~•Sky•~Mi rimiro alla specchiera a terra dalla forma ovale e allungata, per la dodicesima volta.
Non so bene perché lo faccia. Odio guardare troppo spesso il mio riflesso proiettato, poiché se lo avessi guardato solo una volta, avrei aggiudicato un: Sto bene, perfetto.
Ora invece penso solo: Forse hai osato troppo, per la Sky che vuoi apparire ora.
E in effetti é vero. Ho comprato un abito in ciniglia stile sottoveste, con lo scollo impreziosito dal pizzo, in una scollatura morbida e generosa che lascia mostrare le fossette dei seni racchiusi in un push-up, e le bretelle talmente fini da essere impalpabili sulle clavicole.
Mi da forza solo che sfiora le ginocchia, e non sembro puramente indecente.
So dove sono diretta. So che giorno é oggi.
E so anche chi c'è, o meglio da chi sono ospitata.
Non certamente per volere suo, ma di sua madre.
E il fatto che non lo vedo da una settimana, mi fa essere ansiosa, dopo il nostro ultimo Incontro/Scontro avvenuto.
Ed é lì che mi perdo nei pensieri, lasciandomi cadere a sedere sul bordo del letto, con le mani in grembo, le ginocchia serrate dove i talloni fanno dei saltelli sul parquet nella chiara agitazione, e lo sguardo fisso nella parete spoglia.Una settimana fa.
Ero a mettere le palline colorate intorno ai rami del pino che avevo comprato insieme a Violet.
Stava migliorando e sembrava contenta in mezzo a quegli abeti, scegliendo il più pieno e alto, quanto lo permettesse il soffitto del suo salone.
Avevamo scelto anche le palline, con della neve finta dentro fatta di polistirolo, decorate con i vari simboli del Natale.
Ne stavo infilando una, presa dalla confezione da quaranta, quando sentii il tonfo secco della porta richiudersi, e sobbalzai appena.
Sapevo chi era, non c'era bisogno di chiederlo.
Il suo profumo si sentiva da miglia di distanza, come l'umore nero che aleggiava nell'aria calda di casa.
Mi voltai a metà volto, facendo finta di niente, vedendolo camminare fiacco con la testa china verso le mattonelle, andando dritto verso il freezer.«Ciao.» Tentai un saluto stiracchiato e quasi appena mormorato, vedendolo afferrare qualcosa e richiudere con uno slancio possente, l'anta del freezer che oscillò appena.
Nessun saluto. Mi aspettavo almeno una risposta. Una delle sue battute di cattivo gusto, se non pessimo.
«Vuoi unirti a noi?» Riprovai più gioviale e arzilla, guardandolo fermarsi appena giunto sul primo scalino, con la testa ancora piegata.
«Potresti aiutarci a mettere la stella cometa sulla punta.» Si, mi rendevo pienamente conto di sembrare ridicola e forse un tantino disperata, nel tentare un approccio pacifico, con il re del mutismo selettivo.Sentii un distinto sospiro frustrato, abbandonare le sue labbra, che immaginavo serrate in una smorfia contrariata, prima di sbottare con un,
«Potresti aiutarmi...andandotene via.» Secco. Duro come granito, freddo come granita. Un ringhio che mi ferii più per il tono che con le parole, sempre astiose dirette a me, prima di vederlo salire con furia i gradini e la porta della sua stanza fare un eco assordante.
Non avevo neanche avuto il tempo di ribattere alla sua cattiveria gettata come una secchiata di acqua raccolta dai nevai.Sospirai sconfitta e vidi Violet accarezzare la punta della stella cometa, come una speranza frantumata.
Oh piccola!
Bastardo!«Torno subito, tu intanto metti intorno tutte le luci colorate, come piace alla mamma.» Le intimai dolcemente, accarezzandole una ciocca ribelle e scura, mentre mi sorrise teneramente. Era così piccola. Così dolce e indifesa, che il comportamento di Jackson non aiutava, anzi incrementava il problema di Violet.
Salii i gradini come se avessi il diavolo alle calcagna, o lo fossi io stessa, e senza neanche bussare o chiedere un cavolo di permesso, spalancai con irruenza la porta di camera, facendola cigolare all'indietro e richiuderla nella stessa maniera.
«Che ci fai, in camera mia? Ti ho forse dato il permesso?» Domandò glaciale e irto, aumentando solo la mia collera.
E poco importava che fosse volto di spalle, verso la vetrata.
La luce che stava per lasciare spazio al buio della sera, illuminare le spalle ampie di Jackson, mentre la schiena nuda rivelava i guizzi dei suoi muscoli contratti. Le fossette tra le scapole rigide, lasciando calare sensualmente su i fianchi, dei pantaloni blu scuro della tuta.
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•Death Silent• 1 Vol. Serie "Fight without rules"
ChickLitC'è chi combatte per vincere. C'è chi combatte per vivere. E poi ci sono io. Death Silent. Che combatto per giustizia. Jackson Thomson potrebbe essere un normale ragazzo di ventitré anni. Già...potrebbe. Ma lui vuole flagellarsi. Vuole crocifig...