Dike

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Nuova città non significava nuova vita. Le abitudini erano sempre le stesse. Piangeva spesso, la sera usciva e camminava a lungo, fino alle due del mattino. Alle 7:45 si alzava e andava a lavorare in un supermercato.
Aveva scordato cosa significava parlare, interagire con qualcuno. Aveva dimenticato cosa fossero gli abbracci, cosa fosse l'amore. Aveva perso tutto, anche se stesso, e non sapeva come ritrovarsi.
Gli anni passavano, Andrea aveva sempre più l'aspetto di un uomo, un bell'uomo, ma dentro era sempre un ragazzino. Lo stesso ragazzino che aveva visto morire due persone davanti ai propri occhi: Flavio e Margherita. Voleva tornare indietro nel tempo, convincere Flavio che non era poi così importante vincere contro gli Streets of Blood, voleva tornare indietro e incontrare Margherita in un altro contesto, voleva tornare indietro e rompere la sua macchina in modo tale che, quel giorno, si sarebbe imbattuto in Margherita a piedi. L'avrebbe tenuta stretta al suo petto e non perché lei stava morendo, ma perché entrambi stavano vivendo.
Andrea aveva troppe magliette macchiate di sangue. Non ne aveva buttata neanche una, stavano lì, nel cassetto delle lettere, quelle di Margherita, ad aspettare di essere lavate o ricordate.
Il suo appartamento era troppo grande per lui. Era perfetto per due, tre, quattro persone. Una famiglia.
Andrea ci pensava spesso a come sarebbe stato se non avesse tradito Margherita. Magari lei quel giorno non sarebbe uscita. Magari lei, quel giorno, sarebbe stata sotto le coperte con lui a far l'amore. E Andrea piangeva ogni volta che ci pensava, perché era tutta colpa sua.
Ripensava a tutte le volte che l'aveva consolata, alle frasi strane che lei gli aveva detto. La più strana risaliva al primo incontro dei due.
«Anche tu ti ripari dalla pioggia?»
«Non sono un insetto.»
Ripensava spesso a quella sera, a quanto lei era stata scontrosa e sulle sue. Poi ripensava a come l'aveva sciolta, piano piano, senza frettta; non ce n'era. L'amava ancora. Erano passati tanti anni e lui l'amava ancora.
L'amore, in fondo, non passa così, su due piedi. Soprattutto un amore come il loro, un amore dannoso, un amore che uccide. Aveva ucciso anche Andrea, e lui se n'era benissimo accorto, ma gli andava bene così; essere morto per mano di Margherita gli sembrava una cosa così bella.
Aveva la sua stanza piena di CD, ascoltava solo rap, solo cantanti arrabbiati. Arrabbiati come lui.
Le frasi che lo colpivano le scriveva su quelle pareti vuote, bianche. Lo faceva perché quel bianco era così simile alle lenzuola che avvolgevano Margherita, lo faceva impazzire.
Ogni tanto chiamava la madre, la voce era sempre la stessa, lei non era cambiata. Era cambiato lui perché era morto, in putrefazione.
«Come stai, tesoro?» gli chiedeva sempre, dopo un po'. Sperava che si potesse aprire con lei.
Lui digrignava i denti, per poi attaccare.
Margherita era riuscita nel suo intento. La vita senza Giacomo non era un granché, la canzone "Se mi sposo", magari le aveva aperto gli occhi, magari voleva morire. Perché se avesse voluto vivere sarebbe vissuta.
Andrea invece aveva tentato il suicidio la notte della morte di Flavio, andando ad attaccare briga con Luca. Il Destino gli aveva tracciato quel cammino: sopravvisse. Poi, se era già morto dentro non interessava a nessuno. Voleva credere nel Destino, Andrea.
Voleva credere che fosse stato il Fato a fargli conoscere Margherita, a farli incontrare, a farli innamorare. Era stato esso ad uccidere il suo amico, la sua ragazza (la poteva definire così? Fra loro c'erano stati solo tanti sguardi, pochi baci, pochi fatti).
Voleva credere che non avesse tracciato lui la sua vita, perché faceva meno male. Se tutto fosse stato già scritto, lui non avrebbe potuto fare nulla per cambiare. Se invece fosse dipeso tutto da lui, si sarebbe ammazzato. Viveva convincendosi.
Guardò fuori la finestra, era appena tornato dal lavoro. Il cielo era grigio, spento, non un raggio di Sole in quella giornata. A lui andava bene così, se il cielo fosse stato vivo, gli avrebbe ricordato fin troppo Margherita.
Il cellulare era sempre lo stesso, sempre con la stessa foto di lei. Al mare non c'era più tornato. A vivere nemmeno.
Aveva provato ad andare avanti? No.
Un giorno però, leggendo le lettere di Margherita, diede fuoco a una di esse, provando a cancellare le sue parole, provando a cambiare pagina. Pianse sulle ceneri di quel foglio e giocò con l'accendino, fino a finire il gas.

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