Capitolo 19: ARMISTIZIO

91 8 10
                                    

"Dimostrami che vali, perchè se non lo farai, penserò sempre che ci siano persone migliori di te"


-29  |   3° giorni

Un giorno.

Ho passato un giorno intero chiusa in casa a mangiare qualsiasi cosa mi passasse sotto mano e ascoltare la musica a tutto volume: da Lady Gaga a Sfera Ebbesta passando per i Queen e Pop Smoke. Ho ballato come una pazza e cantato a squarciagola, fregandomene dei vicini.

Intorno alle sei del pomeriggio mi sono rifugiata in camera, trasferendo la musica dalla tv alle cuffie e ho iniziato a disegnare. Solitamente Edoardo e Paola rientrano dal lavoro proprio a quell'ora e la voglia di incontrarli in giro per casa è pari a zero. Sono arrivata alla conclusione che se loro sono felici, tutto va per il meglio, quindi meno gli rompo le scatole o mi faccio vedere e più loro sono tranquilli e rilassati. Come se vivessero da soli senza una figlia adottiva in casa. E a me va benissimo così. Ovviamente il mio cuore che ha bisogno di amore e la mia persona che necessita di rassicurazioni e affetto non ne giova, ma non posso farci nulla. Anzi adesso ho più libertà grazie alla promozione alla classe successiva e alla pagella con una bellissima media dell'otto. Le treccine sono la prima cosa che ho fatto e le uscite fino all'ora concordata sono una cosa a cui mi devo ancora abituare, come oggi: sono stata in casa tutto il giorno con nessuna voglia di fare qualcosa di produttivo.

Alle nove in punto i miei genitori adottivi hanno urlato il mio nome dal salotto e come se fossi a scuola ho dato conferma della mia presenza.

Si dice che la notte porti consiglio, giusto?

Ebbene sì, giorno nuovo è sinonimo di progetti nuovi.

Ulteriori conoscenze, maggior voglia di vivere e provare ad interagire con il mondo.

La musica è sempre la mia musa e fonte di guida e oggi come compagna di giornata ho scelto Drefgold con la canzone "Boss".

Mi sono talmente svegliata con il piede giusto e con tanta voglia di fare che decido di andare a correre. 

La corsa per me significa tanto. E' quell'attività che mi fonde energia e mi fa stare bene.                 E' quello sport che riesce a distrarmi da ansie, preoccupazioni e stress.

Più corro e sento fatica più sto bene.

Più corro e sento il fiato corto più sto bene.

Più corro e sento le gambe cedermi più sto bene.

E' come se fosse un azione autopunitiva.

Le canzoni "Turn down for what" e "Don't let me down" mi accompagnano per tutta la corsa e solo quando inizio a far fatica a respirare e i polpacci esplodermi dedico di fermarmi.

Metto le mani sulle ginocchia cercando di prendere fiato ma è più difficile del previsto e l'ansia inizia a salire. Mi ritiro su, cercando di controllare il respiro invece di annaspare in cerca di aria.

Appoggio la mano sul petto e chiudo gli occhi con il battuto cardiaco che arriva alle orecchie.

Cazzo!

Chiudo la bocca e impongo alla mente di prendere un bel respiro e di rilasciarlo molto lentamente subito dopo. Eseguo questo procedimento un bel po' di volte finché il respiro non torna normale.

Le gambe mi tremano leggermente e inizio a sentire l'acido lattico, ma mi costringo a riaprire gli occhi e a camminare piano piano. Davanti a me, la strada prosegue ancora, mentre alla mia sinistra c'è un campo di erba medica che arriverà più o meno alla vita. A destra un parchetto, con due porte da calcio, uno scivolo e attrezzi per allenarsi. Mi introduco e mi dirigo immediatamente vero la panchina di legno. 

RingoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora