Capitolo 27

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Si dice che il minimo battito d'ali di una farfalla sia in grado di provocare un uragano dall'altra parte del mondo.
(The Butterfly Effect)

SHARON'S POV

Avete presente quella sensazione in cui sentite che le cose pian piano tornano ad avere una certa tranquillità, un certo equilibrio?

Quando riuscite finalmente a incastrare perfettamente il pezzo mancante di un puzzle?

Quando sentite di potercela fare? Insomma, di avere tutto sotto controllo?

Sono abituata a prendere le cose, le situazioni, in modo leggero senza farmi problemi o domande inutili, ma sempre con un mio schema, con una mia logica, senza preoccuparmi di nulla, senza preoccuparmi di fallire perché io, Sharon Anderson, non fallisco mai eppure questa volta mi sembra di essermi scavata la fossa da sola.

Non avevo calcolato che dicendo una stupida frase potesse uscire fuori altro e tutto per quello stupido di Peter, tra l'altro ubriaco.

Le mie amiche sanno e nessuno di loro è mai andata contro le mie scelte anche perché sono adulta e posso benissimo prendere da sola certe decisioni. Certo, qualche volta scappava un rimprovero, un consiglio da parte di Victoria e Aubrey ma non me ne sono mai preoccupata.

E penso anche di non aver sbagliato nulla fino ad ora, in fin dei conti la vita è mia e per essere il più precisi possibile, io non sono la fidanzata di nessuno e anche se lo fossi non ho colpe, il passato è passato.

Nella stanza è caduto un silenzio assordante, di solito è il mio suono preferito ma ora lo trovo fastidioso e inopportuno. Nessuno fiata, si sente solo il respiro affannato del ragazzo al mio fianco come se avesse appena corso una maratona.

James si allontana dal mio corpo come se si fosse appena bruciato, dal suo sguardo non trapela nessuna emozione, fissa il vuoto e posso giurare di vedere nella sua testa il caos totale. Tante domande, nessuna risposta.

Sembra aver collegato qualcosa e dopo una manciata di minuti si alza furiosamente dal divano. Fisso la sua possente figura fino a quando non scompare dalla mia visuale. Il silenzio viene spezzato dal rumore di una porta sbattuta con forza inaudita.

Aubrey mi fissa e il suo sguardo mi incoraggia a prendere posizione «Vado da lui» dico a voce talmente bassa che penso di averlo solo pensato. Esco fuori e lentamente mi avvicino a lui, seduto sul marciapiede, di spalle alla villetta. Fuma con voracità e sbuffa in continuazione.

Mi siedo incerta al suo fianco e lo osservo, anche da arrabbiato è bellissimo. Mi avvicino di più al suo corpo e poggio la testa sulla sua spalla, a questo contatto sento il suo corpo irrigidirsi. Fissiamo il ciglio della strada fin quando il silenzio non viene spezzato dal tono della sua voce, freddo e distante.

«Continuerai a mentirmi?» chiede torturandosi le mani «Può darsi» sussurro e subito si sposta dal mio fianco «James non sei il mio ragazzo! Non sono tenuta a raccontarti cosa ho fatto in passato ed io non ti ho mai chiesto nulla sul tuo conto, le tue amicizie o le tue cazzate» sbotto irritata. Entrambi siamo in piedi l'uno di fronte all'altra, la sua figura possente sovrasta la mia statura, ma nonostante ciò continuo ad osservarlo a testa alta.

«Perché devi essere così difficile?»mi domanda tirandosi i capelli «Beh se per questo neanche tu sei facile e a me non piacciono le cose semplici» ribatto risoluta, lui in risposta sorride.

«Quindi ammetti che ti piaccio?» chiede con aria spavalda «Hai un bel faccino» dico con noncuranza evitando fissare il suo corpo tonico e scolpito. «Ti ricordo che da questo bel faccino ti lasci trasportare da un turbino di emozioni» mi mordo il labbro e cerco di non dar retta alla sua stupida e insensata constatazione.

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