Capitolo 27

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Caleb's Pov

Rimango immobile, anche se dentro di me sto scappando, lontano da qui. 
Lascio viaggiare la mia mente, perché se mi concentrassi sulla realtà, so per certo che impazzirei.
E ti vedo correre via da me, come se fossi un mostro, quello che ti ha appena distrutto.
Sono dietro di te, ti sto urlando che niente è perduto, che siamo ancora uniti, tu ed io, contro tutti.
Sei troppo distante.
Riesci a sentirmi? Perché se è così, fermati. 
Provo a raggiungerti ma non ci riesco.
Non andartene Jocelyn, ho sbagliato, non avrei mai pensato di trovarti a Boston.
Ora devo rimediare, e al più presto, mi aspetterai ancora?
Dimmi di sì, perché come potrei vivere pensando di aver perso la nostra seconda occasione?
Sento la mia mano stretta attorno a quella di Diana, e in un attimo torno dentro il mio incubo.

"Che cosa voleva quella ragazza Caleb? Come ha fatto a trovarti?" Domanda il signor Jhonson.
Mio padre mi guarda in modo confuso, lui sa perfettamente chi è, eppure lascia che sia io a rispondere, forse perché ha capito che è tutta una finzione, ma vuole comunque continuare il gioco.

"È la mia ragazza, non so come abbia fatto a sapere dove abito." Sussurro controllato, cercando di non far trasparire il mio disagio nel pronunciare queste parole.

"Non sono affari nostri allora, l'importante è che abbiamo ufficializzato il vostro fidanzamento, a breve diventerai la signora Cooper, sei felice tesoro?" Domanda soddisfatta rivolgendosi a sua figlia.

"Certo papà, è il giorno più bello della mia vita." Sussurra Diana, guardandomi dolcemente, come se credesse davvero a tutta questa situazione.
È ancora innamorata di me, lo capisco dal suo sguardo speranzoso, ma non posso promettergli di tornare ad amarla.

"Che ne dici di andare un attimo di sopra? Vorrei parlarti in privato piccola, sempre se i nostri genitori sono d'accordo." Ribatto sorridente.

Con il consenso d'entrambi, la prendo per mano e la porto in camera mia, con l'intento di trovare una soluzione.
Spalanco la porta con un calcio, non curandomi che possano sentirmi al piano di sotto.
Sento il fuoco tramontare dentro di me, non riesco a spegnerlo, cresce sempre di più, bruciando tutti i miei sentimenti.

"Cazzo, non è vero, cazzo!" Mi agito in preda al panico.

"Calmati, risolveremo tutto. Ora con una scusa usciamo da qui e andiamo a cercarla." Cerca di rassicurarmi Diana, ma invano.

"Credi che sia ancora qui? Sarà già in macchina per tornare indietro." Ribatto deluso, con il cuore che batte fortissimo.
Provo a chiamarla al cellulare, anche se mi rendo conto che avrei dovuto farlo prima.
A quest'ora non sarebbe successo niente, o almeno la rendevo partecipe del mio piano.

"Preferisci non provarci nemmeno? Ti arrendi già all'evidenza?" Domanda.

"E se fosse tutto perduto? Forse è giusto che si rifaccia una vita, senza di me. Magari un giorno accetterò di appartenere a questa famiglia, insieme a te." Sussurro poco convinto, non so neanch'io perché sto dicendo queste cose.
Si avvicina a me, mettendosi seduta a gambe incrociate al mio fianco.

"È quello che ho cercato di farti capire quando sei tornato, ma per quanto io lo voglia, non è possibile, perché ami davvero molto quella ragazza, e nessuno dovrebbe perdere la persona che si ama, bisogna combattere." Sussurra diretta, con un velo di tristezza nella voce.

"Mi riesce difficile parlare in questo modo con te, dopo tutto questo tempo passato a odiarti." Le sputo in faccia la verità, notando i suoi lineamenti diventare più sereni.

"Vai Caleb, dirò a mio padre che hai avuto un'emergenza in città, non farà domande." 
Annuisco, prima di scendere a falciate le scale.
Arrivo davanti alla porta d'entrata, e senza guardarmi indietro la apro, e in un attimo mi ritrovo in giardino.

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