La nascita di un morto

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CITTÀ DI CENERE - cap.10 "Un bel posticino appartato"

Un suono attraversò la radura, un suono diverso da tutti quelli che Clary mai aveva sentito fino ad allora... una specie di ritmo martellante che veniva dal profondo della terra, come se a un tratto il battito cardiaco del mondo fosse diventato udibile.
Che succede? pensò. Dopodiché il terreno si gonfiò e si sollevò sotto di lei. Cadde in ginocchio. La tomba ondeggiava come la superficie di un mare mosso. Sulla sua superficie comparvero delle increspature. All'improvviso si spalancò, facendo volare zolle di terra. Ne sorse una montagnola simile a un formicaio. In mezzo c'era una mano, le dita aperte, che artigliava la terra.
«Simon!» Clary cercò di lanciarsi in avanti, ma Raphael la tirò indietro.
«Lasciami andare!» Clary cercò di divincolarsi, ma Raphael aveva una stretta d'acciaio. «Non vedi che ha bisogno di aiuto?»
«Dovrebbe farlo da solo» disse il vampiro senza allentare la presa. «È meglio in questo modo.»
«È il tuo modo! Non il mio!» Clary si liberò dalla morsa e corse verso la tomba appena scavata proprio mentre essa si sollevava verso l'alto, scagliandola a terra. Una forma ingobbita cercava di uscirne, le dita come artigli sudici conficcati in profondità nel suolo. Le sue braccia nude erano coperte di nere strisce di terra e di sangue. Si liberò con uno strappo dalla tomba che lo risucchiava, strisciò per un paio di metri e crollò al suolo.
«Simon» sussurrò Clary. Perché naturalmente era Simon, Simon, non un cadavere. Si alzò a fatica e corse verso di lui, con le scarpe da ginnastica che affondavano nella terra smossa.
«Clary!» gridò Jace. «Cosa stai facendo?» 
Clary inciampò, la gamba le sprofondò nella terra e le si storse la caviglia. Cadde in ginocchio accanto a Simon, che giaceva immobile come se fosse davvero morto. Aveva i capelli sporchi e aggrovigliati, pieni di grumi di terra, la maglietta strappata sul fianco lasciava intravedere la pelle sporca di sangue. «Simon» disse, e allungò la mano verso la sua spalla. «Simon, stai...»
Il corpo del ragazzo si tese sotto le sue dita, ogni muscolo si irrigidì, la pelle dura come il ferro.
«... bene?» terminò.
Simon girò la testa e Clary vide i suoi occhi. Erano inespressivi, senza vita. Con un grido acuto rotolò e le saltò addosso, rapido come un serpente che attacca. La travolse e la sbatté con la schiena a terra. «Simon!» gridò lei, ma lui non sembrò sentirla. Aveva il viso contorto, irriconoscibile, mentre incombeva su di lei, le labbra ritratte, e Clary vide i canini acuminati, le zanne, scintillare alla luce della luna come bianchi chiodi d'osso. In preda a un improvviso terrore gli sferrò un calcio, ma Simon la agguantò per le spalle e la spinse di nuovo giù. Aveva le mani insanguinate, le unghie spezzate, ma era incredibilmente forte, perfino più forte dei suoi muscoli da Cacciatrice. Quando si piegò su di lei, le ossa delle spalle di Clary stridettero dolorosamente...
Poi qualcuno lo tirò e lo scagliò via come se non pesasse più di un sassolino. Clary balzò in piedi senza fiato e incrociò lo sguardo torvo di Raphael. «Te l'avevo detto di stargli lontana» disse lui, e si girò per inginocchiarsi accanto a Simon, che era atterrato poco distante e stava raggomitolato a terra, contorcendosi.
Clary risucchiò l'aria. Sembrò un singhiozzo. «Non mi riconosce.» 
«Ti riconosce. Ma non gliene importa niente.» Raphael guardò Jace al di sopra della spalla. «Sta morendo di fame. Ha bisogno di sangue.»
Jace, che era rimasto pallido e immobile sull'orlo della tomba, avanzò e porse il sacchetto di plastica in silenzio, come un'offerta. Raphael l'afferrò e lo strappò. Ne cadde fuori un certo numero di involucri trasparenti pieni di liquido rosso. Ne afferrò uno borbottando e lo lacerò con le unghie acuminate, schizzandosi di sangue la camicia bianca sporca di terra.
Come avvertendo l'odore del sangue, Simon si raddrizzò ed emise un lamento pietoso. Si contorceva ancora; le mani dalle unghie spezzate erano conficcate a terra e gli occhi rovesciati lasciavano vedere il bianco. Raphael allungò l'involucro pieno di sangue, lasciando cadere qualche goccia di liquido scarlatto sul viso di Simon e rigandogli di rosso la pelle bianca. «Ecco» disse, come cantilenando. «Bevi, piccolo uccellino. Bevi.» 
E Simon, che era vegetariano da quando aveva dieci anni, che non beveva latte che non fosse biologico, che sveniva alla vista degli aghi... Simon afferrò il sacchetto dalla mano bruna di Raphael e lo strappò coi denti. Ingoiò il liquido in poche sorsate e gettò via l'involucro con un altro lamento; Raphael, che era pronto con il secondo, glielo ficcò in mano. «Non bere troppo velocemente» lo avvertì. «Ti sentirai male.» Simon, naturalmente, lo ignorò; era riuscito ad aprire il secondo sacchetto senza bisogno di aiuto e ne inghiottiva avidamente il contenuto. Il sangue gli scorreva dagli angoli della bocca, lungo la gola, spruzzandogli le mani di grosse gocce vermiglie. Aveva gli occhi chiusi.
Raphael si girò a guardare Clary, che si sentiva fissata anche da Jace e dagli altri, tutti con identiche espressioni di orrore e disgusto. «La prossima volta che si nutrirà» disse calmo Raphael «non sarà così pasticcione.»

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