La notte era finita da poco, il cielo iniziava a tingersi di rosa e la flebile luce del sole cominciava a gettare le prime ombre sul terreno. Un uomo dava le spalle al meraviglioso spettacolo offerto dalla foresta illuminata dall'alba e al dolce suono dei rami mossi delicatamente dalla brezza mattutina.
Scostò dal viso i capelli che il vento gli scompigliava e continuò a camminare per la strada terrosa che lo avrebbe condotto alle porte delle città. Osservò l'enorme cancello in legno e ferro, costruito da mani sapienti e accurate, e ammirò le imponenti mura distendersi fino ad abbracciare l'intera Olok.
L'uomo indossò il cappuccio della povera tunica che portava; non aveva altro con sé, non aveva mai avuto bisogno d'altro, se non del piccolo sacco che custodiva gelosamente il suo contenuto. Si sedette all'ombra delle mura e attese così che il sole fosse abbastanza alto affinché le porte venissero aperte; si alzò quasi svogliatamente dalla posizione comoda, scrollò di dosso il terriccio delle strade sterrate e si diresse a passo lento all'interno della Capitale. Doveva trovare il modo di non dare troppo nell'occhio, doveva passare come un normale mendicante. Nessuno avrebbe dovuto accorgersi di lui; nessuno, tranne coloro che cercava.
Quella mattina Enora si svegliò di buon umore nonostante sentisse ancora forte la mancanza di Arkara, partita da ormai tre settimane per un motivo a lei sconosciuto. Si alzò dal letto con cautela e cominciò a prepararsi per uscire; ripeté i gesti quotidiani che aveva imparato nel corso degli anni, tastava sicura davanti a sé, si muoveva senza indecisione, sapeva dove andare e cosa cercare. Quando fu pronta, si diresse verso la cucina dove sentì suo fratello e sua madre che parlavano, e li salutò entrambi.
«Noor, che ne dici di camminare un po', oggi?» chiese servendosi di una fetta di pane e del formaggio: adorava sentirne il sapore per colazione ed erano anni che sua madre li metteva nello stesso posto, ogni giorno.
Noor accettò di buon grado e i due fratelli uscirono per dirigersi verso le vie più popolose della città. Enora amava sentire le voci del mercato e i profumi che provenivano dalle botteghe. Aveva imparato a conoscere ogni suono, ogni voce, ogni odore, e le persone avevano imparato a conoscere lei non trattandola più come una persona cieca ma, semplicemente, come una delle tante giovani ragazze che popolavano la Capitale. L'aria che si respirava non era più la stessa dopo la morte della regina, si sentiva che qualcosa era cambiato, e Noor sapeva anche il perché.
Doveva trovare il modo per poter andare via, raggiungere Arkara, aiutare Olok.
«Che cosa penseresti se io me ne andassi?» disse all'improvviso. Enora si voltò di scatto e gli sorrise stranita.
«Tu non te ne andresti, non mi lasceresti mai da sola».
Noor le strinse la mano che aveva poggiato sul braccio, ma si voltò dall'altra parte. Cambiò argomento per costringersi a non pensare, e continuarono a camminare per la città con il sole che li scaldava e un fievole vento che agitava i capelli.
STAI LEGGENDO
Holtre
Fantasy- COMPLETO - Holtre. Un regno. Cinque Terre. La guerra. Holtre è una terra di intrighi, di piani per raggiungere i propri scopi, di tradimenti. Ma è anche una terra di amore, di fedeltà, e amicizia. È un luogo in cui i personaggi crescono, cam...