''Fuck.''

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Mentre tutti impietriti da quello che stava uscendo dalla bocca di Alex guardavano il ragazzo leccarsi le labbra come in preparazione al punto forte.

''Sapevi che se una mano come la mia affonda gli artigli nelle pelle di un piccolo bambino una, due volte questo muore dopo tre minuti e quaranta secondi?'' Continuò divertito. Parlava lentamente, gustandosi ogni sillaba e cercando di infonderci quanta più cattiveria possibile. ''Cavolo, non sono ancora riuscito a togliere il sangue dell'orologio. Adesso che ci penso, mi devi un orologio da 250 dollari. Il tuo caro fratellino me lo ha rotto con il suo sangue. Era tantissimo sangue, non siamo potuti rimanere ma sono sicuro che oltre quello che abbiamo visto noi ne sia uscito altro. Non è vero? Però lui è stato bravo, il piccolo Michael è stato bravissimo. Certo, ha pianto molto ma non ha urlato. Credo sia normale piangere in queste situazioni. Insomma, lui era piccolo e la sorella lo aveva abbandonato. La sorella maggiore, la figura in cui lui credeva e in cui riponeva fiducia incondizionata lo aveva lasciato al suo destino. Per dimostrare forza aveva preferito buttarsi in mezzo al bosco, senza indicazioni precise e con poco tempo. La sorellona perfetta aveva commesso un madornale errore, guidata dall'arroganza di poter fare tutto senza conseguenze e accecata dall'ottimismo era convinta di riuscire a salvare il fratellino. Credeva davvero di essere in grado, di essere capace. Ma non è così, non lo è stato. O Michael sarebbe stato qui. Okay, forse non proprio qui qui ma penso di essermi spiegato. Dai, Àmbar. Aveva solo cinque anni. Cinque anni e ora è sepolto tre metri sotto i tuoi piedi, tutti i giorni tu cammini sopra il pavimento che copre la tomba di tuo fratello. Del tuo povero, innocente fratellino. Che ha solamente sbagliato persona in cui riporre la propria fiducia. Hai permesso a noi di uccidere Michael e ora vieni qui, pensando ancora di poterci battere. Sei una stupida ragazzina che pensa che un po' di controllo le consegni le chiavi del mondo. I tuoi genitori sono morti perché tuo fratello era invidioso di te, la tua compagnia si è allontanata da te appena in tempo, e ora tuo fratello è morto. Perché continui ad ignorare che la tua presenza nella vita delle persone è la casa della loro fine?''

Lydia era in lacrime e Hayden, stretta tra le braccia di Liam era scossa da singhiozzi silenziosi. Malia, tenuta ferma da uno Scott scioccato, aveva ringhiato tutto il tempo. Derek stringeva i pugni tanto da avere le nocche bianche e Isaac era semi-placcato da una Lydia in cerca di conforto e intenzionata a non permettere al biondo di saltare al collo di Alex. Era una cosa che doveva fare Àmbar. Theo si era dovuto sedere, rischiava veramente di sentirsi male.
La più tranquilla, paradossalmente, sembrava proprio Àmbar. La postura, il battito regolare, il respiro calmo. Era assolutamente fuori luogo. Come la calma che precede la tempesta.

Con un gesto della mano le corde che tenevano legato Alex si disgregarono e Àmbar attaccò. Appena il pugno colpì il lupo questo si rese conto che la reazione che stava avendo Àmbar non era esattamente quella che aveva sperato. Gongolava già all'idea della ragazza che in lacrime gli urlava di smetterla, che si sbagliava, che era uno stronzo. L'ultima cosa che poteva immaginare era che la stessa ragazza che sarebbe dovuta crollare in ginocchio adesso lo stava colpendo con un calcio al fianco e che se non reagiva sarebbe stato lui a finire a terra.
Parò la ginocchiata al petto e respinse la gamba di Àmbar che riprese la posizione iniziale di attacco, Alex tentò di affondarle gli artigli nella coscia.
La prese solo di striscio, la ragazza aveva fatto un mezzo giro su sé stessa per evitare il colpo e aveva fatto cadere Alex con un calcio alle caviglie che però si aggrappò alla maglietta sporca e rotta di Àmbar. Per un momento sembrò quasi che Alex sarebbe riuscito ad avere la meglio ma quando la schiena di Àmbar toccò terra lei riuscì a fare una capriola per poi atterrare in piedi. Alex si alzò subito dopo e riuscì a malapena a schivare un pugno.

Fu invece pienamente investito dalla gomitata sullo sterno che gli mozzò il fiato lasciandolo per alcuni secondi senza respiro. E mentre, con una mano poggiata sul ginocchio e uno sul punto colpito, cercava di ricordare come espirare e inspirare Àmbar se la prese con calma, avvicinandosi senza fretta.

E quando sentì la mano fredda della giovane ragazza alzargli il mento per far incontrare i loro sguardi seppe, inconsciamente, che a quella battaglia non sarebbe sopravvissuto. Perché gli occhi neri di Àmbar non erano disperati, non gridavano aiuto, non cercavano un ultimo appiglio a cui aggrapparsi per impedirsi di fare qualcosa di impulsivo. Perché la mano che teneva il suo viso era ferma, perché non era rigida, non si stava trattenendo, non aveva perso il controllo, vana speranza che aveva Alex, perché Àmbar sapeva quello che stava facendo. Era pienamente cosciente di quello che era successo, di quello che stava per succedere e le conseguenze che questo avrebbe comportato.
Àmbar aveva ottime motivazioni per compiere un gesto che probabilmente l'avrebbe segnata per sempre o allo stesso tempo, forse non lo avrebbe fatto. Perché i sensi di colpa si manifestano quando, anche se profondamente, pensi che sia ingiusto, sbagliato, immotivato quello che hai fatto. E Àmbar sapeva che non era il suo caso, perché con i sensi di colpa aveva una certa esperienza e sapeva che non era quello il caso in cui gli incubi si sarebbero presentati ogni notte per ricordarle quello che aveva fatto. No, non si sarebbe sentita affatto in colpa se avesse ucciso quel ragazzo.

Lo mise dritto a forza prendendolo per il colletto della maglietta e aprendo la mano libera affondò parzialmente gli artigli poco sotto lo stomaco. Rimase ferma per qualche attimo, Alex che tratteneva il respiro. Per il dolore e per la snervante attesa del colpo di grazia.
Àmbar più lo guardava negli occhi più si convinceva che davvero non si sarebbe sentita male per quell'essere.

''Fanculo.''

Ma Àmbar non era quel tipo di persona.
Ritirò gli artigli e lasciò andare Alex, che cadde con un tonfo sordo e un gemito di dolore che si trasformò in un urlo quando Àmbar lo spostò sulla schiena con un piede per evitare che si dissanguasse.
Poi guardò dietro di lei, gli amici più Deaton erano in silenzio. Avevano legato tutti i nemici con catene d'argento.
Quando spostò lo sguardo un po' più a sinistra incontrò gli occhi di Lydia, quelli di Isaac e quelli di Corey, sovrastati da quelli di Derek.
Scosse la testa in segno di negazione poi si girò in direzione della città e iniziò a correre.

Il controllo. ~|Teen Wolf|~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora