Caro nonno

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Margherita ad Andrea lo conosceva. Lo vedeva sempre per i corridoi della sua scuola, a ricreazione. Era lui che si era accorto di lei solo in quella giornata di pioggia, in quel 17 ottobre del 2010. Si era accorta di lei perché brillava in tutta quella oscurità, perché nonostante fosse bagnata dalla testa ai piedi era asciutta, dentro. Non tremava. L'aveva colpita come un pugno, dritto nello stomaco. Le frasi che diceva, il come le diceva, la sua risata, la camminata, i suoi occhi chiari coperti da tutto quel nero. Non sapeva nulla su di lei. Eppure, quella sconosciuta, quella bambina, l'aveva affascinato talmente tanto che si ritrovò a pensarla, quella stessa sera. Gli venivano in mente le domande più stupide e si accorse di non potergliele fare, perché non sapeva che scuola frequentasse, in che quartiere abitasse. Era stato tutto dettato dal Fato e lui non lo poteva accettare. Voleva chiedere al Destino un'altra occasione, ma non sapeva come farlo.
Margherita tornò a casa che erano ormai le otto. Il padre stava camminando su e giù per il corridoio che portava alle stanze di quel piccolo appartamento. Chiuse la porta, attirando la sua attenzione. «Dove sei stata, Marghe?» chiese abbracciandola. Margherita non ricambiò, ma a questo il padre c'era abituato. «M'hai fatto prendere un accidente!»
«Papà, non ho due anni.» lo riprese la figlia.
«Sì, ma sono le otto di sera! È buio!» la riprese il padre. Si staccò da lei, e la guardò. «Vatti a fare una doccia, sembri una barbona.» Margherita alzò le spalle. Si trovava bene, nei panni di una barbona. Non obiettò ed andò a farsi una doccia.
Il bagno era piccolo, come la casa. Si spogliò dei panni bagnati, li mise in lavatrice e l'azionò. Entrò nel box-doccia e aprì l'acqua. Fredda, ovviamente. L'acqua calda non le piaceva, la faceva sentire ancora più sporca e appiccicosa. Mezz'ora sotto il getto dell'acqua fredda, e poi uscì. Per asciugarsi i capelli ribelli ci mise molto. Erano indomabili.
Verso le nove e un quarto uscì dal bagno. «Quanto sei bella senza trucco, bambina mia.» le disse il padre.
Lei si strinse nel suo asciugamano bianco ed andò in camera sua. Accese la luce, e il bianco delle pareti la investì, facendole socchiudere gli occhi. Bianco.
Indossò la biancheria per poi mettersi una maglia larga. Si sedette sulla sedia e si avvicinò alla scrivania, tornando la bambina che era. Prese un foglio a righe e una busta bianca.
Iniziò a pensare per poi prendere la sua adorata bic nera, che faceva a pugni con tutto quel bianco.
"Caro nonno,
sono sempre io, Marghe. Come stai? Beh, un po' scontato. Tu stai bene: sei morto. Sono i vivi, quelli che stanno male. E io sto male. Cos'ho, nonno? Cos'ho che non va? Perché non sono felice?" Scrisse con una scrittura molto disordinata. Aveva imparato a non piangere e a far piangere gli altri. "Tutte le ragazze della mia età pensano alla parola con la A maiuscola. L'Amore. Che ci sarà tanto di speciale nell'Amore, nonno? Rende la vita più facile o più difficile? Perché non so che cos'è?" Tante domande le stavano friggendo il cervello, ma decise di smettere. Posò la penna sulla scrivania, mise il foglio dentro la busta senza chiuderla ermeticamente: l'avrebbe continuata. Aprì il secondo cassetto e fece cadere la busta dentro di esso, sopra altre cento - se non mille - tutte uguali. Chiuse ermeticamente, dirette a un destinatario che non poteva riceverle.
Sospirò. «A tavola!» urlò il padre, dalla cucina che fungeva anche da sala da pranzo.
Margherita chiuse il cassetto, e con esso tutti i suoi pensieri, e si recò in cucina. Suo padre non sapeva cucinare, ed era perso senza sua madre, ma mai l'avrebbe ammesso. Stava facendo dei corsi di cucina, aveva comprato un libro di ricette.
«Hai mangiato a pranzo?» chiese il padre.
«Il panino, sì.» disse Margherita.
«Beh, ho preparato i peperoni. E c'erano anche delle fettine di carne..» sussurrò piano il padre. «Ma le ho bruciate.» Margherita scoppiò a ridere.
«Ho la pizzeria fra le chiamate rapide, pa'. Tranquillo.» disse Margherita, armeggiando col suo telefono ormai obsoleto. Finché funzionava e non era touch screen le andava bene. «Pronto? Pizzeria Da Mario, dica.» disse la voce stanca del fattorino.
«Buonasera.» disse Margherita. «Sono Margherita. Potrebbe portarmi due pizze margherita?» lei alla pizzeria Da Mario ci andava sempre, il pizzaiolo la conosceva.
«Certo, Marghe!» esclamò il fattorino, riprendendosi. «Aspetta un po' e vengo in tuo soccorso.»
Dopo quaranta minuti suonarono al campanello di casa, e Margherita andò ad aprire. Giorgio, il fattorino, arrossì vedendo le gambe scoperte di Margherita, mentre lei era completamente a suo agio. «Grazie, Giorgio. Tenga.» disse porgendogli i soldi.
«Oh, non darmi del lei.» disse Giorgio. «Ho vent'anni, non sono così vecchio.»
«Per me sì.» disse Margherita, ridendo. «Sono tutti i soldi?» disse, notando lo sguardo di Giorgio leggermente assente.
«Sì, sì.» si riprese. «Tuo padre non è in casa?»
«Oh, sì. Ci sono, giovanotto.» disse Claudio, prendendo le pizze dal ragazzo e mettendosi davanti alla figlia, con fare protettivo. «Mettiti qualcosa addosso, Marghe.»
«Vado di là, ho capito.» disse Margherita, sparendo.
«Hai avuto i tuoi soldi?« chiese Claudio.
«Sì, signore.» disse Giorgio, raddrizzando la schiena.
Claudio lo guardò. «E allora perché sei ancora qui?»
«Papà, smettila.» disse Margherita dalla cucina.
Claudio lanciò un'ultima occhiata omicida al ragazzo, prima di chiudergli la porta in faccia.
«Non mi piace quel ragazzo.» disse Claudio entrando in cucina. Posò le pizze sul tavolo e guardò Margherita.
«Papà, a te non piace nessun ragazzo che mi guarda.» disse Margherita alzando gli occhi al cielo. Aprì il contenitore della pizza e iniziò a tagliarla.
«Dipende sempre dal modo in cui ti guarda.»
«E Giorgio non ti sta simpatico perché..?» indagò Margherita.
Claudio aprì il cartone della pizza. «Perché ti spoglia con lo sguardo.»
«Non mi spoglia con lo sguardo.» obiettò la figlia.
«Se giri mezza nuda gli faciliti il lavoro.» bofonchiò Claudio.
«Papà!» lo riprese Margherita.
Sembravano quasi una famiglia normale, mentre cenavano in quella cucina che per due era perfetta, ma per tre era stretta.

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