Perdenti.

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«Ovviamente non eravamo gli unici spacciatori della città. Ogni tanto capitava qualche scontro, ma non era nulla di grave. Flavio riusciva sempre a scamparla e a farcela scampare.» Cristian sorrise al ricordo di lui.
«Però c'era una gang, una fottuta gang, che ci assillava sempre. Scommetto che ci stanno ancora cercando, Crì.» disse Andrea, sorridendo.
«Si chiamavano "S.B."» continuò Cristian.
Quei due erano fatti così: arrivavano dove l'altro non riusciva ad arrivare.
«Ha un senso, questa sigla?» chiese Margherita.
«Streets of Blood.» disse Andrea, assente. «Seminavano il panico. Forse lo fanno ancora, ma noi siamo troppo ciechi per accorgercene.»
In quel cimitero vigeva un silenzio spettrale, ed era rotto solo dai racconti dei due e dalle domande di lei. Non c'era quasi nessuno, nonostante ci fossero così tante tombe.
«Vogliamo essere ciechi.» completò Cristian.
«Era il 19 agosto. Flavio aveva preso la patente, era maggiorenne ed aveva la macchina. Decidemmo di gareggiare contro gli S.B.» e Margherita si immaginò la scena.
Le strade deserte, notte fonda. Nessuno si aggirava per strada, perché sapevano ma subivano in silenzio. Le persone sono fatte così: pur di non essere coinvolte, fanno finta di non sapere.
«Una corsa. Sembrava semplice, una cazzata, una cosa da poco. Anche Flavio lo credeva.» disse piano Andrea. «Ci facemmo una canna, prima di partire. E io dico sempre che ero troppo fatto per capire, troppo fatto per accorgermene, ma non ero fatto per niente, ma capivo, ma me ne accorgevo.»
Margherita gli si mise accanto, gli accarezzò la schiena. Avrebbe voluto dirgli che non era colpa sua, ma non lo sapeva.
«Flavio sorrideva. Penso sia stato per l'effetto della canna.» continuò Cristian. «Io e Andrea eravamo dietro, Flavio non voleva nessuno accanto, quando guidava. Non abbiamo avuto il tempo di chiedergli il perché.»
«Uno sparo.» disse Andrea.
Il suono dello sparo si fece spazio nella sua mente, gli rimbombò dentro la cassa toracica, sentì il proiettile attraversargli la pelle.
«La gara cominciò con uno sparo. Flavio era carichissimo.» continuò Andrea. «L'adrenalina profumava l'aria. Tensione. C'era tanta tensione da poterla tagliare con un coltello.» voleva continuare a elencare tutti i particolari di quella sera, li poteva elencare all'infinito, però non poteva.
«Partimmo ed eravamo in vantaggio, poi però gli S.B. recuperarono. Ce li ritrovammo accanto. Mi ricordo ancora lo sguardo del guidatore, il suo sguardo pieno di merda: lo stesso mio. Ci guardammo infinitamente negli occhi: così simili e così diversi. Poi, sorrise. Mi ricordo che sorrise con tutta la cattiveria del mondo.» Andrea aveva chiuso gli occhi, nel bel mezzo del racconto. Le parole venivano fuori da sole, lui non faceva nulla.
Si fermò per un momento. Tutto il mondo si fermò con lui.
«La macchina degli S.B. sterzò improvvisamente, prendendoci in pieno. Flavio cercò di non andare a sbattere, ma finimmo contro un palo. È ancora storto. Ha la forma di un palo che ha piegato in due una macchina e spezzato una vita.» disse Cristian.
Andrea strizzò gli occhi. Gli sguardi, il sorriso, lo sterzo improvviso, il rumore delle ruote che stridono sull'asfalto, delle urla disperate, gocce di sudore sul viso di Flavio che tentava di non ammazzarli, il palo troppo vicino, il rumore della carrozzeria che veniva piegata, gli sportelli aperti di corsa, la testa che doleva, doleva dannatamente, un fischio fastidioso gli riempiva le orecchie. «Come stai, Cristian?» urlò, ma non si sentì. Cristian annuì. «Flavio!» urlò. «Flavio, come stai?!» si avvicinò nuovamente alla vettura, barcollando.
Il sangue, rosso, vivo. Il sangue sul volante, il viso girato nella sua direzione, gli occhi spalancati, la bocca contratta in un sorriso eterno, «Abbiamo vinto?» in un ultimo respiro, il rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca, la cintura di sicurezza che non era avvolta attorno al suo busto, il respiro fioco che piano piano si spegneva, e il sorriso ancora presente, nonostante gli facesse male tutto.
Non aveva vissuto abbastanza neanche per sapere che no, cazzo, non avevano vinto.
«Abbiamo perso, Flavio.» disse Andrea. «Abbiamo perso.»

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