Capitolo 42: L'avanzata

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Il viaggio fu lungo ed estenuante. L'esercito ribelle aveva raggiunto dimensioni mai avute prima, vincendo alcuni scontri solo grazie alla superiorità numerica, pagandone il prezzo in consistenti difficoltà di gestione.

I soldati di Minerva avevano dismesso le armature argentate e si erano mischiati tra gli Elyse; i ribelli, però, non si fidavano ancora di loro e questo portava spesso a delle risse difficili da sedare.

Le scorte di cibo offerte dalla Terra del Toro si erano rivelate presto insufficienti a sfamare la mole di uomini e animali, e la caccia non andava sempre a buon fine in quel periodo dell'anno, così erano stati costretti a prendere ciò di cui necessitavano dai villaggi e dalle case che incontravano lungo il tragitto lasciandosi una scia di desolazione alle spalle e attirando le maledizioni di molta gente. Per la fame, molti dei cavalli erano stati abbattuti, e adesso gran parte degli uomini si muoveva a piedi rallentando l'avanzata di parecchi giorni.

Christopher e Seamus camminavano in testa all'enorme esercito, i loro cavalli impegnati tra le fila a trasportare armi e viveri. Il sovrano faticava a mantenere il passo del generale: la gamba gli doleva a ogni passo e, da qualche minuto, aveva cominciato a perdere sensibilità nella zona di congiunzione tra la carne e il legno. Avanzava malfermo, cercando di celare le smorfie di dolore che gli si dipingevano naturalmente sul viso, ma deciso a non arrendersi: ammettere di non farcela, gli avrebbe fatto più male.

«Abbiamo messo assieme tutta questa gente che marcia per lo stesso obiettivo, ma ciò non basta per fare di loro un esercito» rifletté il re, interrompendo lunghi minuti di silenzio.

«Nahil aveva ragione, non siamo pronti».

Seamus scosse la testa.

«Era questo il momento di agire, Christopher. Dobbiamo solo sperare che durante tutta la strada che dobbiamo ancora percorrere gli uomini comincino a fidarsi l'uno dell'altro».

«Ci sono stati troppi cambiamenti e troppo in fretta, nessuno ha avuto il tempo di capire realmente cosa stesse succedendo».

Klethus interruppe il dialogo tra i due, avvicinandosi con le briglie dello stallone del re ben salde tra le mani. Seamus accettò la muta richiesta del suo amante e proseguì a cavallo fino a quando fu il momento di riposare, riuscendo a placare il dolore del moncherino alla gamba.

Avevano da poco superato il fiume Giona e stavano attraversando le Montagne del Nord all'interno della Terra Centrale quando vennero attaccati.

Sembrava che il nemico sapesse esattamente da dove sarebbero passati, e iniziarono a sbucare fuori da grotte e insenature della roccia, scendendo lungo le pareti della montagna e colpendoli con le frecce prima ancora che i ribelli potessero rendersi conto di ciò che stava accadendo.

Fu allora che quell'insieme di uomini divenne un esercito.

Stenphield guidò il gruppo di stregoni affinché fossero potenziate le barriere difensive ma, evidentemente, anche le armi nemiche lo erano state e molti colpi andarono comunque a segno. L'elfo, quindi, si allontanò dai suoi sottoposti e cercò di localizzare i maghi dell'Esercito Nero per poterli affrontare personalmente, senza però trovare nessuno.

"Bene", pensò, "Alec non li manda direttamente in battaglia: ha paura di perderli". Questo gli permise di poter agire con più facilità, riuscendo presto ad annullare la magia che era stata imposta alle frecce che continuavano a riversarsi su di loro.

I ribelli, nel frattempo, avevano sguainato le spade che portavano assicurate alla cintola e avevano iniziato a lottare coprendosi le spalle a vicenda, dimenticandosi della stanchezza e della diffidenza; ma si trovavano in una strettoia, era buio ed erano impreparati.

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