• Capitolo 16

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"Lei è il mio minuto di quiete in questo mondo che fa troppo rumore."

Non sapeva se essere felice o triste in quel momento, anche se in realtà era un dramma che l'affliggeva molto spesso.
Era lo stesso problema che si era posta quando stava per partire per Chicago: continuava a domandarsi se stesse facendo la cosa giusta, ma poi le bastava guardare la sua grande casa vuota e silenziosa e l'idea di trasferirsi ricominciava ad allettarla.
Il problema che adesso la martellava era un altro, completamente diverso e forse anche più importante.
Nonostante quella felpa non riuscisse ad entrare nella gruccia, pensava completamente ad altre cose e non a come riuscire ad infilare quell'indumento in quel pezzo di plastica.
D'altro canto era una decisione molto difficile da prendere, ma infondo era già stata presa, ma non da lei.
Stava per inoltrarsi nella vita dell'illegalità, anzi, già c'era ed aveva percorso un bel pezzo.
Non sapeva se stava facendo la cosa giusta, aiutando la gang più temuta di Chicago, anche se era palesemente una cosa sbagliata.
Nonostante sapesse che poteva fuggire e denunciarli alla polizia, se ne stava lì, a sistemare al meglio quella che sarebbe stata la sua camera, a pensare a cosa avrebbe dovuto fare se fosse stata una ragazza normale, con una famiglia normale e con il suo posto fisso all'ospedale di New York, e non di Chicago.
Denunciarli a che pro poi, se erano in cerca delle loro tracce da anni oramai, ma non erano ancora riusciti a scovarli, o per lo meno cercare di fermarli?
Le persone, però, temevano più fargli un torto che averli a piede libero per la loro città, forse perché sapevano che se non ci avessero avuto a che fare sarebbero stati liberi di vivere la loro vita in tranquillità.
In tranquillità come Cheryl stava ponendo in ordine e con precisione le sue cose nella sua nuova stanza, che con il colore rosa e bianco delle lenzuola del letto e di tutti i suoi oggetti sembrava accogliente e fuori posto, come lei, in quell'ambiente così macabro.
Non ci fece più caso, consapevole del fatto che ormai era una di loro e che non avrebbe fatto assolutamente niente.
Non perché glielo impedissero, dato che aveva una grande intelligenza e la testa poggiata per bene sulle spalle per attuare un piano di fuga da quel gruppo alquanto strano e problematico, ma perché non voleva.
Si era affezionata a loro come loro avevano fatto con lei, e se fosse fuggita e se avesse spifferato tutti i loro piani alla polizia era come se avesse fatto un torto alle persone più care della sua vita, anche se conosceva i Ghoster da più o meno due settimane.
Quell'inaspettata quiete, come sempre, venne spezzata dalla tempesta.
« Cheryl! »
Una voce maschile le giunse alle orecchie, come un urlo quasi disperato.
Riconobbe il forte accento canadese di Kyle e si voltò spaventata verso la porta.
Non pensò più in quel momento, o meglio, non fece altro che vedere immagini di pericolo in cui si potessero trovare i suoi amici al piano di sotto.
Gettò a terra la gruccia con la felpa che ancora non era stata ordinata.
I suoi anfibi neri correvano per il corridoio, provocando un forte rumore di passi continui e veloci, un po' come il suo cuore.
Quelle scarpe le sembrarono quelle di Filippo, e solo dopo quando gli venne in mente quell'immagine pensò
"Se fosse lui in pericolo?"
Solo dopo quel pensiero velocizzò il passo, saltando due gradini alla volta per arrivare alla porta nera della sala principale, che in quel momento le sembrò la famosa luce infondo al tunnel di cui ne sentiva parlare nei film.
Il suo ingresso nella sala principale non era mai stato così atteso, soprattutto da Filippo.
Proprio su di lui caddero gli occhi chiari della ragazza, che ebbe solo un momento di sollievo, ma poi si sentì il cuore sgonfiarsi.
Il ragazzo era seduto su una sedia, la schiena curva sulle ginocchia, sulle quali erano appoggiati i suoi gomiti, che sostenevano le mani che reggevano la testa.
Non stava piangendo, respirava a fondo, forse proprio per non far scendere le lacrime.
In quell'istante più di altri aveva bisogno dell'infinita allegria che popolava la ragazza, e magari di un suo consiglio, nonostante fosse consapevole del fatto che non lo avrebbe seguito minimamente, ma comunque voleva ascoltarla.
Con uno sguardo fugace contò soltanto tre persone: Filippo, Jade e Kyle.
Ne mancava uno all'appello, cosa alquanto strana, dato che se qualcosa fosse andato storto lui si sarebbe trovato affianco al ragazzo con le piume nonostante ci fosse un'attirante motore da modificare giù in garage.
Guardò Kyle quando le si avvicinò, dicendole
« Non troviamo Lorenzo, non c'è da nessuna parte. »
La sua voce tremava, un po' come le sue mani che passavano spesso tra i capelli tinti.
Le cadde poi l'occhio su Jade, che faceva avanti e indietro per una piccola parte della stanza, mentre si passava le dita sulle labbra che tremavano, gli occhi lucidi e terrorizzati.
Cheryl, però, trovò la reazione di Filippo la più macabra di tutte: Kyle era in grado di parlare, Jade sembrava pensare, mentre Filippo era assente, completamente.
Alla fine, nemmeno la sua stessa reazione fu molto normale: cominciò a tremare.
"Cosa gli può essere successo?"
Si guardò intorno, non sapendo se prendere Kyle per i polsi e fargli smettere di toccarsi i capelli, fermare Jade e farla sedere invece di camminare senza sosta, o andare da Filippo e abbracciarlo.
Nonostante lei fosse impotente di quella situazione in cui nemmeno gli stessi Ghosters non avevano idea di come comportarsi, si sentì responsabile di fare qualcosa per loro.
Non sapeva se era il suo istinto da medico, o semplicemente un aiuto per i suoi nuovi amici in difficoltà, ma comunque decise di porre fine a quello stato di ansia.
« Vi sedete affianco a lui per favore?»
Spezzò il silenzio la sua flebile voce, che fece fermare di scatto Jade e Kyle e fece alzare lo sguardo di Filippo da terra.
Li ritrovò seduti, uno affianco all'altro, con espressione spaventate, e solo Filippo era assente mentalmente.
« Cosa facciamo? »
Chiese di nuovo lei, ricevendo subito una risposta da Jade
« Cosa vuoi che facciamo? Non sappiamo dov'è, non possiamo andarlo a prendere. »
Cheryl stava per controbattere, ma il telefono parlò al suo posto.
Si guardarono tutti velocemente, ma Filippo prolungò il suo sguardo su Cheryl, sulla quale lo mantenne anche mentre stava alzandosi per andare a rispondere.
"Allora è presente tra noi."
Pensò Cheryl, guardandolo alzare la cornetta del telefono fisso.
« Pronto? »
« Filo... »
Era stato quello il momento in cui lo vide estremamente umano, sia per il fatto che si lasciò andare ad un grande sospiro, sia perché poté vedere i suoi occhi farsi lucidi.
« Lori, stai bene? »
Tutti si alzarono in piedi dopo aver sentito la risposta di Filippo verso il mittente della chiamata.
Cheryl sorrise, non solo per il fatto che Lorenzo era dall'altra parte della cornetta e parlava, ma anche per il fatto che Filippo gli avesse chiesto prima come stesse invece di chiedergli dove si trovata.
« Sto bene. Non posso parlare molto.
Sono riuscito ad entrare nell'ufficio del capo ed usare il telefono.
Ascoltami bene, infondo alla 24esima della High Road, terzo piano.»
Lorenzo, nonostante fosse bendato nel momento il cui lo portarono in quel posto, capì dove si trovava perché gli bastava un solo sguardo per capire il sito in cui si trovava.
I Ghoster erano cresciuti per strada.
Filippo prese il primo pennarello che gli capitò in mano e scrisse sul muro del magazzino un indirizzo, che venne letto da tutti i presenti in quella stanza.
« Veniamo a prenderti. »
Concluse così la chiamata, lasciando in sospeso la risposta da parte di Lorenzo.
Si voltò verso di loro.
« Maschere e pistole, andiamo a prendere Lorenzo. »
Cheryl rabbrividì, non tanto per cosa avesse detto Filippo, ma per il modo in cui lo disse.
Le sembrò arrabbiato con chissà chi, ma lo capiva e non vedeva l'ora di rivederlo tranquillo, con il suo migliore amico affianco.
Afferrò la pistola da sotto il tavolo, quella che aveva puntato verso Jake, e avanzò verso Cheryl
« Tu vieni con me. »
Lei lo guardò prima negli occhi, come per chiedergli davvero il permesso di poter andare con lui: non aveva mai avuto così tanto rispetto nei suoi confronti.
Successivamente gli sorrise, afferrando la pistola e ponendola nella tasca del suo giubbotto in jeans.
Lui le sorrise di rimando, e in quel momento più di altri, si sentì di farlo: le prese la testa con le mani e le baciò la fronte, forse per ringraziarla, ma di cosa? Forse per il fatto che era ancora lì, che aveva preso la pistola e aveva avuto il coraggio di sfidarlo così tanto in quelle due settimane.
Cheryl rimase stupita di quel gesto, come anche Jade e Kyle.
Filippo, in quel momento, era consapevole di ciò che stava facendo e quindi non se ne pentì affatto.
Si allontanò però solo quando capì che quello era il momento meno opportuno per concedersi la sua distrazione.
« Forza, ragazzi. »
Urlò, mentre tutti afferravano le proprie pistole e le proprie maschere.
Cheryl però, rimase per un momento interdetta, ma poi si lasciò andare ad un sorriso quasi soddisfatto di ciò che era appena successo.
"Perché l'ha fatto?"
Si chiese solo per un momento, ma dopo il suo richiamo dovette abbandonare in quella stanza tutti i suoi pensieri ed i suoi sorrisi per concederne un altro a Filippo, che lo avrebbe stampato sulle labbra solo quando Lori sarebbe tornato a casa sano e salvo.

Criminals  { Irama Plume }Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora