Capitolo 2

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Jocelyn's pov

"Sei mai stata in un posto simile?" Domanda Denise, continuando a guardare la strada davanti a noi.

"No, e sono curiosa di vedere con i miei occhi i centauri che girano ubriachi." Ribatto sorridendo per la mia ironia. "E tu? Ci sei andata senza di me?" Aggiungo girandomi nella sua direzione.

"I-io, bè s-sì quando..."

"Quando io facevo l'eremita in casa a piangermi addosso? Hai fatto bene Denny, non ho intenzione di giudicarti." La rassicuro, stringendomi le braccia al petto per placare il senso di disagio al ricordo di com'ero fino a qualche mese fa.

"S-scusami." Mi guarda per un attimo, sorridendomi di rimando quando capisce che la colpa non è sua, e neanche mia.
La colpa è del destino che mi ha strappato via un pezzo di vita che non tornerà più.
Mi lascio distrarre dal colore della notte attraverso il finestrino, rimanendo in silenzio per il resto del tragitto.
Con gli OneRepublic in sottofondo ci lasciamo cullare fino a destinazione.

“Siamo arrivate.” Esclama girando la macchina verso un parcheggio abusivo, dove l’unica luce che illumina la strada sono i fari delle altre auto.
Apro la portiera e subito la musica scoppia attraverso i miei timpani, sentendo il petto vibrare per quanto è forte.
Guardo la mia amica stranita, continuando a camminare.

"La discoteca è in uno di questi capannoni." Indica con il dito un punto impreciso a fianco a noi.

“Se riesco a sentirla da qui, non voglio immaginare lì dentro.” Ribatto corrugando la fronte, riferendomi alla musica.
Mi guardo intorno, ignorando la risposta di Denise.
Ci sono un sacco di ragazzi della zona, tutti attorno a un bar formato da due tavoli di legno, pieni di bottiglie di alcool.
Un'altra buona parte è spostata di pochi metri, divisi da una transenna dove dall’altro capo ci sono due motociclisti già fermi davanti alla linea di partenza, pronti per gareggiare con le loro moto.
Uno di loro ha la visiera del casco leggermente alzata che mi permette di poter veder gli occhi, uno sguardo di ghiaccio che fa a pugni con il nero opaco delle protezioni.
Le braccia sono scoperte e completamente ricoperte di tatuaggi, il collo anche, e mi sorprendo a immaginare altre parti del corpo macchiate d'inchiostro.
La curiosità fa a pugni con la ragione, e rimango immobilizzata in attesa di guardare per la prima volta una gara.
Mi avvicino cauta, mettendomi in prima fila seguita dalla mia amica.

"Quello a sinistra è uno dei campioni, scommettono tutti su di lui!" Denise interrompe i miei pensieri, indicando con il mento lo stesso ragazzo che ho notato poco fa.

"Sai come si chiama?" Domando curiosa, dando subito nell'occhio alla mia amica.
"Caleb, il cognome non l'ho sentito. Perché?" Domanda confusa, guardandomi da sotto le ciglia.

"C-così, pura curiosità." Ribatto evasivamente, distogliendo lo sguardo in un'altra direzione.
Il presentatore non fa in tempo a dare il via, che sentiamo le sirene della polizia farsi sempre più vicine, e in un attimo tutta la folla si sposta in direzioni diverse, me compresa.
Le luci blu saettano contro i muri, incitandomi a scappare più veloce che posso, perdendo la mia migliore amica, e con il cuore in gola.
Le gambe tremano, e gli occhi scrutano con agitazione uno dei tanti capannoni che trovo alle mie spalle.
Con il fiato sempre più corto, imbocco delle scale troppo buie, aprendo la porta di un misero stanzino, chiudendola alle mie spalle prima di sospirare.
Appoggio una mano contro la parete fredda di cemento per riprendere il respiro rotto a metà.
Cerco di fare meno rumore possibile, ho il terrore che un agente possa passare di qui, anche se mi sento abbastanza al sicuro.

"Allora non sono l'unico che conosce questo posto." Una voce prorompente fa eco dentro la stanza, spaventandomi a morte.
Potevo aspettarmi qualsiasi cosa dopo l'improvvisata di stasera, ma non di ritrovarmi con qualcuno.
E ora come dovrei comportarmi? Non so minimamente chi ho di fronte, e se continuo di questo passo, finisco per diventare una preda facile, non posso farmi vedere debole.
Mi volto appena, riconoscendo quello sguardo intimidatorio di poco fa.
Caleb, il ragazzo della gara.
Questo mi dà subito un senso di leggerezza, anche se non devo abbassare la guardia neanche un minuto.
I suoi occhi sono incollati nei miei, non si limita a guardarmi il seno che s’intravede dalla scollatura, non abbassa lo sguardo.
È come se stesse cercando di guardarmi dentro, di capire qualcosa a me sconosciuto.
L'unica cosa che posso a fare, è quella di tenergli testa, non di sembrare la ragazza timida che in realtà trema dalla paura.

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