•Capitolo 56•

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/Jackson\

Il tempo in macchina sembra non passare mai.
Sta per calare il buio, mentre schiaccio con più foga l'acceleratore, quando vorrei ci fosse quel verme sotto le mie Nike.

I lampioni illuminano la mia figura, attraverso il vetro.
Sento l'odore di Sky, ancora aleggiare nell'aria.
Si è permeato su i sedili, e lo inspiro. Non apro neanche i finestrini per paura che non mi rimanga neanche quello di lei.
Sorpasso alcune macchine, nel tratto di strada dove vi è possibile.
Devo raggiungere in fretta Detroit o potrei impazzire.

Tasto nella tasca il pacchetto di sigarette.
Me ne sono rimaste solo tre, e non credo basteranno.
Non faccio uso di droghe, ma il tabacco riesce a frenare parte dell'irrazionalità che alberga in me, ogni dannato giorno da quando sono andato via.

Le labbra tremano attorno al filtro, ad ogni boccata che tiro e rilascio, senza neanche dare il tempo di infiltrare il catrame nei polmoni.
Mi agito sul sedile, che inizia a sudare come me e le mani strette attorno al volante in cuoio, tanto da pensare di poterlo staccare.

Non capirà. Non mi perdonerà mai.
Il cartello di Detroit si staglia davanti ai miei occhi stanchi, illuminato solo da un faro.
Fuori ormai è buio, e forse lei sarà stesa sul nostro posto segreto a fissare le stelle, che da qui non si vedono.
Eppure siamo tutti sotto lo stesso cielo.

Controllo il cellulare, solo per vedere la posizione e mancano solo 10 fottuti chilometri, per arrivare da Dean.
Le strade sono deserte. Sembra tutto disabitato e abbandonato.
Mi fumo anche l'ultima sigaretta, finché non raggiungo il posto e mi blocco.
C'è solo un edificio diroccato che deve essere la centrale.
Di fuori è tutto a pezzi. Malandato.
L'erba incolta e pozze fangose sparse per il terriccio.

Poggio la fronte contro il cuoio bollente, e respiro a fondo.
Non si torna più indietro.
I fari del pick-up fanno un po' di visibilità, facendo una scheda mentale come il gioco del Memory, per ricordarmi da dove entrare e non inciampare in qualche fosso.
Chiudo lo sportello con un tonfo secco dietro le mie spalle, e mi avvicino avvolto dal buio terso.
L'entrata è un cancello arrugginito, con un lucchetto ancor di più, che fa solo da scena, poiché è aperto.

Varco l'interno pieno di pezzi in ferro arrugginiti. Tubi rotti. Acqua stagna a terra e la puzza di muffa e umidità.
Sorpassai la sala delle turbine, facendo attenzione, quando la sua voce mi giunse dietro le spalle.

«Sei arrivato.» Proclama compiaciuto, quasi in una sorta di benvenuto.
Mi giro fulmineo e iracondo verso di lui, avanzando come una furia.
La mano serrata in un pugno tanto da tendere la pelle.
I muscoli irrigidirsi.
Le labbra serrarsi con un grugnito grezzo, ma prima che possa caricare il braccio e sferrare il pugno sul suo viso impassibile, lo noto estrarre con velocità una pistola dai jeans, puntandomela contro.

«Credevi che venissi disarmato? Andiamo Jackson, mi fai ridere.» Sputa goliardico, increspando anche un sorriso sul volto dalla barba incolta. I dilatatori ai lobi e i molteplici tatuaggi che sbucano dalla maglia a maniche corte.

«Cosa cazzo vuoi? Ho fatto come hai detto.» Ribatto come se intorno alla gola avessi del filo spinato, mentre lo noto scuotere la testa.

«Vedi...» Incrocia le braccia al petto, armeggiando con la pistola in aria come un giocattolo.
La schiena poggiata contro il muro scrostato è un'aria rilassata.

Con chi ti sei impantanata, Sky?

«Tuo fratello era un mio grande amico, da sempre. Il grande campione. Lui era migliore in tutto ciò che faceva, e io rimanevo sempre dietro di lui. Le nazionali...» Tuona l'ultima parola con grinta, e vedo che i suoi lineamenti s'induriscono. Ecco, cosa gli prudeva.

«Spettavano a me.» Lo ascolto, perché non mi interessa la sua cazzo di presa di posizione.

«Cosa cazzo c'entra con me?» Ringhio rabbioso, avvicinandomi anche se ha in mano una pistola. Se dovrò morire lo farò per un motivo valido.
Sento la mascella talmente rigida che sono quasi sicuro si bloccherà.

«Qui entri in gioco te.» Lascia andare come se fosse tutto naturale e semplice.
Piego la testa lateralmente, affilando lo sguardo per sperare di ucciderlo così.

«Vediamo se ho capito. Io rinuncio alle nazionali e tu lasci andare, Sky?» Lo farei. Lo chiedo ma so già che è così, lo noto dal suo sorriso che si allarga come un ghigno sbieco, e la testa annuire per aver compreso.

«Perspicace. Tu rinunci alle Nazionali e Sky continuerà a lavorare per me...dove non te lo dico. Lo dovrai scoprire. Tu non rinunci alle nazionali...uguale, Sky morta. Quale scegli?» Il corpo pare essersi raggelato e imbalsamato sul posto. Io stesso mi sento diroccato.
La disperazione mi investe, al pensiero di lei nelle sue mani.
Vorrei ucciderlo. Se estraessi il telefono per chiamare la polizia arriverebbero che mi troverebbero già morto al suolo, poiché la sua pistola brilla nel buio.
Rinunciare al sogno di mio fratello. Non poterlo rendere fiero.
Ma la Dea ha rubato l'altra metà del cuore.
Tu, Kyle mi hai detto che per amore bisogna combattere.
Non ero pronto a tutto questo.
Kyle non mi aveva avvertito, che non esisteva avversario più potente dell'amore.

«Rinuncio.» Non ho bisogno di pensare neanche un secondo di più. Sono deciso e fermo. Ma prima di voltarmi e andare via, sento un rumore fendere l'aria.
Il metallo bruciare, e entrare in collisione con la mia costola, in un dolore lancinante che mi fa franare al suolo.
Le labbra emettono un urlo che mi percuote il corpo in spasmi.
Rantolo di sofferenza.
Boccheggio per cercare ossigeno, e poi il buio mi veste, come la sua risata malevola.

•Death Silent•      1 Vol. Serie "Fight without rules" Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora