Stare bene.

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Andrea strinse i pugni, si alzò e si pulì i pantaloni. Iniziò a camminare e Cristian e Margherita lo seguivano in silenzio.
Il fischio persisteva ancora a riempirgli le orecchie. La macchina degli S.B. era ferma, poco distante dalla loro. Gli sguardi erano preoccupati, ma sul viso vigeva un sorriso. «Stronzi!» urlò Andrea, iniziando a sentire ciò che pronunciava. Cristian gli si affiancò, lo tenne fermo. «Che cazzo succede, Andre? Che cazzo succede?» gli urlava nell'orecchio. Andrea smise di dimenarsi, si liberò dalla presa dell'amico e si inginocchiò per terra. «Andre- merda- che cazzo. Mi fai preoccupare- Andre, dimmi che non è come penso.» Cristian balbettava, la paura gli riempiva lo sguardo. Andrea abbassò il capo e se lo mise fra le mani. Si sentì un urlo pochi istanti dopo, un urlo straziato: quello di Cristian. «Flavio!» urlò come un disgraziato, quella sera.
Ad Andrea sfuggirono due lacrime, che si asciugò con il dorso della mano. «Siete dei pezzi di merda.» Cristian era troppo lontano per fermarlo dalla stronzata che stava per compiere. Cristian era ad anni luce da lì, in un mondo dove Flavio non se n'era andato per sempre.
Quello che aveva lo sguardo pieno di merda, quello che aveva lo sguardo simile a quello di Andrea gli si piazzò davanti. «Cos'è, ti è morto il fidanzato? Checca.» Andrea non si mosse, per un attimo, poi gli diede un pugno. Non per l'insulto, che poi insulto non era, ma per il suo amico.
«Vaffanculo.» disse fra i denti. Appena colui che l'aveva insultato si riprese, diede un pugno ad Andrea appena sotto lo zigomo, poi uno sotto lo stomaco, e - senza nemmeno dargli il tempo di reagire - un altro sull'occhio, sul labbro, uno sul naso. Andrea si accasciò a terra, per poi sputare il sangue che aveva in bocca, che aveva un sapore strano. Non sembrava suo, quel sangue. Sembrava di un altro.
Con un occhio aperto riuscì a vedere un brillio nella mano del membro degli S.B.: un coltello. Il ragazzo alzò il braccio all'indietro, pronto a colpirlo. Andrea si chiese, per un momento, se l'avesse ucciso davvero. Luca, il membro degli S.B., scagliò con tutta la forza il coltello contro Andrea, che si spostò troppo lentamente, troppo tardi. Una cicatrice lunga dieci centimetri e profonda tre millimetri sulla parte bassa della pancia: ecco cosa gli portò quella notte. Se avesse esitato un altro secondo, sarebbe morto perché il coltello sarebbe direttamente entrato in collisione con un organo vitale.
Luca si scostò dopo avergli inferto tutto quel dolore. «Tutti via!» urlò.
Cristian iniziò a corrergli dietro, si lanciò contro di lui e lo fece cadere. Girandolo iniziò a colpirlo, mentre Andrea gemeva sull'asfalto caldo. «Ha un coltello.» sperò che l'amico potesse sentirlo, ma non fu così. Anche Cristian si beccò una cicatrice, quella notte. Un tagliò di tre centimetri sul braccio, profondo un centimetro.
«Cazzo!» urlò Andrea, quando se ne furono andati. Il taglio bruciava e la maglietta verde strappata si stava intridendo di sangue. Cristian con una mano sulla ferita si avvicinò all'amico.
«Merda.» sussurrò. «Andre, cazzo, dobbiamo andare in ospedale e portare con noi...» si bloccò. «Flavio.» respirò piano.
Andrea si alzò lentamente, mentre Cristian si dirigeva verso la macchina. Aprì lo sportello e guardò l'amico che ancora sorrideva, con gli occhi aperti. Erano spenti, vitrei, ma aperti. E cazzo, faceva impressione. Si accorse solo allora dello spinello che teneva in mano. «Merda, Fla', lo dicevi sempre che ci saresti morto con una canna in mano, ma non ci credevo mai.»
Margherita si preoccupò. Andrea aveva lo sguardo spento ed assente. «Stai bene, Andre?» gli chiese dolcemente.
Andrea si girò e guardò Margherita negli occhi, dopo tanto tempo. «Mi è morto davanti agli occhi, come cazzo potrei solo lontanamente stare bene?»
Margherita stette in silenzio, mentre Andrea camminava lontano dai suoi due più grandi amici.

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