12. Emily

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Ricordavo ancora quando, prima di andare a scuola, io ed Emily ci incontravamo sempre in questo stesso bar per fare un caffè prima di iniziare la giornata scolastica

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Ricordavo ancora quando, prima di andare a scuola, io ed Emily ci incontravamo sempre in questo stesso bar per fare un caffè prima di iniziare la giornata scolastica. Era il nostro rito.

Presi posto su una sedia in ferro nera, questo posto non era cambiato di un virgola. Non venivo dalla fine della scuola e, sia l'arredamento sia la struttura erano rimaste uguali. Il "Raphael Cafè'' era rimasta tale a quando lo frequentavo tutti i giorni. Dopo la fine del liceo non ero riuscita a ritornare in questo posto, mi sembrava di infrangere la tradizione di una vita.

Lunghe file di tavoli tondi, anch'essi in ferro come le sedie, riempivano metà stanca mentre l'altra metà del posto era occupato da un piano bar in marmo dov'era possibile pagare, prenotare e prendere semplicemente qualcosa di veloce. Accanto c'erano due porte in legno: una portava alla cucina e l'altra al bagno. Il posto era molto luminoso grazie ai vari led attaccati al soffitto. Delle vetrate davano la vista della strada trafficata d'innanzi al bar e in mezzo alla folla riuscii a notare Emily arrivare in ritardo, come sempre.
Per lei svegliarsi presto restava la cosa più complessa da fare.

Purtroppo, però, non potevo vederla più tardi. Aveva insistito nel vederci il prima possibile e avevo usato la scusa di Julia ancora malata per non farla venire a casa mia. Quindi, l'unico momento era prima che io andassi al lavoro. Un po' mi dispiaceva averla fatta svegliare così presto apposta per vedermi, infondo era qui per rilassarsi. Tuttavia, Emily non poteva vedere Caleb a casa mia e non avevo voglia di sentirla balbettare davanti a lui quando avrebbe camminato senza maglia, sempre se lo avrebbe accettato. C'era ancora la probabilità che uscisse di testa per averglielo nascosto per tutto questo tempo.

La vidi avvicinarsi al mio tavolo, il sorriso perfetto che le illuminava il viso mentre si avvicinava a me, mi era mancato.
Mi era mancata lei.
Mi sollevai dalla sedia andandole in contro per abbracciarla.
Sentii la sua presa forte attorno a me e ricambiai. Il suo profumo di fragola... mi era mancato. La rivolevo con me, nella stessa città, poterla vedere più spesso e recuperare un po' del tempo perso.
Quando l'abbracciai fu sciolto ci sedemmo. Non la vedevo dall'anno scorso, eppure sembravano essere passati decenni.
I capelli mossi e mori erano cresciuti parecchio, se a dicembre le arrivavano poco più giù della spalla, adesso arrivavano a metà schiena.
Sorrideva ancora, mostrando le sue fossette. Il suo viso un po' squadrato era come sempre pallido, bianco come il latte.
I suoi occhi piccoli e color nocciola erano luminosi come sempre.
Io presi posto dov'ero seduta fino a qualche minuto prima, mentre Emily di fronte a me.
Subito arrivó una cameriera, una ragazza sui diciassette anni, pronta per prendere gli ordini: aveva i capelli rossi legati in una coda alta. Indossava la divisa che era formata da un jeans nero e una camicia con lo stemma del bar. Il simbolo era la scritta in corsivo azzurra del nome del posto, e una linea sotto a zig zag. Abbastanza semplice. Ordinammo due espressi. Non eravamo cambiate di una virgola e la cosa mi faceva ridere.
Il piercing al naso, una voce bassa e le unghia smaltate perfettamente dal colore nero. Sembrava così cattiva e così buona allo stesso tempo. Dopo che ci assicurammo che la cameriera fosse fuori dai nostri occhi, iniziammo a chiacchierare del più e del meno. Sembravano tornate ai liceo in cui, prima di andare a scuola, restavamo a parlare di qualsiasi cosa che ci passasse per la mente, per di più di ragazzi, le oche della nostra scuola e altre cose varie.

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