"Che cosa vuol dire reale?
Dammi una definizione di reale.
Se ti riferisci a quello che percepiamo, a quello che possiamo odorare, toccare, vedere quel reale... sono semplicemente segnali elettrici interpretati dal cervello."L'odore di benzina era la sua quotidianità.
Il nero che gli ricopriva le mani era ormai scontato che ci fosse.
L'unica cosa che poteva fargli scollare gli occhi azzurri dal cofano di un auto era il rumore sordo e metallico che produceva la porta quando si chiudeva, o meglio, quando la chiudeva lui.
« L'hai trovata? »
Chiese, senza neanche salutare, sapendo già chi avrebbe risposto alla sua domanda.
« Si. »
Guardò la figura che si era fermata di fianco a lui.
L'odore di fumo gli invase le narici, ma non ci fece molto caso: era abituato a stare affianco a lui quando fumava, e poi lo faceva anche lui.
« Com'è? » Gli chiese, allontanandosi, per liberare le mani dal nero dell'olio per motori.
« Cosa m'importa di com'è? L'importante è averla trovata. »
Se non venisse specificato il fatto che lo disse con tono calmo e divertito si potrebbe pensare che avesse utilizzato una voce arrogante.
« Quando la prenderemo? »
Chiese nuovamente, con un mezzo sorriso per ciò che gli aveva detto prima.
« Domani sera ci penserà Jade. Tra ragazze ci si fida, o almeno così dicono. Dopodiché interverremo noi.» Gli spiegò pacato.
Buttò la sigaretta, ormai finita, e la spense con la suola degli anfibi neri.
« Lo hai già detto a Jade e Kyle? »
Scosse la testa
« Andiamo a dirglielo. »L'ascensore è il salvatore dei pigri, come aveva sempre detto alla sua mamma, tuttavia c'è sempre una falla nel sistema.
Così, le sneakers bianche continuavano ad essere guardate dagli occhi chiari della ragazza mentre salivano tutti i gradini delle scale.
Alzò gli occhi al cielo quando si ricordò di aver scordato di chiudere il portone dell'edificio.
Sbuffò, poi dovette tornare al piano terra, dove il portone stava per essere chiuso da un ragazzo.
« Ciao, e tu chi sei? Mi sembri nuova.»
Sbarrò gli occhi quando vide spuntare sulle sue labbra un sorriso.
Era un bel ragazzo, come il modo in cui la guardò.Scosse la testa e rispose, per non sembrare strana già a primo impatto.
« Se per "nuova" intendi che mi sono trasferita qui due giorni fa... allora si, sono nuova. » Il suo tono era allegro.
« Se ti sei trasferita a Chicago e, per di più, in questa zona devi aver un bel coraggio. »
Si accigliò, mentre lui era già entrato.
« Che vuoi dire? » Gli chiese, curiosamente.
« Davvero non lo sai? »
Questa volta ad accigliarsi fu lui, che la vide annuire.
« Dài, vieni a casa mia. Ti racconto un po' di cose e ci conosciamo meglio. »
Si ritrovarono seduti davanti ad una tazza di tè fumante in pochi minuti.
Le sembrò strano che fosse successo tutto così velocemente, ma la curiosità di sapere ciò di cui non era a conoscenza era tanta. La curiosità l'avrebbe ammazzata prima o poi, glielo diceva sempre una sua ex compagna di corso quando la vedeva spesso fare cose fuori le regole solo perché era curiosa di scoprire qualcosa di cui non era a conoscenza.
« Non sai chi sono i Ghosters? »
Si ritrovò a scuotere la testa, rischiando di far cadere il liquido caldo dalla tazza, da cui stava bevendo in quel momento e di fare, di conseguenza, una figuraccia.
Dal canto suo, però, era abituata a situazioni imbarazzanti create da se stessa in persona.
« Sono una gang, formata da tre persone. Vivono nella zona abbandonata di Chicago da almeno dieci anni, ma nessuno sa in quale edificio precisamente.
Vivono di lavoro sporco.
Vendono macchine di marca con motori modificati, pronte per corse clandestine. Anche loro partecipano a queste corse, così guadagnano soldi a palate. Chi non è leale con loro, chi non li paga in tempo o appropriatamente si ritrova dritto dritto sottoterra.
Hanno un capo, si fa chiamare Irama Plume. È il più temuto di tutti i boss di tutte le gang di Chicago, nonostante siano tutti spietati.
Devi stare attenta a qualunque rumore che sia fuori dal normale, soprattutto di notte. Ma soprattutto ricordati di non uscire di casa dopo le undici di sera. In questa zona é molto facile incontrarli. »
Era più confusa che mai, nonostante le fossero state date risposte ad alcune domande che si ripeteva nella testa da quando era arrivata.
"Ecco perché hanno tutti il terrore negli occhi."
"Ecco perché tutti ti guardano con sguardo attento e indagatore."
"Ecco perché sono tutti così tristi."
Cominciò però a pensare
"È reale tutto ciò?"
« Tu li hai mai visti? »
Gli chiese, dopo un attimo di silenzio.
« No, fortunatamente... ma mio padre mi ha raccontato che una volta si è ritrovato in un affare con loro.
Grazie a Dio è riuscito a saldare il conto che doveva loro, altrimenti non sarebbe stato qui. »
« Non avete avvertito la polizia? »
Il ragazzo si lasciò andare ad una risata malinconica, una di quelle semplici, che sembrava contemplare la bellezza dell'ingenuità della ragazza.
« Tutti lo fanno, da più di dieci anni. La polizia non ha mai smesso di indagare su di loro, ma nemmeno una volta li hanno guardati in faccia. Riescono a inquadrare solo le targhe delle macchine, che non possono essere definite delle vere e proprie targhe. Sono più che altro solo le consonanti dei loro nomi, nessun numero, nessun dato. È ormai impossibile risalire a loro. »
Si cominciò a guardarsi intorno, poi guardò di colpo il ragazzo: avrebbe indagato lei stessa. "La tua curiosità ti ammazzerà!".
« Grazie del tè, ehm... »
Disse alzandosi, per poi lasciare la frase in sospeso, in attesa che lui continuasse la frase per scoprire il suo nome.
« Jake. »
« Grazie, Jake. Io sono Cheryl, abito al terzo piano, qualunque cosa ti serva puoi venire a chiedermi aiuto. Ciao! »
Non gli lasciò dire una sola parola che già si trovava a scendere per le scale per arrivare al suo appartamento.
Poggiò la mano sulla maniglia mentre infilava nella toppa della porta le chiavi, ma si bloccò, pensando che il suo computer era ormai rotto e che dal suo telefono, per quanto costoso potesse essere, non avrebbe visto nulla dato che poteva considerarsi una talpa.
Tornò indietro, correndo verso l'ascensore guasto, ma si bloccò di nuovo
« Maledetto ascensore! »
Presa dalla foga di indagare e scoprire di più su questi Ghoster si era persino dimenticata che il salvatore delle persone pigre era andato in ferie.
Continuò a scendere le scale, saltando di tanto in tanto un gradino.
Si ritrovò a camminare velocemente per le strade, ormai buie nonostante fossero le 18:30 del pomeriggio, alla ricerca di un negozio di elettronica oppure un discount che vendesse laptop.
"Sono le 18:30, non c'è ancora il 'coprifuoco' "
Una figura femminile, vestita completamente di nero, le diede una spallata data la sua velocità, apparentemente involontaria, ma poi le sorrise.
Per la seconda volta nell'arco della giornata qualcuno le sorrise, ma quel sorriso non era come quello di Jake: era inquietante.
Così inquietante che si dimenticò di chiederle scusa troppo presa dal ruotare su se stessa mentre camminava, per osservare la ragazza dai capelli con meches blu e verdi.
Improvvisamente venne avvolta da due braccia possenti.
Non era un abbraccio, tanto meno uno scherzo: era stretta troppo violentemente.
« Lasciami andare! »
Cominciò a dimenarsi, cercando di sfuggire dal ragazzo, che aveva una folta chioma rossa.
La sua figura, troppo esile, non riuscì a liberarsi.
Quel colore di capelli la riportò al ragazzo che era seduto sul treno insieme a lei, ma il viso spigoloso le fece capire che non era assolutamente lui.
La alzò da terra come un bambino prende tra le mani una bambola, chiudendole la bocca con una mano, che teneva un fazzoletto imbevuto di un liquido dall'odore nauseante. I suoi studi da medico le permisero in pochi secondi di capire che quello che le stavano facendo annusare era sonniferò.
Cominciò a scalciare, mentre veniva portata tra due palazzi, in un vicolo buio e stretto.
Solo in quel momento capì che Jake le stava raccontando la realtà, che doveva stare più attenta.
Aveva sottovalutato quella città e aveva sottovalutato anche l'idea che il coraggio, in realtà, non lo aveva tirato fuori, poiché non conosceva ciò che le sarebbe successo, e la paura la pervase spaventosamente.
Improvvisamente, due occhi, quegli occhi. Gli stessi che l'avevano osservata due sere prima, gli stessi che le avevano scatenato curiosità.
Gli stessi, abbinati agli strambi orecchini, che però quella sera erano differenti, seppur rappresentassero sempre una piuma.
Poi il buio ancora più oscuro le fece perdere la sua povera vista.
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Criminals { Irama Plume }
FanfictionChicago. Una gang criminale ed un aspirante chirurga. Le loro vite si incontreranno per una strana coincidenza. Cosa accadrà tra il temuto capo Irama Plume e Cheryl? NB. I personaggi e i fatti sono completamente inventati, perciò i caratteri, compor...