Capitolo 30: Il tessitore

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Alec attese paziente la tragica notizia nelle sue stanze, e fu tremendamente bravo a recitarne la sorpresa.

Si accasciò sulla seduta sotto la finestra e osservò la città di Olok dispiegarsi ai suoi piedi. Fabian non avrebbe meritato di ereditare il frutto di tutti i suoi sacrifici, non ne sarebbe stato in grado. Nessuno lo era. Il pensiero corse rapido agli Elyse, ai loro vani tentativi di destituirlo dal trono e, subito dopo, il pensiero di Elisea gli si stagliò nella mente oscurando tutti gli altri. Quella maledetta bastarda era stata la causa della morte di Isidora e del suo stesso figlio, e avrebbe dovuto pagare per il dolore che aveva inflitto alla sua famiglia.

Rimase sveglio per tutta la notte senza riuscire a trovare pace, tormentandosi alla ricerca della mossa successiva in quella partita a scacchi in cui l'obiettivo finale era la sua distruzione. Solo all'alba, però, gli balenò in mente un'idea che, proprio per la sua semplicità, sarebbe stata vincente.

Si mise a sedere sul bordo del lussuoso baldacchino a fissare l'enorme ritratto di famiglia che occupava quasi per intero la parete a fianco alla porta e, in quella posizione, attese l'arrivo di Angus.

Il servitore, come ogni giorno, si presentò puntuale alle prime luci del mattino, portando con sé il vassoio della colazione e l'elenco degli impegni quotidiani.

«Annulla tutto. Oggi partiremo per un lungo viaggio».

«Lasciate che prepari le valigie, Maestà».

«Oh, non preoccuparti, conto di tornare entro il tramonto».

«Dove?» chiese soltanto Angus, cominciando già a svuotare la mente per concentrarsi.

«Shagos».

Il re poggiò una mano sulla spalla di Angus e, dopo pochi secondi, furono vicino le porte della città. Il servitore era visibilmente stremato dopo un viaggio così lungo e dovette rinunciare ad accompagnare il suo re fin dentro la capitale delle Terre Escluse. Appoggiò la schiena in una delle minuscole case ammassate al di fuori del muro di cinta in rovina e si asciugò il sudore che grondava da fronte e collo, senza più fiato.

Era quello il prezzo. Quanto più potente la magia, tanto più il dispendio di energia.

«Farò in fretta, e voglio tu sia pronto quando tornerò qui».

«Sì, Mio Re» ansimò l'altro.

Alec raggiunse quella che doveva essere la strada principale per raggiungere la capitale, nonché unica città, delle Terre Escluse.

Dopo l'espulsione da Holtre, gran parte degli abitanti della Terra della Bilancia avevano tentato di migrare verso le altre Terre mentre, i più coraggiosi, si erano avventurati nell'enorme deserto del Savor in direzione degli altri regni.

La Terra del Pesce e quella Centrale, però, avevano istituito la Barriera Militare di Confine, impedendo quello che si prospettava essere un esodo di massa. Minerva si era ritrovata ben presto a governare su un mucchio di vecchi e ragazzini troppo deboli per partire, così aveva deciso di convogliare tutti gli abitanti sparsi per le oasi e i villaggi del deserto e li accolse a Shagos, da dove era più facile gestirli.

All'inizio, la paura e l'incombenza di una guerra imminente, aveva portato tutti gli abitanti a muoversi all'interno delle mura, cominciando a costruire case nuove per accogliere il numero sempre maggiore di persone che vi si trasferivano; poi, con il tempo, la paura si era attenuata e alcuni di loro ebbero il coraggio di uscire.

Vennero costruite abitazioni a ridosso delle mura di cinta, poi sempre più distanti, fino a formare dei piccoli villaggi. Le risorse, però, erano finite in fretta e la gente aveva cominciato a vivere di espedienti e, infine, di criminalità. Minerva aveva sperperato il poco denaro che le era rimasto per inutili battaglie di confine, senza mai accettare le proposte di Khan e Joanne, i sovrani della Terra del Leone e del Toro, che le avevano offerto protezione, né tantomeno aveva ceduto alle richieste di resa da parte di Marvin.

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