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«Liberatela dalle catene

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«Liberatela dalle catene.» disse la Regina Crysalide, una volta che il Re se me fu andato dalla sala del trono.

Ora, in quella stanza, eravamo presenti solo le guardie, io, la Regina e  suo figlio, il principe Aedyon.

«Come desiderate, mia regina.» rispose una guardia, alzandosi dal suo inchinò durato quasi un eternità. Afferrò un mazzo di chiavi che portava appeso alla sua cintura, e ne infilò una nella fessura del bracciale che portavo intorno al polso sinistro, poi passò a quello destro.

Appena ebbi le mani completamente libere da ogni forma di prigionia, mi accarezzai i polsi rossi e doloranti, continuando a guardare guardinga tutti i presenti all'infuori della Regina che mi aveva aiutata ad aver cara la pelle.

«Spero che tu voglia scusare i metodi poco ortodossi delle nostre guardie e i modi barbari del mio consorte.» riprese a parlare la Reggente dei Semidei. «Essere a capo di un regno, a volte, ti fa prendere delle decisioni sbagliate e giudicare le cose con troppa severità e con troppo poco tempo.»

«Non deve scusarsi con me.»

Lei sorrise appena. «Certo che devo. È stato ingiusto il modo in cui ti abbiamo accolta e il modo in cui ti abbiamo trattata.»

«Non importa.» risposi di nuovo seccamente.

«Per me ha molta importanza ed è per questo motivo che, durante la tua permanenza in questo palazzo, verrai trattata come una qualunque fanciulla Semidea. Non voglio che tu ti senta una prigioniera nel caso fossero i tuoi ultimi giorni.»
La sua dolcezza nei confronti di un'estranea era disarmante.

Avevo spesso sentito parlare di come i Semidei odiassero qualsiasi essere umano, ritenendoli inferiori e di come li reputassero degli scarti della società da eliminare ad ogni costo. Era insolito vedere che alcuni di loro ci trattavano alla pari e con cordialità.

«Gliene sono grata.» dissi, sorridendo leggermente.

Il sorriso sul suo volto perfetto si allargò. «È il minimo che potessi fare.» poi si voltò verso il figlio maggiore, alle mie spalle. «Aedyon, non trattarla male e mostrale rispetto.»

Sentii il principe sbuffare dietro di me. «Farò del mio meglio, madre.»

Lei annuì e si incamminò lungo la distanza che la divideva dall'unico accesso a quella sala immensa: la doppia porta.

Le guardie l'aprirono per lei, consentendole il passaggio, ma, poco prima che lei uscisse, si voltò e mi fece un'insolita domanda: «Potrei sapere qual'è il tuo nome?»

Un po' senza parole per una domanda inaspettata, scossi la testa e dissi semplicemente: «Hipnôse.»

«Hipnôse.» ripeté lei come se fosse pura e semplice melodia. «Lo trovo un nome molto originale, Hipnôse.»

Dopodiché, uscì fuori dalla sala, lasciandomi sola con suo figlio e con un paio di guardie.

Senza dire nulla, io e il principe Aedyon ci studiammo con lo sguardo. I suoi occhi sembravano volermi entrare dentro e scoprire cosa vi ci fosse. Secondo me, cercava di capire se io fossi, davvero o no, un'umana davvero davvero speciale per questa Stella Pianeta.

HIPNÔSE  "Il sangue della dea"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora