Che succede?

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«Oddio, ma avete visto quello del quinto? Andrea? È bellissimo.» sospirò una.
L'ingresso di Margherita nel 3ºC fece ammutolire la classe.
«È arrivata la strana.» annunciò Alessia.
«Meglio strana che puttana.» ribatté Margherita, per niente risentita dalle parole della bionda.
Alessia la guardò da capo a piedi, altezzosa. «Come hai detto?» cercò di essere minacciosa, ma era semplicemente ridicola.
«Che è meglio essere strana, quindi essere me, che essere una puttana, cioè te.» ripeté Margherita lentamente, prendendo in giro la poca intelligenza della ragazza. «Devo farti un disegnino?» chiese Margherita.
Alessia spalancò la bocca per lo stupore. Che si aspettava? Che non rispondesse? «Puttana sarai tu!» si ricompose in fretta. «Stai sempre con i ragazzi più grandi, chissà che ci fai.»
Margherita alzò gli occhi al cielo, quasi divertita. «Allora.. come mai così presto stamattina? Il tipo è venuto precocemente o ti ha dato buca?»
Alessia si avvicinò alla mora, dandogli un ceffone. Margherita non la smetteva di sorridere. «No, no. Non si risolve nulla con la violenza, amore.» non voleva rispondere alla provocazione della bionda. Margherita, al contrario di Alessia, aveva ancora una dignità.
Alessia sorrise beffarda, e diede un altro ceffone a Margherita. Margherita non era per il "porgi l'altra guancia", era semplicemente educata. Però, con quel secondo schiaffo, Margherita esplose. Per un momento sorrise alla bionda, che si girò per fare una risata acuta con le quattro amiche, e poi le saltò addosso, dandole un pugno sulla guancia sinistra. La zona interessata divenne rossa, come Alessia, che si trovava a terra.
Margherita si alzò dal corpo di Alessia. «Non ci provare più.» ringhiò.
Alessia annuì, spaventata. Il professore di matematica fece ingresso nella classe proprio in quel momento. Le squadrò. «Alessia, gentilmente mi spieghi cos'è successo?» chiese calmo.
«Margherita mi ha aggredito!» disse, piangendo per finta.
Margherita spalancò la bocca. Guardò i suoi compagni, in cerca di appoggio, in cerca di verità. Loro guardavano tutto, tranne che lei. «Margherita, è così?» chiese lentamente il professore.
Margherita annuì. Se avesse protestato, nessuno avrebbe appoggiato la sua tesi. Sarebbe stato inutile. «Perché l'hai fatto?» non rispose all'insegnante, andando verso di lui.
Lo guardò. «In presidenza?» chiese.
Il professore annuì. In tutto quel casino, rimase calmo. Voleva davvero aiutare Margherita, voleva capirla, ma non riusciva. Non se lei continuava a fare così.
Margherita uscì dall'aula, sbattendo la porta. Si diresse con le mani strette in pugno fino alla presidenza, sperando di non incontrare Andrea.
Bussò all'ufficio del preside Bianchini, che rispose con un flebile "Avanti". «Buongiorno, preside.» lo salutò Margherita.
«Avanti, Raffagli, mi dica cos'ha fatto. Non ho mica tempo da perdere, io.» disse il preside, cercando qualcosa da fare.
Margherita si portò una mano al petto, assumendo un'espressione risentita. «Non ha pensato minimamente che potrei essere venuta qui giusto per salutarla?» chiese.
Il preside la fulminò con lo sguardo. «Raffagli, non ho tempo per i suoi atteggiamenti puerili.» disse. «Avanti, si sieda e dica ciò che ha fatto.»
«Ho aggredito una compagna.» disse Margherita, senza aggiungere altro.
Il preside la guardò. «Quando la smetterà di essere una bestia?»
Quando il sole si spegnerà. Pensò Margherita.
«Va bene, dopo le faccio il verbale. Intanto.. Non so, assuma un'espressione risentita, si metta a piangere. Insomma, finga che le abbia detto qualcosa di spiacevole.» il preside prese la cornetta del telefono, portandosela all'orecchio. «Arrivederci, Margherita.» disse guardandola negli occhi blu.
«Salve, preside.» disse Margherita con un sorriso, dirigendosi fuori l'ufficio. Cercò nelle tasche qualche spiccio per prendere qualcosa da sgranocchiare. Non poteva rientrare così presto, sennò il professore si sarebbe insospettito.
Margherita aveva un bel rapporto con il preside. Con gli adulti le veniva facile, era con i coetanei che non capiva come avere un approccio. Camminò fino alla macchinetta, ancora frugando nelle tasche. Tirò fuori cinquanta centesimi. Guardò oltre il vetro e cercò quello che le interessava. Era una bambina, nonostante il caffè la mattina e i modi bruschi. Era una bambina.
Inserì i soldi e schiacciò il pulsante che desiderava, vide la molla girare per poi mollare la sua colazione. Aprì lo scompartimento e prese la merendina al cioccolato, sedendosi sui gradini che portavano in quello spazio. Mangiò con calma la sua colazione, guardando di tanto in tanto l'orario. 8:30 e tornò finalmente in classe, pulendosi la bocca con la mano.
«Perla!» affrettò il passo, bussò alla porta per poi aprirla di scatto e lasciarsi inghiottire dagli sguardi dei suoi compagni.
«Margherita.» la salutò il professore. Margherita si sedette al primo banco della fila centrale, accanto a lei c'era appoggiato il suo zaino blu. Tirò fuori un quaderno a caso, buttandolo sul banco. Tirò fuori una biro blu e guardò il professore. «Allora?» le chiese. Margherita alzò le spalle.
Indifferente e indomabile. «Ma professore, la lasci perdere! Quella lì è strana forte.»
«Non ti è bastato il pugno di stamattina, Alessia?» quello che stupì Margherita è che quella frase non l'aveva detta lei, ma il professore.
Mimò un "Grazie" con le labbra e il professore le sorrise, per poi prendere il gesso e continuare a scrivere sulla lavagna.
Quella mezz'ora di lezione Margherita la passò con la testa fra le nuvole, scarabocchiando sul foglio bianco. Il professore la guardava senza che lei se ne accorgesse. Quando suonò la campanella, la richiamò. «Margherita, prima di andare a fare educazione fisica, puoi rimanere due minuti?» Margherita annuì, che neanche si ricordava di avere educazione fisica.
I ragazzi uscirono dalla classe, lasciando il professore e l'alunna lì dentro, carichi di tensione. Il professor Mazzacurati cancellò la lavagna, per poi disegnare un cerchio quasi perfetto, con dentro tanti punti interrogativi. «Questi punti interrogativi sono i quesiti che i ragazzi della tua età si pongono.» le spiegò il professore. Poi disegnò un grande punto fuori il cerchio. «Questa sei tu.» disse solo.
Si sedette sulla cattedra, davanti alla ragazza che abbassò lo sguardo prontamente, giocando con le dita. «Margherita, che succede?» chiese il professore, chinandosi un po' per cercare di arrivare a lei, nella sua testa, nei suoi pensieri.
Margherita scosse il capo. «Non lo so neanch'io.»
Dopo due minuti di silenzio la ragazza si mise lo zaino in spalla e uscì dalla classe, con un centinaio di punti interrogativi nella testa.
Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto da una voce. «Perla!» Margherita si girò, incrociando due occhi verdi troppo vispi per lei.

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