Qualcosa in comunque

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CITTÀ DI VETRO - cap.1 "Il portale"

Vide subito Magnus, appoggiato a un muscoso muretto di pietra. Era difficile non vedere Magnus: aveva una maglietta bianca decorata a schizzi di colore e pantaloni arcobaleno di pelle. Risaltava come un'orchidea di serra fra gli Shadowhunters tutti in nero: Alec, pallido e visibilmente a disagio, Isabelle, coi lunghi capelli neri raccolti in trecce fissate da nastrini argentati, e, accanto a lei, un ragazzino che doveva essere Max, il fratello più piccolo. Poco lontano c'era la loro madre, Maryse, una versione poco più alta e più ossuta della figlia, con gli stessi capelli neri. Con lei c'era una donna che Simon non conosceva. In un primo momento pensò che fosse una vecchia, perché aveva i capelli quasi bianchi, ma quando si voltò a parlare con Maryse vide che, probabilmente, non arrivava ai quarant'anni.
E poi c'era Jace, un po' in disparte, come se non facesse parte del gruppo. Era in tenuta nera da Cacciatore, come gli altri. Quando Simon si vestiva di nero, sembrava pronto per un funerale. Jace, invece, sembrava più duro, più pericoloso. E più biondo. Simon sentì subito la tensione accumularsi nelle spalle e si domandò se mai qualcosa - il tempo o l'oblio - avrebbe potuto diluire il risentimento che nutriva nei suoi confronti e che avrebbe preferito non provare. Ma quel rancore c'era: un macigno che gli pesava sul cuore che non batteva più.
C'era qualcosa di strano, in quel gruppo di persone. Proprio allora Jace si voltò verso di lui, come se avesse percepito la sua presenza. Anche a quella distanza, Simon vide la sottile cicatrice bianca sulla sua gola, sopra il colletto. Il risentimento sfumò in qualcosa di diverso. Jace gli fece un lieve cenno con il capo. «Torno subito» disse a Maryse con un tono di voce che Simon non avrebbe mai usato con sua madre, da adulto ad adulto.
Maryse acconsentì con un gesto distratto. «Non capisco perché ci voglia tanto tempo » stava dicendo a Magnus. «È normale?»
«Quello che non è normale è lo sconto che vi sto facendo.» Magnus batté il tacco dello stivale contro il muro.«Di solito mi faccio pagare il doppio.»
«È solo un portale temporaneo. Deve portarci solo fino a Idris. Poi dovrai richiuderlo. I patti sono questi.» Si rivolse alla donna al suo fianco. «Tu resterai qui a controllare che lo faccia, Madeleine
Madeleine. Allora era lei, l'amica di Jocelyn. Ma non c'era tempo di stare a guardare. Jace l'aveva preso per un braccio e lo stava trascinando dietro l'angolo della chiesa, dove gli altri non potevano vederli. Lì le erbacce erano ancor più alte e rigogliose e il sentiero era invaso dai rovi. Jace lo spinse dietro una grande quercia e finalmente mollò la presa, lanciando intorno occhiate sospettose, come a controllare che nessuno li avesse seguiti. «Okay, qui possiamo parlare.»
Sicuramente era un angolo tranquillo: il rumore del traffico della York Avenue era attutito dalla mole dell'Istituto. «Sei tu che mi hai chiesto di venire» precisò Simon. «Ho trovato il tuo messaggio sotto la finestra, stamattina, quando mi sono svegliato. Ma tu non usi mai il telefono come la gente normale?»
«Non se posso evitarlo, vampiro» rispose Jace. Studiava con aria assorta il volto di Simon, come se stesse leggendo le pagine di un libro. La sua espressione racchiudeva due emozioni contrastanti: un lieve stupore e quello che a Simon sembrò disappunto. «Allora è vero, tu puoi stare alla luce del sole. Nemmeno a mezzogiorno ti scotti la pelle.»
«Esatto » disse Simon. «Del resto lo sapevi, no? C'eri anche tu. » Non ci fu bisogno di precisare dove: lesse nel viso di Jace il ricordo del fiume, il pianale del pick-up, il sole che sorgeva sull'acqua, Clary che gridava. Un ricordo nitido e preciso, come per Simon.
«Pensavo che fosse una cosa temporanea» disse Jace senza convinzione.
«Se sento che sto per andare a fuoco, ti avverto.» Simon non aveva mai molta pazienza con Jace.
«Senti, mi hai chiesto di venire fin qui solo per osservarmi come un microbo su un vetrino da laboratorio? La prossima volta ti mando una foto.»
«E io la metto in cornice e me la tengo sul comodino» replicò Jace, ma il suo sarcasmo non veniva dal cuore. «Ti ho fatto venire qui per una ragione. Anche se mi scoccia doverlo ammettere, vampiro, noi due abbiamo qualcosa in comune.»
«Capelli strabilianti?» suggerì Simon, ma anche lui non ci stava mettendo il cuore. Qualcosa nell'espressione di Jace lo stava mettendo a disagio.
«Clary» rispose Jace.
Simon fu colto alla sprovvista. «Clary?»
«Clary » ripetè Jace. «Hai presente? Piccolina, rossa, brutto carattere.»
«Non capisco come Clary possa essere qualcosa che abbiamo in comune» replicò Simon, pur capendolo benissimo. Non era una conversazione che desiderava fare con Jace, né ora né mai. Non c'era forse un codice virile non scritto che impediva discussioni del genere? Discussioni sui sentimenti?

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