07. Da dove vengono quei lividi?

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-Hai preso tutto?- era la terza volta che glielo chiedevo, ne ero consapevole; ma non si sapeva mai, era solo per sicurezza

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-Hai preso tutto?- era la terza volta che glielo chiedevo, ne ero consapevole; ma non si sapeva mai, era solo per sicurezza.

- Si, si, si- Julia sembrava esasperata. Aveva i capelli sul volto e sbuffava.

Doveva andare con Lucie sulla casa a lago di Garrett, che lei chiamava zio.
Avevano proposto questa cosa una settimana fa, come vacanza per staccare un po' la spina dal resto ma, per loro sfortuna, Julia li aveva sentiti.
Quella bambina quando si mette in testa una cosa è difficile farle fare l'opposto e sia Garrett, sia Lucie, non riuscivano a dire di no alla loro nipotina, soprattutto quando faceva la faccia triste: le labbra verso il basso, gli occhi verdi grandi che diventavano leggermente lucidi e loro cadevano ai suoi piedi. Lo faceva solo con loro perché sapeva che con me non attaccava.
Aprii la bocca per richiedere nuovamente.

- Credo sia chiaro. Ha preso tutto. Basta - la difese Caleb, mettendosi dietro Julia e poggiando le mani sulle sue spalle. Fino a qualche secondo fa doveva stare nel suo letto, o almeno così credevo.
Dopo la visita dall'avvocato sembrava tornato tutta alla normalità, se così poteva definirsi.

La notte avevo ripreso a passarla con i rumori, o meglio gemiti, di lui e qualche oca. A volte avevo voglia di andare nella stanza e urlare di andare da qualche altra parte o tapparsi la bocca, invece restavo nel mio letto con la testa sotto il cuscino. Da due giorni, però, sembrava non aver fatto conquiste. Rientrava dalle sue classiche uscite prima del solito. Da solo.
Tuttavia, questo weekend saremmo rimasti da soli, quindi, la probabilità che potesse portare qualche ragazza e, forse, trovarle anche la mattina seguente erano alte.

- Voglio esserne sicura! - precisai incrociando le braccia.

- Glielo hai chiesto tre volte!- sembrava esasperato. Aveva un aspetto terrificante: pallido, due occhiaie leggermente scure e gli occhi rossi.

- Posso chiederglielo anche dieci volte, se voglio. Non sono affari tuoi - sbottai indignata. Per quanto vederlo in quello stato mi mortificava, il suo atteggiamento continuava a darmi fastidio. Voleva dettare regole ma, non poteva.

- Sono anche affari miei se si tratta di Julia - alzò leggermente la voce,serrando la mascella. Sul collo c'era una vena ben in vista, doveva essersi arrabbiato parecchio. Continuavo a guardarlo, ma faceva un po' paura in quelle condizioni.

- Cosa? - Julia sembrava essersi ripresa da uno stato di trance, non sapevo se avesse sentito o meno. Speravo in quest'ultima, in quella frase, le parole: sono suo padre, erano sottointese.

- Come fai a stare a maniche lunghe? Qui fa caldo- cambiò, fortunatamente, (forse preferivo quello di prima) discorso Caleb. Si sventolò la mano come se stessimo in pieno agosto sotto un sole cocente. Sí, il cielo aveva iniziato a riscaldarsi. Non me lo sarei aspettato dato che lui è sempre quello che mi fa trovare nei guai. Pensavo dicesse la verità a Julia, ne aveva l'occasione.

D'istinto mi scesi ancora di più le maniche. Ed era tornato da pochi giorni e già aveva ripreso a lasciare i segni dove erano appena scomparsi. Questa volta erano più scuri del solito, lui era stato più rude del solito.
Sto morendo di caldo volevo rispondere. Se non fosse stato per questo, sarei stata anche in pantaloni ma non potevo scoprire neanche le gambe. La sua permanenza in Italia era stata più lunga di dieci giorni e la cosa mi andava più che bene, avevo passato quei giorni in serenità senza lui.
Ci eravamo visti, il giorno seguente al suo arrivo e quando ho visto che invece di venire a suonare alla porta, ha fischiato il clacson, avevo già capito. Diceva di aver litigato con suo padre e di aver bisogno di sfogarsi. Questa volta avevo posto più resistenza del solito: gli avevo morso più volte il labbro quando poggiava le sue labbra schifose sulle mia, quando mi toccava il seno iniziavo a battere il pugno sulla portiera sperando in qualche anima. E le lacrime erano seguite dai singhiozzi. Di solito quando mi toccava piangevo ma in silenzio, quella sera però, non riuscivo a trattenere il dolore e, soprattutto, la paura.
Ed, però, era furbo e ogni volta sceglieva posti nascosti al mondo di cui nessuno sa l'esistenza. Infatti in qualsiasi posto è tutto buio, spoglio e nessun segno che faccia riconoscere il luogo.

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