una che dovrebbe essere una pacifista. Quindi non devi credere a tutto quello che ti dicono." rispose il cugino di Katja.

"E adesso che facciamo?" chiese Axel.
"Ci giriamo i pollici." rispose Katja e si sedette vicino a lui.
"Oppure," continuò Niko sorridendo, "potrei provare a cucinare una bella crostata con le more che ci aveva portato ieri Jara. Che ne dite?"

Sorrisero tutti, annuendo. "Sarebbe fantastico, Niko." gli disse Jasmina. "Ma come farai l'impasto? Non hai gli ingredienti."

"Sicura?" fece l'occhiolino l'amico biondo. Poi prese il cesto di Jarelyne e postò il pezzo di stoffa che lo copriva. "Guarda cosa mi sono fatto portare ieri." Dentro c'erano delle uova, un sacchetto di farina, un po' di zucchero e di burro, una bottiglia di latte, delle erbe, more e altre cibarie simili.

"Quando diamine ha portato tutta questa roba, quella ragazza?" chiese stupita Katja.
"Ho come l'impressione che stiamo scroccando un po' troppo da quella povera ragazza." disse Axel facendo una faccia contrariata.

"Vabbé, dai," sbuffò Jan, "A chi importa. Quindi, questa crostata? Ho fame."

Niko sorrise e prese con sé gli ingredienti in cucina. "Corro! Tra un'ora sarà pronta!"
"Bene. Ma accendo io il fuoco! Con uno come te alle prese con i fornelli rischiamo di incenerire la casa." sbuffò Jan e andò a prendere l'accendino nello zaino.
Niko sorrise raggiante. "Come vuoi tu, Balia della Fiamma."
Jan sospirò. "Diamine, se non la finisci il fuoco lo accendo con la tua felpa." sbuffò e sparì in cucina.

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