Capitolo 9: La scelta

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La realtà di ciò che era successo la colpì come uno schiaffo, risvegliandola dal torpore ipnotico e facendole notare l'impossibilità di ciò che era appena accaduto.

«Adesso credo che delle spiegazioni siano dovute».

La figura dal lungo mantello si sedette sul terreno col capo chino, e rifletté un po' prima di parlare. Aveva pensato a lungo a quel momento negli ultimi anni, ma le cose erano andate diversamente da come si era immaginato e adesso doveva scegliere le parole giuste.

«Quella collana ha il potere di donare la vista, ma anche di toglierla».

La ragazza vi strinse impulsivamente la mano attorno fino a lasciare il segno delle perle nel palmo.

«Non devi ridarmela, Enora, a patto che entri nel gruppo di Resistenza e porti a termine la tua missione».

«Quale missione?». Non avrebbe perso quella possibilità. Solo allora si rendeva conto di quello che voleva dire essere cieca; solo adesso che poteva riempirsi gli occhi dei colori della natura si accorgeva di quanto profondamente incompleta fosse stata la sua vita fino a quel momento. Noor stava per dire qualcosa, ma lei lo zittì con un gesto.

«Porre fine alla guerra e uccidere il re» disse l'uomo ostentando noncuranza. Non potevano sapere, però, che sotto al mantello il suo cuore aveva preso a martellargli contro le costole. Enora sgranò gli occhi.

«Uccidere il re? Ma non c'è nessuna guerra!»

«Ci sarà».

«Voi siete un folle! Lei non starà sotto i vostri ordini».

La figura riprese a parlare con estrema calma, come se Noor non avesse proferito parola.

«Come potete vedere la collana ha ventiquattro perle, una per ogni mese, che indicano la durata dell'effetto. Affinché sia permesso a Enora di vedere, ogni mese una perla perderà colore, e in quel preciso istante qualcuno a lei vicino perderà la vista. Alla fine dei due anni, – disse poi rivolgendosi direttamente alla ragazza – se la missione non sarà stata portata a termine, tu ritornerai cieca e coloro che lo sono diventati a causa tua non potranno tornare a vedere».

«E se invece la porto a termine?»

Noor era stupito che sua sorella avesse anche solo preso in considerazione quell'idea. Anche lei era stupita di sé, il coraggio non era mai stato il suo forte, ma non ricambiò il suo sguardo preoccupato: lui non sapeva cosa volesse dire essere ciechi.

«Se ci riuscirai, – riprese l'uomo – tu continuerai a vedere, e tutti coloro che sono diventati ciechi riacquisteranno la vista».

Noor scosse la testa.

«Come facciamo a fidarci delle vostre parole, se nemmeno sappiamo chi siete».

La figura avvicinò le mani al viso, poi fece scivolare indietro il lungo cappuccio che lo aveva tenuto nascosto fino a quel momento.

«Mi chiamo Stenphield e faccio parte degli Elyse».

La prima cosa che i due fratelli notarono fu il contrasto che c'era fra la voce forte e autoritaria e le sembianze così giovani, ed Enora si chiese se fosse normale che avesse un aspetto così diverso da quello di suo fratello e dal proprio.

Aveva la pelle diafana, quasi trasparente, che sembrava emettere un lieve bagliore, lineamenti sottili ed eleganti e dei capelli del colore della notte che gli cadevano fin alle gambe incrociate e che gli incorniciavano il viso dai grandi, strani e magnifici occhi viola; la cosa più strana, tuttavia, erano le orecchie. A punta.

Stenphield gli diede qualche secondo per capire ciò che stavano osservando, poi si alzò scrollandosi di dosso il terriccio.

«Abbiamo bisogno di nuove reclute e abbiamo bisogno di te, Enora». L'uomo dalle orecchie a punta si avvicinò a loro, gli porse un foglio con un indirizzo sulla seconda strada est e poi si dileguò senza dare ulteriori spiegazioni.

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