10. Mettersi in mezzo

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Caleb's Pov

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Caleb's Pov

Ho sempre odiato i mezzi termini. Per me una cosa era  sempre bianca o nera, non poteva essere grigia. Il fatto che Ed fosse sparito dalla vista di Karina, non sapevo se fosse una cosa positiva o negativa. La settimana era stata un inferno. Per  cominciare: La zia di Julia era venuta tutti i giorni dopo pranzo per iniziare i preparativi per il compleanno del futuro marito a cui, ormai mancavano solo due settimane o per vedere il vestito del suo matrimonio. Farla tacere, anche solo per un secondo, era la cosa più complicata che ci potesse essere. Appena la sentivo parlare, sentivo un dolore allucinante alla testa.
Poi c'era Isabelle, che continuava a mandarmi messaggi per incontrarci, non per lavoro, a quanto sembrava, aveva iniziato a farsi film mentali su noi due, bè non c'era un "noi due".

Karina, invece, sembrava star per scoppiare, per tutta la settimana non aveva fatto altro che continuava a mangiarsi le unghie, cosa che avevo notato che faceva quando era nervosa; cercava di evitarmi, quando le parlavo se ne andava dicendo che non poteva chiacchierare perché andava di fretta. Non le credevo. Se mi avvicinavo faceva spostare Julia tra me e lei. Voleva tenere le distanze ma non capivo perché.
Qualche giorno giorno fa, a pranzo,  era stata la prima a prendere posto, poi quando ha visto che stavo per sedermi di fianco a lei, ha chiesto a Julia se volesse fare cambio, sapendo che non avrebbe rifiutato. Sembrava avessi qualche malattia e lei si allontanava per non essere contagiata.

Avevo appena finito di pranzare con mia madre, per fortuna era riuscito a rimandare la cena per dopo il compleanno del ragazzo di Lucie. Aveva accettato senza problemi, e la cosa era davvero strana. Che cavolo prendeva a tutti?
Parcheggiai l'auto un isolato dietro casa mia. Davanti ad essa era parcheggiata un'altra auto grigio metallizzato sportiva, aveva i finestrini posteriori oscurati e davanti sembrava non esserci nessuno. Dentro si poteva vedere che sullo specchietto retrovisore interno, stava attorcigliata una catenella in acciaio con un ciondolo a forma di quadrifoglio. Quella macchina mi metteva uno strano senso sulle spalle, non mi convinceva, qualcosa non quadrava.
Scrollai le spalle superandola per poi entrare in casa, forse stavo diventando paranoico. Anzi, ne ero più che certo.

Quando chiusi la porta alle mie spalle, la prima cosa che notai fu una Karina furiosa, era completamente rossa dalla rabbia. Sembrava quasi mi stesse aspettando come quando una mamma aspetta il figlio che torni a casa per prenderlo a sberle per qualcosa. Ma io, ora, cosa avevo fatto? Le sue pupille dilatate, i suoi capelli bruni in disordine e quel viso arrossato le donavano, era ancora più bella. Bisognava ammetterlo, Karina anche incavolata nera, restava stupenda.
Avanzava a passo svelto verso di me e fu un attimo quando la sua mano mi toccò fortemente la guancia. Non l'avrò mica detto ad alta voce, spero.

 Non l'avrò mica detto ad alta voce, spero

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