Bestia.

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«Andrea.» lo salutò con un cenno del capo, per poi continuare a camminare per la sua strada.
«Perla!» la richiamò il biondo, per poi affiancarla. «Perché mi ignori?»
Margherita sorrise. «Ti ho concesso il saluto.» disse. «E tu mi avevi detto che non avresti fatto altre domande.»
«Potrei aver mentito.» sorrise Andrea.
Margherita lo guardò. «Che mascalzone.»
«Sono davvero un cattivo ragazzo, Margherita.» disse Andrea.
Margherita mise su un ghigno. «Peccato. A me piacciono i bravi ragazzi.»
«Ma non lo sono poi tanto. Sai, questo non lo dico a tutte e non è una cosa di cui mi vanto: ma aiuto le vecchiette ad attraversare la strada.» Andrea revisionò la sua versione. Margherita scoppiò a ridere, continuando a camminare. «Un'opportunità me la concedi? Voglio solo esserti amico.»
«Avevi detto che ti piacevo..» indagò Margherita.
«Come persona!» si difese Andrea.
Margherita sorrise. Non sapeva se dargliela, quella chance. «3ºC.» disse.
«Cosa?» chiese Andrea, confuso.
«Frequento questa scuola e vado in 3ºC.» disse Margherita. Andrea sorrise.
«Ci vediamo a ricreazione?» chiese alla bruna.
Margherita storse la bocca. «Preferisco non uscire, a ricreazione. Odio le persone.» Andrea si illuminò. Odiava le persone, ma lui no. Con lui ci parlava.
«Ti vengo a trovare in classe.» Andrea ammiccò, e Margherita non ebbe il tempo di dirgli che no, non andava fottutamente bene se veniva nella sua classe, che Andrea era già corso via. «5ºL.» mimò con le dita, prima di sparire.
Margherita alzò gli occhi al cielo, dirigendosi in palestra. «In ritardo, Raffagli. La fa educazione fisica?» il suo professore di educazione fisica era un ex militare: parlava come tale, aveva una postura perfetta e aveva il vizio di urlare.
«No, professore. Non ho il cambio.» disse Margherita, andando nello spogliatoio per poggiare lo zaino.
«Tanto per cambiare.» la riprese il prof Maffei. «Guardi, Raffagli, se continua così dovrà sudare a luglio.» lo diceva tutti gli anni, ma alla fine non succedeva mai.
«La prossima volta la faccio.» disse Margherita, assente.
Passò quell'ora a guardarsi le punte degli anfibi, mentre gli altri correvano o giocavano a pallavolo.
Quando la campanella suonò, Margherita fu la prima a uscire dalla palestra. Troppe persone in troppo poco spazio.
Andò in classe e si mise al suo posto, tirando fuori un quaderno. I libri li aveva per optional. Non le interessava, la scuola. O meglio, le interessavano solo determinate materie. E italiano non rientrava fra quelle.
La professoressa entrò in classe. Li squadrò tutti, li guardò tutti negli occhi con quello sguardo che dice "brutti pezzi di merda". «Buongiorno ragazzi.»
«Buongiorno prof.» risposero tutti in coro, alzandosi. Margherita era fuori posto. Ovviamente. Si chiese se c'era mai stata una situazione in cui non lo era.
«Margherita, hai i crampi alle gambe?» chiese la professoressa, comodamente seduta sulla sua sedia, con gli occhiali posti sulla punta del naso.
«E lei, prof? Ha i crampi alle gambe?» la sfidò con lo sguardo.
Margherita si metteva nei casini per cose così stupide. «Margherita, dammi il libretto.» impose la professoressa Gagliani.
«Ma sì, prof.» disse Margherita, prendendo il libretto e lanciandolo sulla cattedra. «Mi metta l'ennesima nota solo perché io ho le palle. Scriva le solite tre righe dove mi descrive in modo pietoso, senza sapere perché cazzo io mi comporti così! Scriva, scriva, mi sgridi, tanto a me da un orecchio mi entra e dall'altro mi esce.» disse.
La professoressa aprì la bocca per parlare, ma Margherita la precedette: «Raffagli, in presidenza.» la imitò.
Lì la Gagliani esplose. Si alzò dalla cattedra, sbattendo una mano su di essa. «Come ti permetti?!» sbottò.
Margherita anche si alzò in piedi, con quella sua sfacciataggine dipinta sul volto. «E lei come si permette di trattarci come fossimo delle merde?!» urlò Margherita. «Non siamo dei cazzo di burattini!» sbraitò.
«Modera il linguaggio!» urlò la professoressa.
«Che cazzo me ne frega, a questo punto, del linguaggio? Prof, non siamo dei fottuti burattini! Siamo dei vasi, e ci dovete riempire di cultura, non di merda.» sibilò Margherita, la professoressa si mise davanti al banco di Margherita, pochi centimetri dividevano i loro visi.
«Tu sei già piena di merda, mia cara.» disse la professoressa sottovoce, così che solo Margherita potesse sentire, così che non avrebbe avuto testimoni. «I tuoi non ti hanno dato la giusta educazione?»
Quell'attimo prima della tempesta. Quel momento di silenzio prima del tuono, che stai col cuore in gola e sai che arriverà, sai che farà rumore, ma quando arriva sussulti comunque, impercettibilmente.
Margherita divenne rossa, rossa dalla rabbia. Quella professoressa era la perfidia fatta persona. «Vaffanculo!» urlò con tutta l'aria che aveva in corpo, e ribaltò il banco addosso alla professoressa.
Uscì dalla classe livida di rabbia, mentre sentiva la professoressa che parlava, che si dimenava. «Bestia!»
Indomabile.

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