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Il Principe mi condusse all'interno delle nostre due stanze comunicanti e, aprendo la porta della mia camera personale e chiudendosela alle spalle con un leggero movimento del suo piede, mi possò delicatamente sul letto rifatto e soffice

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Il Principe mi condusse all'interno delle nostre due stanze comunicanti e, aprendo la porta della mia camera personale e chiudendosela alle spalle con un leggero movimento del suo piede, mi possò delicatamente sul letto rifatto e soffice.

Ero sfinita, stremata.

Non avevo nemmeno un briciolo di forza per poterlo guardare negli occhi.

«Riposati.» disse lui e, senza che me lo facessi ripetere due volte, chiusi gli occhi, cadendo in un sonno profondo dal quale avrei voluto non svegliarmi mai più.

Quando mi risvegliai, aprendo gli occhi stanchi e pesanti, mi accorsi che fuori era già buio. Dovevo aver dormito quasi tutto il giorno a giudicare dalla luce bianca che splendeva mentre veniva circa data da un cielo quasi nero.

Mi alzai leggermente, issandomi sulle braccia. Lacrime pungenti come cento spilli premevano di uscire, di liberarle e Dar libero sfogo al mio dolore.

Tuttavia, non era ciò che dovevo fare in quel momento.
Avevo bisogno di risposte e subito.

Mi alzai dal letto, ancora indolenzita per lo scontro che avevo dovuto affrontare con la divinità della distruzione e, constatando che non c'era nessuno nei paraggi, sono già fuori dalla mia stanza, dirigendo mio passo spedito, seppur incerto, nella camera dove sapevo che avrei potuto trovare la persona con la quale avrei dovuto parlare.

Arrivata al secondo piano di quella fastosa abitazione, che oggi avevo rischiato di demolire, non ci mise molto ad individuare la camera da letto di Flore.

Bussai alla sua porta e lei, rapidamente, la aprii, massaggiandomi gli occhi ancora desiderosi di riposo.

Appena mi vidi, si bloccò sul posto, il corpo teso e gli occhi impauriti.

Aveva compreso il perché io fossi lì, a quell'ora di notte fonda.

La guardai, impassibile.

Non meritava di leggere alcuna emozione sul mio volto per ciò che aveva fatto e per ciò che mi aveva tenuto nascosto. «Non mi fai entrare?» chiesi con voce apparentemente pacata.

In realtà, stava morendo dalla voglia di urlare contro quella che avevo sempre reputato la mia migliore amica.

Flore deglutii e, annuendo, spalancò la porta in legno, lasciandomi libero il passaggio.

Entrai e, senza voltarmi a guardarla, attesi che chiudesse la porta per attaccarla verbalmente.

«Lo sapevi?»

Flore restò in silenzio e, dopo quella che mi parve un'eternità, trovò il coraggio di rispondere alla mia domanda. «Si...»

La rabbia si riaccese in me. «Come hai potuto?»

Nessuna risposta.

Mi voltai a guardarla, fulminandola con gli occhi. «Come hai potuto farmi questo, Flore? Io mi fidavo di te! Sapevi tutto sin dal principio ma me l'hai tenuto nascosto! Perché l'hai fatto?»

HIPNÔSE  "Il sangue della dea"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora