Capitolo 16: Reclute speciali

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Ares mandò immediatamente uno dei ribelli a chiamare il fratello e si sedette impaziente sulla branda facendo oscillare nervosamente una gamba. Se il principe gli aveva detto la verità sarebbero dovuti partire immediatamente, ma se fosse stata una trappola...

Nahil lo raggiunse dopo quella che gli parve un'eternità e si sistemò davanti a lui con un acceno di fiato grosso: non aveva smesso un attimo di lavorare da quando aveva udito il suono del corno, e nonostante la corporatura fosse ancora agile e forte, il peso degli anni si faceva sentire anche su di lui.

«Perché tanta urgenza?» gli chiese notando il modo in cui il fratello si martoriava le mani. Lui alzò il viso barbuto e lo guardò negli occhi scuri identici ai suoi.

Era il più grande dei due di poco più di un anno, ma la muscolatura massiccia di Ares paragonata a quella leggermente più minuta e longilinea del fratello ingigantiva quella piccola differenza; per il resto, invece, erano estremamente simili. Erano stati cresciuti da due genitori che passavano più tempo a litigare che a fare altro, e loro avevano dovuto fin da subito imparare a badare a loro stessi, potendo contare sempre sull'immancabile supporto dell'altro.

«Ci siamo, Nahil. La guerra che volevamo ci è stata offerta su un piatto d'argento, e io non voglio rifiutare».

Nahil quasi sobbalzò e si avvicinò di un passo senza nemmeno rendersene conto, imitando l'espressione cospiratrice che aveva improvvisamente assunto il fratello.

«Enora ha portato un ragazzo con delle informazioni incredibili» gli disse con la luce dell'euforia negli occhi. Gli raccontò l'incontro avvenuto poco prima e dopo un attimo di titubanza decise di fidarsi completamente di lui, come aveva sempre fatto, rivelandogli l'identità del messaggero. Riportò il dialogo in modo estremamente dettagliato cercando malamente di celare una decisione che, dal canto suo, era già stata presa. Il secondo generale si prese qualche istante prima di rispondere.

«Non lo so» furono le uniche parole che fu in grado di dire.

Nel viso di Ares si dipinse la delusione. Ecco, forse quella era una delle differenze che li aveva spesso messi l'uno contro l'altro durante la loro vita. Ares era molto impulsivo ed entusiasta, mentre Nahil aveva bisogno di tempo per ragionare sulle cose. Tempo che, però, in quel momento non potevano concedersi di perdere.

«Come fai a non capire?! Chiuderemmo le Armature Nere tra noi e le truppe dei sovrani Seamus e Kamal. - provò a convincerlo - Alec sicuramente non si aspetta una cosa simile e il suo esercito non sarà preparato per un attacco su due fronti: la battaglia non durerà più di un solo giorno!»

«È troppo rischioso, Ares».

«Avremo Kamal e Seamus come alleati, battere Alec sarà facile poi» ripeté il primo generale, come se in questo modo riuscisse a persuaderlo più facilmente.

«Non è detto, dannazione. Se il principe mente e noi partissimo comunque, vorrebbe dire consegnarci all'Esercito Nero! Hai pensato al massacro che ci potrebbe essere? Proprio perché conosci il suo volto non dovresti fidarti: potrebbe essere una spia, potrebbe averci ingannato, e noi non abbiamo il tempo di mandare uno dei nostri nella Terra del Leone per avere una conferma da re Seamus». Nahil scattò in piedi e prese a camminare in tondo all'interno di quello spazio angusto con una mano tra i corti capelli neri.

Il secondo generale si massaggiò per un istante la barba che gli cresceva folta sulle guance al contrario del fratello completamente glabro, poi si alzò e lo guardò severo. Era un'occasione troppo grande e lui l'avrebbe colta a qualunque costo.

«Sono io il primo generale, Nahil. Non ti sto chiedendo il permesso. È un ordine. Avvisa tutti, si partirà domani all'alba». Non riusciva a credere di averlo detto davvero ma non si sarebbe tirato indietro.

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