19. Mi odia

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Caleb's Pov

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Caleb's Pov

Usciii di casa dopo cena. Karina non mi avrebbe perdonato mai per quello che ho fatto con Emily. Sono stato un bastardo, uno stronzo. Non c'era modo di definirmi. Lo sapevo ma, quando quella sera in macchina, appena l'avevo accompagnata sotto casa dei suoi e mi aveva detto: - so che tu e Karina siete andati a letto insieme il giorno del ballo dell'ultimo anno. Sapeva quanto mi piacessi, l'hai capito anche tu, ti saró sembrava una pazza dato che ti seguivo ovunque. Lei lo sapeva e ha accettato di venire con te solo per farmi un torto - mentre parlava si tirava un po' su il vestito e si abbassava la scollatura.
Ero rimasto sconcertato, Karina aveva detto che lei non ne sapeva nulla.
- La gente parla e vedere la dolce James con te non sarebbe mai passato in osservato - ribadì accavallando le gambe - non ho mai aperto l'argomento perché avrei voluto che me lo dicesse lei di sua spontanea volontà. Ma non accadrà mai.

-Perché me lo stai dicendo? –

- Ho visto come l'hai difesa. Non farti strane idee, lei ti ha usato, sapeva dei miei sentimenti nei tuoi confronti e quel giorno dato che l'avevo avvisata all'ultimo momento avrà pensato chissà cosa - la osservai mentre si avvicinò mentre si mordeva il labbro inferiore. Qualche attimo dopo la sua mano era sul mio petto fino a scendere verso i pantaloni sbottonandoli, mi baciò il collo salendo fino al mio lobo che morse: - Io non ti userei mai-. Fu un attimo e le mie labbra erano contro le sue, in quel bacio non c'era passione o altro di romantico. C'era rabbia. Karina mi aveva usato e non mi piaceva.
Nessuno usava Caleb Smith.
Vedevo tutto nero, pensavo solo a quella sera di quattro anni fa, Karina che urlava il mio nome mentre le sue unghie erano conficcate nella mia schiena. Dopo, però, il ricordo si modificava e la immaginavo solo un sorriso trionfante per avermi incastrato.

Il rimbombo del temporale, mi fece irrigidire mentre cercavo di dimenticarmi di quella orribile serata e mi voltai facendo la strada opposta. Non avevo fatto molti passi perciò rincasai subito. Era un bene non aver fatto tanta strada anche se stavo camminando a zonzo. C'era  quel tempo non volevo stare all'aria aperta, altrimenti, uscivo di senno. I fulmini mi mettevano ansia, mi facevano stare male e quando succedeva di notte, non dormivo. Non tolleravo la vista del cielo diventare bianco per un secondo prima del suono della tempesta. Non cadeva neanche una goccia, c'erano solo quel dannato rumore che mi fischiava nelle orecchie.

Quando mi chiusi la porta alle mie spalle, avevo la maglia bianca un po' sudata, come al solito. Era stato tremendo fare il tragitto verso casa, a ogni rumore mi fermavo e grugnivo mentre sentivo il battito del mio cuore aumentare e il fiato mi mancava mentre la mia pelle sembrava essere diventata calda come un termosifone .
Andai dritto in cucina. Avevo bisogno d'acqua.
Aprii il frigo e quando afferrai la bottiglietta, notai Karina avvicinarsi e prendere dal mobile accanto al forno un pentolino, mise dell'acqua e iniziò a farla bollire: - Che stai facendo? – la osservai, indossava una canotta e dei pantaloncini che mostravano quelle gambe sottili e perfette. Ormai, i segni di Ed erano svaniti dato che lui non voleva vederla (avevo origliato le loro conversazioni) ma, sapevo che sarebbero tornati nel giro di una settimana e io non ero ancora riuscito a trovare un modo per eliminare quel coglione dalla sua vita. I capelli marrone chiaro erano sciolti e in questi mesi avevo notato quanto le fossero cresciuti, infatti ora le arrivavano fino ai fianchi. Li teneva molto spesso davanti al viso non mostrando quei bellissimi occhi azzurri.

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