1. Un ritorno particolare

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John e Sherlock scesero dal treno a Londra nel pomeriggio, come da programma. Il sole brillava empietoso e gli abitanti della città inglese si erano assiepati nei parchi o in riva al Tamigi. I due decisero però di tornare subito a casa e risistemare l'appartamento dopo i diversi giorni d'assenza. Arrivati a Baker Street notarono una ragazza davanti alla porta del civico 221b, il loro.

-Salve, cosa possiamo fare per te?- le chiese John sorridendo. Lei lo guardò passandosi una mano tra i capelli corti, abbassò lo sguardo e rispose: - Sto cercando il signor Watson...-.

Holmes si intromise bruscamente nella conversazione: -Cosa succede?-.

La ragazza lo guardò spaventata e cominciò a rispondere in un inglese un po' tremolante: -Io... Dovrei... Dargli una lettera...-.

Disse porgendo a John una sottile busta bianca e guardando Sherlock.

-Deve leggerla solo lui- aggiunse poi. Sherlock scrutò gli occhi della ragazza mentre Watson apriva la busta e leggeva la lunga lettera che aveva trovato dentro. Passarono lunghissimi minuti, in cui Sherlock studiava la ragazza, che in preda al nervosismo si stava tormentando il corto ciuffo di capelli che le cadeva sulla fronte e si guardava intorno, scrutando curiosamente i passanti. Tutto accadde improvvisamente: John sbiancò, si aggrappò alla di ringhiera davanti alla casa, mentre Sherlock lo sosteneva. Questo rivolse alla ragazza uno sguardo feroce che prometteva tutto tranne che quello che là ragazza aveva sperato e le disse: -Almeno renditi utile, apri la porta, le chiavi sono nella mia tasca sinistra, veloce!-. Lei si mosse subito, trovò le chiavi, aprì e fece entrare Holmes che reggeva Watson, che si stava leggermente riprendendo. Sherlock prese in braccio l'amico e cominciò a salire le scale intimando alla ragazza con voce tremante dalla rabbia: - Tu, resta fuori.... E non osare andartene-.

Lei per la prima volta rispose, guardandolo: - No, voglio venire-, ricevendo solamente uno sguardo irato, ma la porta in compenso rimase aperta, consentendole di entrare. Una volta dentro, lei chiude la porta e si concentrò su John che era sdraiato sul divano. Gli si avvicinò preoccupata e prima di fare qualsiasi cosa disse a Holmes: -Lasciami aiutarlo, ti prego-. Sherlock la guardò, piegò impercettibilmente la testa e rimase immobile. Lei gli si avvicinò, gli alzò le gambe sopra il bracciolo del divano, gli liberò il collo e cominciò a fargli aria con un cuscino. Da lì a poco John riprese conoscenza e lei si alzò e si fece da parte, lasciando che fosse Holmes a stargli accanto. Si scambiarono un paio di frasi, dopodiché Holmes le chiese la lettera e la lesse velocemente. Una volta terminata guardò la ragazza con gli occhi sgranati e le chiese sottovoce: -Sai cosa c'è scritto?-.

Lei, con voce incerta rispose: -Solo le cose fondamentali-.

John nel frattempo si era alzato e si era avvicinato a lei, guardandola curioso e stupito da quanto aveva letto su di lei. I due si guardarono a lungo, lei, timidamente a volte abbassava lo sguardo, e lui la cercava ancora con gli occhi. Holmes lì guardava confrontarsi e pensava alacremente a cosa aveva letto. Non poteva credere a quello che aveva appena appreso: John aveva una figlia, nata per caso in una notte durante una fuga, con una ragazza dell'esercito italiano dopo un blitz nemico nel loro accampamento. Holmes aveva il cervello bloccato, era troppo lo shock per la notizia. Non riusciva a capacitarsi di quanto aveva scoperto, non riusciva quasi più a ricordarsi come era vivere senza sapere che John avesse una figlia italiana di cui non sapeva niente. Li osservò attentamente, l'altezza era più  o meno la stessa, il colore dei capelli era simile, ma lei aveva un colore più tendente al castano che al biondo, influenza della madre. I lineamenti del viso erano diversi e Holmes sì immaginò la madre molto bella, dato che una certa bellezza si intravedeva nei lineamenti ancora non completamente maturi della ragazza. Si augurò che la ragazza caratterialmente avesse preso da John, qualunque fosse il carattere della madre, pensò sorridendo. Poi lo sguardo gli cadde sul sorriso di lei ed ebbe un tuffo al cuore: era lo stesso, identico di John.

L'atmosfera fu rotta bruscamente da un insistente bussare alla porta dell'appartamento: era Ms. Hudson, che li chiamava, chiedendo notizie del loro recente viaggio.

-Quale viaggio?- stavano per chiederle, ma Sherlock si riebbe in tempo e le rispose, cercando di apparire naturale (come si può essere naturali dopo che hai appena scoperto che il tuo migliore amico ha una figlia?): - Signora Hudson! Che piacere sentirla! Il viaggio è andato... Bene! Perfettamente direi, nessun problema!-.

Guardò John, e non fecero in tempo a sperare che non entrasse che lei si fiondò nell'appartamento, bloccandosi appena vide là ragazza. Tutto si fermò: John e Sherlock si guardarono e poi attesero rassegnati la reazione della signora Hudson, lei e la ragazza si guardavano con gli occhi sgranati.

-Scusate, non pensavo...- iniziò la signora.

La ragazza la interruppe subito, scusandosi e dicendo: - Me ne stavo andando... -.

Non aspettò che qualcuno la fermasse, uscì, scese velocemente le scale, prese le cose che si era portata per il viaggio che aveva lasciato fuori dal portone e prese una strada a caso, cominciando a correre.

I due uomini si guardarono, e Holmes disse:- Corri John! Qui resto io, non puoi perderla!-.

Quindi Watson lo guardò, fece un mezzo sorriso e uscì di corsa. Nel frattempo Holmes cominciò a raccontare tutta la faccenda a Ms. Hudson, che chiaramente era confusa da quanto era successo nell'ultimo minuto.

Una figlia inaspettataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora