La forza di una madre

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CITTÀ DI CENERE - cap.17 "a oriente dell'Eden"

Alec si girò. Dietro di lui, lo sguardo torvo, cupo, c'era Robert Lightwood.
Alec fissò suo padre. Erano passati anni dall'ultima volta che l'aveva visto in tenuta da caccia; il suo tempo era stato assorbito dalle mansioni amministrative, dalla gestione del Conclave e ai problemi con i Nascosti. Nel vederlo in quei pesanti abiti corazzati scuri, lo spadone fissato sulla schiena da cinghie, Alec si ricordò vagamente di quando era bambino, di quando suo padre era l'uomo più grande, più forte e più terribile che potesse immaginare. Ed era ancora terribile. Non lo vedeva da quando si era messo in quella situazione imbarazzante, a casa di Luke. Ora cercò di incrociare il suo sguardo, ma Robert fissava Maryse.
«Il Conclave è pronto» disse. «Le barche aspettano al dock.»
L'Inquisitrice si portò nervosamente le mani al viso. «È inutile. Non siamo abbastanza... non potremo mai...»
Malik la ignorò. Invece guardò Maryse. «Dobbiamo sbrigarci» disse, e nel suo tono c'era un rispetto che non c'era quando si era rivolto a Imogen.
«Ma il Conclave...» cominciò l'Inquisitrice «dovrebbe essere informato.»
Maryse spinse il telefono sulla scrivania verso di lei, con forza. «Diglielo tu. Di' loro che cosa hai fatto. È compito tuo, adesso.»
L'Inquisitrice non replicò, si limitò a fissare il telefono portandosi una mano alla bocca.
Prima che Alec potesse cominciare a sentirsi dispiaciuto per lei, la porta si riaprì ed entrò Isabelle in tenuta da Cacciatrice, la lunga frusta color oro e argento in una mano e un naginata dalla lama di legno nell'altra. Guardò il fratello con aria accigliata. «Vai a prepararti. Salpiamo subito alla volta della nave di Valentine.»
Alec non poté trattenersi: l'angolo della bocca gli si curvò verso l'alto. Isabelle era talmente determinata. «È per me?» chiese Alec, indicando il naginata.
Isabelle allontanò bruscamente l'arma. «Va' a prendere il tuo!»
Certe cose non cambiano mai. Alec si diresse verso la porta, ma fu fermato da una mano sulla spalla. Alzò lo sguardo, sorpreso.
Era suo padre. Guardava Alec dall'alto e, sebbene non sorridesse, aveva un'espressione orgogliosa sul viso segnato, stanco. «Se ti serve una spada, Alexander, la mia guisarma è nell'ingresso. Mi farebbe piacere che la usassi.»
Alec deglutì e fece sì con la testa, ma prima di poter ringraziare suo padre, sentì Isabelle dire dietro di lui:
«Tieni, mamma.» Si girò e vide la sorella che porgeva il naginata alla madre, che lo prese e lo roteò con destrezza.
«Grazie, Isabelle» fece Maryse, e con un movimento veloce come quelli della figlia abbassò la lama in modo da puntarla direttamente al cuore dell'Inquisitrice.
Imogen Herondale guardò Maryse con gli occhi inespressivi e distrutti di una statua in rovina. «Hai intenzione di uccidermi, Maryse?»
Maryse sibilò attraverso i denti. «Non ci penso nemmeno. Abbiamo bisogno di tutti i Cacciatori in città, e subito, perciò anche di te. Alzati, Imogen, e preparati alla battaglia. D'ora in poi, gli ordini qui li darò io.» Fece un sorriso sardonico. «E la prima che cosa che farai sarà liberare mio figlio da quella maledetta Configurazione Malachi.»
È magnifica, pensò Alec con orgoglio, sentendola parlare così, una vera guerriera Shadowhunter, ardente di giusta furia in ogni sua fibra.

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