•Capitolo 59•

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~•Sky•~

«Devi andare nel privè.» Mi ritocco il rossetto allo specchio, con la solita monotonia, mentre la voce di Rowanda sopraggiunge al mio fianco.

«Il signore é stato buono con te. É un Dio, credimi.» Continua trasognante, e vorrei dirle che il signore con me non ha mai sprecato una buona parola o azione.
Vorrei gridare e lasciarmi andare alla più totale desolazione.

Invece mi volto di poco, per guardarla incitarmi con un cenno della testa, e tutto ciò che posso fare é alzarmi per dirigermi verso la porta del mio privè.
Ma la voce di Rowanda mi blocca, prima che oltrepassi la tenda.

«É nella mia.» Non mi accorgo neanche che é dietro di me, e lo sussurra al mio orecchio come se fosse un nostro segreto.

«Perché?» É la domanda che pongo con voce incerta e traballante. Ma non ricevo risposta, poiché alcune ragazze ci fissano stranite, e questa volta impongo davvero alle mie gambe di andare verso la stanza di Rowanda.

La porta Bianca, riporta il suo nome su questo corridoio stretto e dalla calda illuminazione.
Sento la stessa puzza di sesso, inondare il mio olfatto, mentre un brulichio anima il mio corpo.
Non so perché sono stata mandata qui, ma ho la sensazione che Dean non lo sappia affatto.

Le dita si serrano come appiglio, sul pomello dorato, e appena do una lieve girata, il lieve cigolio mi accoglie nella semi oscurità della stanza.

Mi avvicino verso l'occhio di bue che illumina in un cerchio il pavimento rivestito di moquette, e mi metto nella solita posizione.
Ginocchia a terra e palmi ben distesi sopra le cosce che se non fossero piegate, tremerebbero.

Mi aspettavo di trovare il cliente, ma evidentemente questo fantomatico Dio, é uguale a tutti gli altri porci.

Fisso per minuti interminabili la moquette aspirata perfettamente da ogni piccolo residuo di polvere, mentre la matassa più grossa sono proprio io.
Sono una massa di polvere che non si può aspirare.
Sono solo un reietto, e completamente sola, senza di...

Ogni mio pensiero più violento e demoralizzante, si brucia nel momento che sento la sua voce bruciare le mie viscere.
Il respiro si blocca nel petto che resta piatto, ma il cuore emette un frastuono capace di disintegrare le pareti di questo schifoso club.

«Alzati.» La sua voce rauca e perentoria, proviene da dietro la mia schiena, che si arcua e ricopre di brividi intensi.
Socchiudo un attimo le palpebre, per sperare che non sia una malattia che mi soggioga la testa.
Per non credere ancora una volta che sia un mio solito sogno, dove mi do piacere per lui.
E per non sopperire alle lacrime che brucerebbero più del resto, sulla mia pelle mai sensibile quanto il mio organo, nel risentire lo stesso comando, per non aver ricevuto un mio gesto.

«Jac...» Non riesco a finire il suo nome, che esce filante dalle mie labbra troppo impiastrate dal rossetto rosso, che lui ripete.

«Ho detto, Alzati.» Impartisce più incisivo, e nell'attimo che provo ad alzarmi, il calore dei suoi palmi mi investe la pelle dei fianchi scoperti.
In un gesto fulmineo mi alza del tutto, spingendomi come se fossi un automa o una bambola nelle sue mani forti e abili, verso un punto più oscuro del resto, strappandomi la mascherina per gettarla a terra con un gesto funesto.

Due mesi senza di lui, sono come tornare a morire, e il non vederlo mi soffoca.
Poiché non ho il tempo di voltarmi, che preme i miei seni scoperti contro il muro freddo, e il suo petto si pressa prepotente contro la mia schiena che si inarca di nuovo tra i due connubi antipodi.

•Death Silent•      1 Vol. Serie "Fight without rules" Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora