33. Lui sta messo peggio

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RICORDATE DI PASSARE A LEGGERE "SOBER"

RICORDATE DI PASSARE A LEGGERE "SOBER"

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- Julia non correre. Aspetta. - urlai mentre entravamo in casa. Tenevo lo zainetto rosa di mia figlia in cui teneva la bottiglietta d'acqua vuota e il vasetto pittato da lei durante l'ora di arte. A discapito delle mie parole, lei corse verso il divano e si stese a pancia in giù.

-Dov'è papà? - chiese mettendosi in ginocchio e  mi guardò.

Sarebbe dovuto essere a casa. Lasciai cadere lo zaino stranita, di solito lo trovavo seduto sul divano e il computer sulle gambe: - Forse starà di sopra. Andiamo a vedere? -

- No, devo vedere il cartone - piagnucolò - e ho fame -

- Cerco Caleb e poi vengo a cucinare-

- Voglio il sugo di papà - rispose

- Va bene, cerco di convincerlo - mi avvicinai dandole un bacio sulla fronte e dopo salii le scale. Mia figlia preferiva la cucina del mio ragazzo alla mia.
Oggi avrebbe lavorato da casa dato che doveva controllare solo delle carte e poi sarebbe uscito per andare a fare un caffè con Garrett.
La porta della sua stanza era aperta e di Caleb nessuna traccia, era impossibile che fosse ancora in compagnia il suo amico. Era l'ora di pranzo e aveva detto che sarebbe arrivato prima di me e Julia.
Guardai il cellulare e non c'era nessuna chiamata o messaggio.
Dovevo calmarmi,  mi sarei cambiata e poi avrei provato a chiamarlo. Facile.
Aprii la porta della mia stanza e lo vidi: Caleb. Era steso a pancia in giù, indossava m un pantalone in tuta che gli arrivava al ginocchio de una canotta larga e  bianca, i capelli marroni ricadevano sugli occhi. Stringeva il cuscino e dormiva beato sembrava un bambino; sembrava Julia.

Mi sedetti sul bordo del letto posando una mano sulla sua schiena, mi avvicinai al suo orecchio: - Sveglia -
Come risposta Caleb strinse il cuscino borbottò qualcosa di incomprensibile e si giró dall'altro lato lasciando cadere il cuscino a terra.

- Caleb, è ora di pranzo - dico riprendendo a scuoterlo dalla spalla. Svegliare lui era peggio di svegliare Julia; non credevo fosse possibile, invece è così. L'ho notato nel corso del tempo, ormai dormiva nella mia stanza, la sua la usava solo per cambiarsi. Ogni mattina, sembrava una gara a chi resistesse di più, tra lui e Julia, ai miei tentativi di svegliarli.

- Forza - insistei continuando con quel gesto per più di cinque minuti finché non aveva sbuffato e messo a sedere.

- Sono sveglio - cominicò con voce assonnata, i capelli in questi mesi e sbatté più volte le palpebre, si spostò qualche ciocca e notai il suo occhio destro essere più gonfio. Spostava lo sguardo attorno alla stanza e poi scese dal letto lentamente.

Emise un gemito e si portó una mano sul fianco: - Che hai fatto? - chiedi allarmata e mi alzai posando una mano sulla sua guancia. Erano chiari segni con una rissa ma con chi? Potevo immaginarlo ma non volevo crederci.

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