Le rivelazioni di Itzy

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CITTÀ DI VETRO - cap.19 "Jace e Jonathan"

L'oscurità invase il campo visivo di Jace, come un barattolo di colore rovesciato su una fotografia che ne cancella le immagini. All'improvviso non ci fu più dolore. Jace non sentiva più niente, nemmeno il peso di Sebastian sopra di sé. Era come galleggiare. La faccia di Sebastian scivolò su di lui, bianca contro il buio, il pugnale in mano, sollevato. Qualcosa di dorato luccicò al polso di Sebastian, come un braccialetto. Ma non era un braccialetto, perché si muoveva. Sebastian si guardò la mano, sorpreso, allentò la presa e il pugnale gli cadde sulla terra fangosa con un piccolo tonfo. Poi anche la mano, staccata dal polso, cadde a terra accanto ad esso.
Jace fissò meravigliato la mano tagliata di Sebastian che rimbalzava e si fermava contro un paio di alti stivali neri. Gli stivali avvolgevano un paio di gambe eleganti, che salivano a un busto esile e a un volto ben noto, circondato da una cascata di capelli neri. Jace sollevò lo sguardo e vide Isabelle, la frusta grondante sangue, gli occhi inchiodati su Sebastian, che fissava il moncherino a bocca aperta, incredulo.
Isabelle fece un sorriso cupo. «Questo era per Max, bastardo.»
«Carogna!» sibilò Sebastian. Balzò in piedi nel momento stesso in cui la frusta di Isabelle calò su di lui con fulminea rapidità. Sebastian si tuffò di lato e sparì. Ci fu un fruscio: doveva essersi dileguato tra gli alberi, pensò Jace, ma gli faceva troppo male girare la testa per guardare.
«Jace!» Isabelle si inginocchiò sopra di lui, con lo stilo nella mano sinistra. I suoi occhi brillavano di lacrime: doveva essere piuttosto malconcio, pensò Jace, per far piangere Isabelle.
«Isabelle» cercò di dire. Voleva dirle di andarsene, di scappare, perché, per quanto fosse spettacolare e coraggiosa e piena di talento - e lei era tutte queste cose - non poteva competere con Sebastian. Non c'era da sperare che si facesse fermare da una inezia come una mano tagliata. Ma tutto quello che uscì dalla bocca di Jace fu una sorta di gorgoglio.
«Non parlare.» Sentì la punta dello stilo bruciare sulla pelle del petto. «Te la caverai.»
Isabelle gli fece un sorriso tremulo. «Ti starai chiedendo che diavolo ci faccio qui» gli disse. «Non so quanto sai già, non so che cosa ti abbia rivelato Sebastian, ma tu non sei figlio di Valentine.»
L'iratze era quasi finito: Jace già sentiva il dolore affievolirsi. Annuì appena, cercando di dirle: «Lo so.» «Comunque, non avevo intenzione di venirti a cercare, dopo che sei scappato, perché nel tuo biglietto avevi scritto di non farlo, e questo l'avevo capito. Ma non potevo lasciarti morire convinto di avere dentro di te sangue di demone, né senza dirti che non c'è niente che non va in te, anche se, onestamente, non capisco come ti sia venuta in mente una cosa del genere...» La mano le tremò. Isabelle si immobilizzò, non volendo rovinare la runa. «E bisognava che tu sapessi che Clary non è tua sorella» riprese, più dolcemente.
«Perché... perché sì. Così ho chiesto a Magnus di aiutarmi a rintracciarti. Ho usato il soldatino di legno che avevi regalato a Max. Non credo che Magnus l'avrebbe fatto, in circostanze normali, ma diciamo che era di umore insolitamente buono, e forse gli ho anche detto che Alec voleva che lo facesse... cosa tecnicamente non proprio vera, ma ci vorrà un po' di tempo prima che venga a saperlo. E quando ho scoperto dov'eri, be'... Magnus aveva già aperto un Portale e io sono molto brava a sgattaiolare via di nascosto...»

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