Aperta una porta...

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Margherita inserì la chiave nella serratura, prendendo un respiro. Aprì la porta. «Ciao papà.»
Il padre non rispose. Era in bagno, aggrappato al lavandino con lo sguardo basso. Chissà da quanto era in quella posizione. Si risvegliò, al suono dei passi della figlia. Si girò con uno scatto verso di lei e l'abbracciò. Nella stanza del preside non era per nulla al mondo abbattuto, ma doveva sembrarlo. Era pieno di orgoglio. Per la sua piccola Perla. «Mi dispiace, Marghe.» disse.
Margherita si staccò. «E di cosa, papà?»
«Che ora questi due giorni te li passi a casa da sola.» disse Claudio, facendole l'occhiolino. «Sono fiero di te, Margherita. Ma questo il preside non lo deve sapere.»
Margherita fece finta di cucirsi le labbra e il padre sorrise. «Fai valere i tuoi ideali e non farti mettere i piedi in testa da nessuno.»
«Vado dalla nonna, domani. Devo affrontarla. Devo affrontarli.» annunciò Margherita.
Claudio la studiò per un attimo in silenzio. «Che hai fatto al viso?» le prese il mento fra l'indice e il pollice e girò il viso di lei a destra e a sinistra.
«Se combinavo casini mi espellevano.» lo informò.
«E quindi ti sei picchiata da sola?» chiese Claudio aggrottando le sopracciglia.
«No.» disse Margherita. «E quindi se ne sono approfittati.» Margherita non andò oltre e il padre non indagò. Margherita aveva il suo appoggio ma le battaglie erano le sue. Claudio, le sue, le aveva già combattute.
«Ho fame.» disse Claudio.
«Pizza. Ho capito.» alzò gli occhi al cielo Margherita.
«Chiamalo ora, a quello lì, prima che ti spogli.» Claudio rise.
Margherita arrossì. «Papà!» lo rimproverò. «Non lo chiamo finché non sto comoda.» disse.
Margherita entrò in camera sua, prese la sua maglietta extra large e un paio di pantaloncini, per fare felice il padre. Si tolse i vestiti che indossava e raccolse i capelli in una coda, prima di mettersi i pantaloncini. Poi si mise la maglietta, notando che copriva i pantaloni e sorrise. Si infilò dei calzini di lana che le arrivavano sotto il ginocchio, che sembravano scalda muscoli ed uscì dalla stanza, col telefono in mano.
«Pronto? Pizzeria Da Mario.» la voce annoiata di Giorgio raggiunse le orecchie di Margherita.
Margherita arrivò fino alla cucina, dove il padre l'aspettava. «Ciao Giorgio.» disse.
Giorgio parve rianimarsi. «Ciao Marghe! Ti porto il solito.» disse e cercò di non farle domande, di non approfondire la conversazione, anche se era così perso. Era perso. Perso nei suoi occhi blu e nei suoi capelli scompigliati.
Claudio la squadrò da capo a piedi. Si schiarì la voce, alzando un sopracciglio. «Allora gli apro io, a 'sto Giorgio.»
Margherita tirò su la maglietta, facendo vedere i pantaloncini che indossava. «Sono vestita. Vado io.»
Claudio bestemmiò fra i denti. «Non è che ti piace?»
Margherita rise di gusto. «No, ma sei bello quando sei geloso.»
Il padre era un bell'uomo e Margherita ne era consapevole. Da lui aveva preso l'atteggiamento e lo charme. Claudio, prima di avere Margherita, era uno strafottente. Erano due gocce d'acqua, a volte. I capelli castani gli incorniciavano il volto insieme alla barba di qualche giorno, che lo rendeva ancora più bello e gli dava un'aria da duro.
Gli occhi color nocciola la fissarono per un momento, duri. «Non sei divertente, Perla.» disse. Subito dopo, però, un sorriso apparve sul suo volto.
Margherita sorrise, prendendo una tovaglia dal cassetto e mettendola sul tavolo. Posizionò una birra e una Coca Cola su di esso e sorrise al padre. «La birra, ovviamente, è per me.» disse.
Il padre la fulminò con lo sguardo. «Quando avrai compiuto diciott'anni e non vivrai più sotto questo tetto, sì.» disse.
Stappò la bottiglia e iniziò a sorseggiarla, e Margherita fece lo stesso con la sua Coca Cola. «Sono felice, papà.» disse improvvisamente.
Claudio la guardò. «Anche se a ricreazione sono scoppiata a piangere sulla spalla di un ragazzo che conosco a malapena, sono felice. Non spruzzo felicità da tutti i pori, ma... sono in pace. Non so? Qualcosa del genere. Né su né giù. Lontanamente felice e lontanamente triste.» continuò Margherita.
Claudio la studiò attentamente. «E sembro una squilibrata. Non so neanche perché te l'ho detto. Dimenticalo.»
Il padre però non l'avrebbe dimenticato, e avrebbe fatto in modo che quel "lontanamente felice" fosse diventato un "felice" e che il "lontanamente triste" fosse restato tale.
Dopo un quarto d'ora suonarono alla porta. «Non t'azzardare ad aprire tu che ti diseredo! Non ti lascio la casa!» disse Claudio.
Margherita rise. «La casa è in affitto, pa'!» urlò per poi fiondarsi verso l'entrata. Aprì la porta, Giorgio si stava sistemando i capelli.
Claudio alzò gli occhi al cielo, ma restò in cucina. Se avesse sentito qualcosa di strano sarebbe intervenuto. «Ciao, Margherita.» disse Giorgio. Sulle guance un lieve rossore. Sempre quelle gambe scoperte, sempre quegli occhi, sempre quei capelli indomabili.
Margherita gli porse i soldi. «Ti andrebbe di uscire, un giorno?» chiese Giorgio velocemente.
Margherita lo guardò alzando un sopracciglio. «Da amici?» indagò.
«Da quello che vuoi.» sussurrò Giorgio. Margherita si morse il labbro, cercando di non scoppiare a ridere.
«Certo, va bene. Sabato fatti trovare qui sotto, verso le cinque. Ci prendiamo un gelato?» chiese Margherita.
Claudio sentì la conversazione. Era geloso. Andò vicino alla figlia e la guardò. «Fa freddo, per un gelato.» disse.
«Buongiorno signore.» disse Giorgio, visibilmente nervoso. «Come sta?»
«Oh, risparmiamela.» disse Claudio, prendendo le pizze.
«Papà.» lo riprese Margherita fra i denti, mentre Claudio spariva dalla visuale. «È fatto così. Lascialo stare.» sussurrò a Giorgio, che sorrise.
«Sabato, quindi?» chiese Giorgio, al settimo cielo.
Margherita storse la bocca. «Sabato.» ripeté senza entusiasmo, per poi salutare e chiudere la porta.
Si avviò verso la cucina, il padre la guardava sorridendo. «Se mi avessi lasciato aprire, ora non saresti nei casini.» disse.
«Perché tutte a me?» disse Margherita con un tono disperato, mentre Claudio se la rideva.

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