Un pericoloso criminale

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CITTÀ DI CENERE - cap.15 "Il morso del serpente"

Jace era steso sulla schiena e fissava il soffitto. Ora si mise a sedere e fece correre lo sguardo nel locale. Al di là della cortina di pioggia lucente scorse una sagoma scura. Dev'essere l'Inquisitrice, pensò. Tornata a farsi ancora beffe di lui. Si tenne forte... poi, con un sussulto, vide i capelli scuri e il volto familiare.
Forse, dopotutto, c'era ancora qualcosa di cui si curava. «Alec?»
«Sono io.» Alec si inginocchiò dall'altro lato della parete scintillante.
Era come guardare qualcuno attraverso l'acqua limpida increspata dalla corrente. Adesso Jace lo vedeva chiaramente, ma di tanto in tanto i suoi tratti sembravano ondeggiare e dissolversi, mentre la pioggia luminosa scintillava tremolando.
Bastava a far venire il mal di mare, pensò Jace.
«Che cos'è questa roba, in nome dell'Angelo?» Alec allungò una mano verso la parete.
«Fermo.» Jace tese la mano, poi la ritirò in fretta prima di sfiorare la parete. «Potrebbe darti una bella scossa, e anche ucciderti, se proverai ad attraversarla.»
Alec ritrasse la mano con un fischio sommesso. «L'Inquisitrice fa sul serio.»
«Eh, già. Sono o non sono un pericoloso criminale? Come, non lo sapevi?» Jace sentì il tono acido della propria voce e, mentre Alec indietreggiava, per un istante fu invaso da una gioia meschina.
«Non ti ha chiamato esattamente "criminale"...»
«No, sono solo un ragazzo mooolto cattivo. Combino ogni tipo di carognate. Prendo a calci i gattini. Faccio gestacci volgari alle suore.»
«Non scherzare, questa è una faccenda seria.» Gli occhi di Alec erano cupi. «Che cosa diavolo pensavi di fare, andando da Valentine? Voglio dire, sul serio, che cosa ti passava per la testa?»
A Jace venne in mente un'infinità di battute pungenti, ma scoprì di non volerne fare neanche una. Era troppo stanco. «È mio padre, in fondo.»
Alec sembrò contare fino a dieci per conservare la calma. «Jace...»
«E se fosse stato il tuo, di padre? Che cosa avresti fatto?»
«Il mio? Mio padre non farebbe mai le cose che Valentine...»
Jace alzò la testa di scatto. «Ma tuo padre le ha fatte! Era nel Circolo con il mio! E anche tua madre! I nostri genitori erano uguali. L'unica differenza è che i tuoi sono stati catturati e puniti, il mio no!»
Il viso di Alec si irrigidì, ma si limitò a dire: «L'unica differenza?»
Jace abbassò lo sguardo. Le manette ardenti non erano fatte per essere tenute così a lungo. Sotto, la pelle era punteggiata di gocce di sangue.
«Volevo solo dire» continuò Alec «che non capisco come tu potessi aver voglia di vederlo, non tanto dopo quello che ha fatto in generale, ma dopo quello che ha fatto a te
Jace rimase in silenzio.
«Tutti quegli anni» disse Alec. «Ti ha lasciato credere che fosse morto. Forse tu non ricordi com'erano le cose, quando avevi dieci anni, ma io sì. Nessuna persona che ti ama può fare... una cosa simile.»
Sottili rivoli di sangue scorrevano sulle mani di Jace come uno spago rosso che si dipanava. «Valentine mi ha detto» disse con calma «che se lo appoggiavo contro il Conclave, se lo facevo, si sarebbe assicurato che non venisse fatto del male a nessuno a cui tenevo. Né a te, né a Isabelle, né a Max. E neppure ai tuoi genitori. Ha detto...»
«Non sarebbe stato fatto del male a nessuno?» gli fece eco Alec in tono derisorio. «Vuoi dire che non gli avrebbe fatto del male personalmente. Bello.»

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