Capitolo 13: Parte II - La furia della guerra

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Tutto l'orrore che aveva strenuamente tentato di non sentire dal suo nascondiglio le si dipanò davanti portando con sé un orrore mille volte peggiore. Si impose di non soffermarsi su niente di ciò che le stava attorno, né sui corpi morti orribilmente mutilati, né sulle fiamme che le frecce infuocate avevano procurato bruciando carri e persone. I suoni le giunsero ovattati nella testa rendendola incredibilmente pesante, e la voltò da un lato e dall'altro alla disperata ricerca di qualcosa che la potesse condurre da suo fratello. Il terrore le invase il petto, non era pronta a perdere anche lui, e continuò a incedere incurante del frastuono attorno finché finalmente lo vide.

Era disteso per terra, con un uomo dall'armatura nera pronto a calare su di lui.

«Noor!».

Le parole le morirono in gola: un fendente le ferì la spalla e lei cadde rovinosamente perdendo la spada.

Si costrinse ad aprire gli occhi per non morire. Scorse enormi colonne di fuoco che ruggivano, compagni e nemici che si accasciavano al suolo senza vita, e poi vide il nemico pronto a infliggerle il colpo di grazia. Ancora una volta il suo istinto di sopravvivenza ebbe la meglio e rotolò su un fianco per evitare l'affondo. Colpì il polpaccio del soldato con un calcio imprimendovi quanta più forza potesse, e riuscì a farlo cadere approfittando di quella pausa per rialzarsi e recuperare l'arma. Quello però si riprese in fretta e si preparò per colpirla alla schiena mentre lei era ancora chinata.

Enora si voltò appena in tempo per vedere il semicerchio perfetto che la lama avrebbe presto concluso lacerandole il fianco. Si issò completamente in piedi stringendo l'elsa talmente forte da farle sbiancare le nocche, e mosse il braccio come se fosse comandato da una forza superiore. Affondò la lama dentro lo stomaco del soldato, tra il corpetto metallico e le protezioni delle spalle, perforandolo da lato a lato.

Estrasse tremante la spada insanguinata fino all'elsa mentre il corpo ormai inerte si accasciava ai suoi piedi, lasciando cadere con un tonfo l'arma e lo scudo che aveva stretto fino a quel momento. Portò sul volto le mani impregnate di morte per cercare di fermare un conato di vomito senza riuscirci, e si sentì svuotare mentre imbrattava il terreno davanti a lei.

Si inginocchiò ancora con il fiato grosso accanto al corpo del soldato che la guardava con occhi vuoti, e lo osservò sconcertata e incapace di muoversi. Tutti i rumori si affievolirono e rimasero solo lei e il cadavere, mentre l'assordante battito del suo cuore le rimbombava nella testa.

Mise le mani tra i capelli e si rannicchiò quasi a toccare il terreno con la fronte, mentre delle lacrime silenziose cominciavano a lavarle via due sottili scie di sangue e terra dal viso: era la prima volta che uccideva.

Un grido smorzato le fece alzare la testa. Un uomo barbuto dalla pettorina bianca aveva tranciato di netto la spalla di uno dei soldati di Alec che la stava per colpire alle spalle, facendo rotolare il braccio armato a pochi passi da lei.

Guardò assente quel pezzo di carne per qualche secondo prima di alzare lo sguardo sul suo salvatore che, però, era già andato via. Si guardò intorno senza nemmeno riuscire più a scorgere suo fratello, vide corpi morire e altri cadere, sentì grida di vittoria e urla di dolore. Non riuscì a rimanere lì un momento di più e, con le poche forze che le restavano, cercò di allontanarsi il più possibile da quello scempio.

Si alzò a fatica mentre la ferita alla spalla continuava a sanguinare e cercò di ritornare sul carro in cui aveva trovato rifugio prima del suo infelice tentativo di salvataggio, ma si accorse che non ne era rimasto più niente se non pezzi di legno bruciato sparsi per il terreno umido di pioggia.

Si guardò attorno in cerca di un riparo e notò una delle tende coraggiosamente rimaste in piedi tra gli alberi al nord della radura divenuta un campo di battaglia, e corse in quella direzione.

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