Hai visto cosa mi hai fatto fare?

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Margherita camminava inquieta per le strade della sua città. Era la sua città, ma non la sentiva più tale. Perché? Perché Giacomo si era ucciso?
Se lo chiedeva, si tormentava. Perché? E si accorse che sei anni di amicizia non erano nulla, se neanche ci si accorge di questo. Se neanche ti accorgi che il tuo migliore amico è nei guai, che è morto già.
Aveva così tante domande che le ronzavano in testa, eppure il suo professore di matematica credeva che non se ne porgesse neanche una. In fondo che ne poteva sapere lui? Perfetto, ordinato, in orario. Studiava i numeri, lui. Se gli porgevi una persona sotto forma d'equazione te la sapeva risolvere, te la sapeva spiegare. Ma Margherita non era un'equazione e se lo fosse stata sarebbe stata una di quelle che si devono fare minimo cinque volte.
Che senso ha la vita? Perché una persona si deve fare in quattro per viverla fino in fondo, e poi morire? Non ha senso. Giacomo forse era stufo di farsi in quattro. Giacomo forse era stufo di cercare un senso, uno qualunque, anche se sbagliato, alla vita. Giacomo forse ha capito. Forse no. Potevamo capirla insieme, la vita, Giacomo. Bastava che me ne parlavi. Bastava aiutarsi. O forse no: forse non bastava.
Girava per le strade arrabbiata, nel suo vestito bianco come la neve. Era buio. Alcuni ragazzi la squadravano da capo a piedi, le facevano complimenti spinti, cercavano di attaccare bottone. Non li sentiva. Non sentiva niente. Dopo la cerimonia aveva cacciato Andrea, l'aveva mandato al Diavolo, ma non ce l'aveva con lui. Ce l'aveva col mondo. Si strinse nelle spalle e accelerò il passo, notando un gruppo di ragazzi con in mano delle bottiglie di liquori mezze vuote. Un ragazzo la fissò dritta negli occhi, le sorrise sghembo. Aveva negli occhi un lieve luccichio. Aveva gli occhi simili a quelli di Margherita, aveva gli occhi simili a quelli di Cristian, o quelli di Andrea: aveva gli occhi pieni di merda. Margherita ripensò al racconto di Andrea: "Mi ricordo ancora lo sguardo del guidatore, il suo sguardo pieno di merda: lo stesso mio." e si preoccupò. Quello sguardo. Quel sorriso. «Ragazzi, guardate!» urlò all'improvviso. Margherita accellerò il passo. «Quella è la ragazza che abbiamo visto con Andrea.» ecco spiegato il luccichio. Aveva voglia di divertirsi, di infliggere altro dolore ad Andrea. «Ehi!» urlò, le corse dietro. La prese per un polso, la fece scontrare contro il suo petto ricoperto di cicatrici. «Ciao piccola. Non pensi che sia un po' troppo tardi per girare da sola, in questa parte della città?»
Margherita si allontanò da lui, scacciò le sue mani. «E tu non pensi che sia un po' troppo tardi per rompere i coglioni a una povera ragazza?» gli rispose.
Luca alzò un sopracciglio. Margherita lo guardò negli occhi, per capire di che colore li avesse. Grigi. «Che caratterino.» l'apostrofò. «Perché non resti e ti diverti un po' con noi?» nello sguardo aveva tanta perfidia, quel ragazzo. Troppa.
Margherita si guardò in torno, non capendo dove fosse. «Sei all'Inferno, bambolina.» le sussurrò vicino al viso. Lo spinse lontano da lei: «Stammi lontano!»
Continuò a studiare quelle strade così sperdute. Si guardava in torno in cerca di un punto di riferimento, uno qualsiasi..
Un palo. "È ancora storto. Ha la forma di un palo che ha piegato in due una macchina e spezzato una vita." «Merda.» sussurrò, iniziando a correre.
Il vestito bianco andava all'indietro mentre lei correva e correva, in cerca di una via d'uscita, in cerca di una salvezza. Si maledisse perché non aveva portato il cellulare.
«Fermati.» le urlava Luca, di tanto in tanto. Le correva dietro. «Non ti faccio niente se ti fermi.» continuò. «Ma se non lo fai non ti assicuro nulla.»
«Aiuto!» urlò, per poi ricordarsi: la gente faceva finta di essere cieca e di essere sorda.
Una macchina le sfrecciò accanto, per poi fare una sgommata e fermarsi a qualche metro da lei. Qualche centinaio di metri la dividevano dal suo inseguitore. «Margherita!» una voce troppo familiare le arrivò alle orecchie.
Si fermò. Il respiro le si mozzò in gola. «Andrea.» sussurrò piano. Si girò e vide Andrea che scendeva dalla macchina, lentamente, con una mano poggiata sulla pancia. «Andrea!» urlò poco dopo, vedendo Luca che piano piano si avvicinava.
«Andrea, ma che piacere.» Luca lo raggiunse con la voce. Margherita lo guardò disperata. Ti prego, non gli dar retta. Pensava.
Andrea si girò lentamente: la voce di colui che l'aveva rovinato gli arrivò alle orecchie. «Ancora non ti hanno ammazzato.» constatò Andrea.
«Non hanno ammazzato neanche te.»
«Non c'è motivo per cui farlo.» ringhiò.
Margherita si mise le mani fra i capelli. L'abito era sgualcito, le lacrime le avevano fatto colare il trucco, i capelli erano scompigliati dal vento. «Stavo facendo conoscenza con la tua amica laggiù.»
«Ah sì?» Andrea sorrise ironicamente. «Non si direbbe.» Margherita si diresse verso i due, che magari Andrea non avrebbe reagito davanti a lei. Magari.
«Andre, andiamo a casa?» chiese Margherita. Andrea nemmeno la guardò per un momento, troppo indaffarato nel guardare con odio Luca.
«Che hai, piccola? Sei spaventata?» Luca le si avvicinò, Andrea però si mise davanti a lui prima che la raggiungesse.
Lo spinse. «Stalle lontano.» ringhiò.
«Ci tieni.» Luca sorrise beffardo. «Non hai paura che faccia la fine del tuo amico, di..» si bloccò, riflettendo un attimo. «Flavio?»
Bastò quello. Bastò il modo in cui l'aveva detto. Lo stava istigando e Andrea, come ogni volta, c'era cascato.
Bastò quello a farlo scattare. Andrea allontanò con una spinta - non troppo delicata - Margherita e diede un pugno a Luca, sulla guancia. Girò la testa per l'impatto, poi sorrise. Luca gli diede un pugno sul naso, facendoglielo sanguinare. Andrea lo fece cadere, si ammassarono sul pavimento, la situazione si capovolgeva di continuo e Margherita non ce la faceva più.
«Andrea!» urlò. Egli si fermò, beccandosi un pugno sotto il mento. Sbatté la testa per terra, Andrea, quella notte.
Luca scappò via. «Andre, Andre..» gli diede dei piccoli buffetti sulle guance, per farlo restare sveglio, ma Andrea non sarebbe svenuto.
«Mare, mi dispiace.» disse. «Non volevo arrivare tardi.»
Margherita era con le lacrime agli occhi. «Sei sempre dannatamente in orario.» gli posò un bacio sulla fronte, mentre Andrea socchiudeva gli occhi.
«Cazzo che botta..» sospirò.
«Andiamo in ospedale?» chiese Margherita preoccupata.
Andrea sorrise. «Non se ne parla.» disse. Margherita lo guardò male. Lo aiutò ad alzarsi, raggiunsero la macchina e Margherita aprì lo sportello del passeggero, facendogli cenno di entrare. «Guido io.» ed era rincoglionito, e non saliva su una macchina dal 19 agosto, ma per cercare lei si era precipitato, ma per portare lei a casa ci stava per risalire.
Margherita alzò gli occhi al cielo per poi sedersi, e Andrea fece il giro per poi mettersi alla guida. «Metti la cintura.»
Margherita alzò un sopracciglio. «Mettitela.» ringhiò. Margherita la allacciò.
Poi parve risvegliarsi. «Andre.» disse con gli occhi sbarrati. «Andre!» urlò, un sorriso demente sul volto.
«Cosa?!» Andrea aveva l'espressione preoccupata.
«Andre, hai guidato una macchina!» urlo Margherita eccitata.
Andrea scosse il capo. «Hai visto cosa mi hai fatto fare?» chiese retoricamente. «Ci sono salito per venirti a cercare, Mare.»
E il cuore spezzato di Margherita, con quella frase, con quel gesto, si iniziò a ricomporre.

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