CITTÀ DI VETRO - cap. 12 "De profundis"
Le labbra di Sebastian si arricciarono. «Credi che non sappia chi era?» Indicò Hodge. «Starkweather era nel Circolo. Ha tradito il Conclave e per questo è stato maledetto. Doveva morire per quello che ha fatto, ma il Conclave è stato clemente. E a cosa è servito? Ci ha traditi di nuovo, vendendo la Coppa Mortale a Valentine per essere liberato dalla sua maledizione. Una maledizione che meritava.» Si fermò, col fiato grosso. «Io non avrei dovuto farlo, ma voi non potete dire che non se lo meritava.»
«Come fai a sapere tante cose di Hodge?» gli chiese Clary. «E che cosa ci fai qui? Avevi detto che saresti rimasto nella Sala degli Accordi.»
Sebastian esitò. «Ci stavate mettendo troppo tempo» disse alla fine. «Ero preoccupato. Ho pensato che forse avevate bisogno del mio aiuto.»
«E così hai deciso di aiutarci uccidendo la persona con cui stavamo parlando?» sbottò Clary. «Solo perché pensavi che avesse un passato poco limpido... Chi... Chi farebbe mai una cosa del genere? Non ha nessun senso.»
«Non ha senso perché sta mentendo» intervenne Jace. Scrutava Sebastian con uno sguardo freddo e critico. «E anche piuttosto male. Credevo che sapessi cavartela meglio, Verlac.»
Sebastian sostenne il suo sguardo. «Non capisco che cosa vuoi dire, Morgenstern.»
«Vuole dire» intervenne Alec, facendo un passo avanti «che se davvero ritieni che quello che hai fatto sia giustificato, non avrai problemi a venire con noi alla Sala degli Accordi per spiegare le tue ragioni davanti al Consiglio. Giusto?»
Ci fu un attimo di esitazione, poi Sebastian fece un sorriso. Quello stesso sorriso che aveva tanto affascinato Clary: ma ora c'era qualcosa di vagamente stonato, come un quadro appeso un po' storto. «Certo.» Sebastian si avvicinò lentamente, quasi passeggiando, come se non avesse alcuna preoccupazione al mondo. Come se non avesse appena commesso un omicidio. «Certo» ripetè.«È strano che vi turbi tanto il fatto che io ho ucciso un uomo, quando Jace aveva intenzione di tagliargli le dita a una a una.»
Alec strinse le labbra. «Non l'avrebbe mai fatto.» «Tu...» Jace guardò Sebastian con disgusto. «Tu non hai idea di quello che stai dicendo.»
«O forse» aggiunse Sebastian «forse in realtà sei solo arrabbiato perché ho baciato tua sorella. Perché lei mi desiderava.»
«Non è vero!» esclamò Clary, ma nessuno dei due la stava guardando. «Non è vero che ti desideravo.»
«Ha questo vezzo, lo sai, no? Questo suo modo di trasalire quando la baci, come se fosse sorpresa.» Sebastian era fermo davanti a Jace e sorrideva come un angelo. «È una cosa molto tenera, l'avrai notato anche tu.»
Jace sembrava sul punto di vomitare. «Mia sorella...»
«Tua sorella» ripetè Sebastian. «È tua sorella? Ah, sì, perché voi due non vi comportate affatto da fratelli. Credete che gli altri non si accorgano di come vi guardate? Credete di riuscire a nascondere i vostri sentimenti? Credete che gli altri non la giudichino una cosa disgustosa e innaturale? Perché invece è proprio così.»
«Adesso basta.» Jace aveva uno sguardo assassino.
«Perché fai così?» intervenne Clary. «Sebastian, perché dici queste cose?»
«Perché finalmente posso dirle» rispose Sebastian. «Tu non hai idea di come sia stato, restare con voi in questi giorni, fingere di non trovarvi insopportabili, che la sola vista di voi due non mi desse il voltastomaco.» «Tu» disse rivolto a Jace «ogni secondo che non passi a sbavare dietro a tua sorella, non fai che lamentarti perché tuo padre non ti voleva bene. Be', come dargli torto? E tu, stupida cagna» disse a Clary «hai regalato un libro dal valore incalcolabile a uno stregone bastardo. Ce l'hai almeno un neurone in quella testa? E tu...» L'ultimo attacco di Sebastian era per Alec. «Credo che tutti sappiamo qual è il tuo problema. Non dovrebbero far entrare nel Conclave quelli come te. Mi fai schifo.»
Alec impallidì, ma sembrava più allibito che altro. Clary non poteva dargli torto: era difficile guardare Sebastian, il suo sorriso angelico, e immaginare che potesse dire cose del genere. «Fingere di sopportarci?» ripetè Clary. «Perché avresti dovuto? A meno che tu... A meno che tu non ci stessi spiando!» concluse, scoprendo la verità nel momento stesso in cui la pronunciava. «A meno che tu non fossi una spia di Valentine.»
Il bel viso di Sebastian si distorse, le labbra carnose si strinsero, gli occhi dal taglio allungato ed elegante diventarono due fessure. «Finalmente ci siamo arrivati!» esclamò. «Sul serio, ci sono nell'universo dimensioni demoniache immerse nel buio più assoluto che sono meno ottuse di voi.»
«Forse non saremo così brillanti» osservò Jace «ma almeno siamo vivi.»
Sebastian lo guardò con disgusto. «Io sono vivo» precisò.
«Non per molto» replicò Jace
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