Il principe Fabian mancava dal castello già da un po'. Dopo il Concilio che si era tenuto tra i regnanti nella sua città aveva avuto bisogno di tempo per riflettere.
Come era possibile che suo padre avesse ucciso un sovrano? Per quale motivo? Aveva sempre avuto strategie brillanti, piani impeccabili, ma stavolta faticava a trovare la ragione logica che il re stesso gli aveva insegnato a cercare in qualunque cosa. Non aveva osato parlarne con nessuno: era l'erede al trono e generale in comando dell'Esercito Nero, non poteva certo permettersi di avere dei dubbi, non era stato addestrato per il pensiero critico e non era questo ciò che gli si chiedeva. Lui doveva essere sicuro, forte, determinato, doveva fidarsi ciecamente del re suo padre e obbedirgli più di chiunque altro. Eppure il seme del dubbio si era instillato in lui e non riusciva più a farlo tacere. Se suo padre stava commettendo delle atrocità lui era in dovere di fermarlo, ma se si fosse sbagliato ne avrebbe pagato le conseguenze nel peggiore dei modi.
Le risposte ai suoi dilemmi morali gli vennero consegnate poco dopo dallo stesso uomo che glieli aveva causati. Alec, infatti, senza troppe spiegazioni gli aveva ordinato di guidare un piccolo manipolo di soldati ai confini della Terra del Leone, in un villaggio ai piedi dei Monti Nevos e a ridosso del deserto delle Terre Escluse. Lui si era inchinato e aveva obbedito, come sempre, pronto a sedare le pericolose rivolte degli uomini della regina esclusa che avevano ormai conquistato quel territorio, aiutare i soldati del Re Seamus a respingerli oltre i confini di Holtre, e conquistare quel pericoloso avamposto nemico.
La situazione che aveva dovuto affrontare, però, non avrebbe potuto essere più diversa da quella che suo padre gli aveva prospettato. Tra gli ammassi di case addossate alle pareti rocciose non c'era stata traccia dei barbari di Minerva né degli uomini del Leone. Ma gli ordini erano ordini, e si era ritrovato come uno spettatore a guardare sé stesso e il suo battaglione conquistare un posto che non aveva bisogno di essere salvato, uccidendo persone che non sarebbero dovute morire.
Era convinto di essere un soldato, ma adesso cosa era diventato? In cosa lo stava trasformando suo padre?
Quando l'inutile massacro era finito, aveva comunicato ai suoi uomini che avrebbe viaggiato da solo e si era allontanato il più velocemente possibile.
Aveva cavalcato in silenzio come non gli capitava da tempo immemore, riscoprendo il piacere di stare in compagnia di sé stessi e dei propri pensieri, senza rischiare che qualcuno si potesse intromettere. Non aveva trovato nulla in grado di spiegare lo scempio che il re gli aveva ordinato di commettere, né era riuscito a pensare qualcosa che giustificasse sé stesso per averlo compiuto; ma non poteva scappare per sempre dal suo senso di colpa e presto sarebbe dovuto tornare a palazzo per mettere in chiaro molte cose e per parlare con Kryss. Soprattutto per parlare con Kryss.
Era l'uomo migliore del suo battaglione ed era un amico sincero: i suoi genitori lavoravano nella servitù del castello, e loro erano praticamente cresciuti assieme. Al momento di entrare in Accademia il principe era riuscito a convincere suo padre ad ammettere anche lui sebbene il suo ceto sociale non glielo permettesse, e da quel momento si erano trasformati da bambini in soldati addestrati; poi, poco più che adolescente, Fabian aveva assunto il ruolo di generale che gli spettava in quanto erede al trono e aveva sempre portato l'amico con sé in qualunque missione. L'altezza non era uno dei suoi vantaggi, ma in battaglia si trasformava in una macchina da guerra e lui non aveva mai esitato ad affidargli la sua stessa vita, certo che quel ragazzo dagli occhi nocciola e dalle fossette sulle guance lo avrebbe protetto a qualunque costo.
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal brontolio dello stomaco. Aveva fame. Guardò nel tascapane che si era sempre portato dietro e con grande rammarico lo trovò vuoto, così tornò indietro verso il mercato della povera cittadina che aveva superato quella stessa mattina. Tirò piano le redini dello stallone scuro con cui aveva passato gli ultimi giorni per indirizzarlo verso la strada corretta e poi si lanciò in una cavalcata sotto la pioggia battente dell'autunno. Aveva abbandonato l'armatura nera poco dopo i Monti Nevos, e senza nient'altro a proteggerlo dall'acqua incessante gli si erano inzuppati mantello e vestiti. Gli abiti incollati al corpo lo facevano continuamente rabbrividire dal freddo, ma non poteva rischiare di toglierli ed essere riconosciuto: non era sicuro del trattamento che gli avrebbero riservato.
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Holtre
Fantasy- COMPLETO - Holtre. Un regno. Cinque Terre. La guerra. Holtre è una terra di intrighi, di piani per raggiungere i propri scopi, di tradimenti. Ma è anche una terra di amore, di fedeltà, e amicizia. È un luogo in cui i personaggi crescono, cam...