Capitolo 25: La vera storia di Mysa

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Lo scontro per quell'ennesimo giorno era terminato da ore, ma Ares non aveva ancora scaricato di dosso tutta l'adrenalina della battaglia. Si era rifiutato di mangiare e, invece, si era diretto verso il primo albero che si era trovato davanti per lucidare spada e scudo, cercando di lavare via tutto il sangue e la terra per evitare che ne danneggiassero la struttura. Aveva una cura quasi maniacale per le sue armi, glielo diceva sempre suo fratello Nahil, ma lui gli continuava a ripetere che, al contrario di quanto capitato a lui, le sue armi non si erano mai smussate né rovinate a causa del freddo e dell'incuria.

Un'ombra apparve ai suoi piedi impedendogli di vedere con precisione ciò che stava facendo, così alzò il viso smunto e barbuto per vedere di chi si trattasse.

«Sei venuto a dirmi che avevo ragione, eh?» disse in una fragorosa risata, e anche Nahil sorrise. Il fratello minore prese posto al suo fianco e gli diede una pacca sulla spalla.

«Sono venuto a dirti che avevi ragione, ma che comunque dobbiamo sbrigarci o moriremo per la stanchezza: i nostri soldati non sono abituati a scontri che durano così tanto».

Ares annuì, ma senza perdere il suo entusiasmo. Le parole del principe Fabian, che Enora aveva accompagnato bendato al suo cospetto, si erano rivelate corrette: Seamus era davvero arrivato con tutto il suo esercito per supportarli nella lotta contro Alec, dandogli un'opportunità di vittoria che non avevano da anni.

Stava per dirgli qualcosa quando vide Arkara avvicinarsi a lui.

«Scusa Nahil, – disse perdendo il sorriso largo che gli apriva la folta barba scura – ne parleremo poi. Lasciaci soli».

«Lui è ancora vivo?» chiese senza preamboli Arkara, non appena il secondo generale fu lontano. Ares annuì, e lei sospirò sollevata.

«Ho riflettuto molto, e non voglio che uno di noi muoia prima di conoscerci davvero. Non ho cambiato idea su di lui, è solo che... è mio fratello» concluse ingoiando il nodo che, suo malgrado, le si era formato in gola. Il comandante le sorrise come un padre.

«Mi fa piacere sentirti dire queste parole, Arkara. Vedrai che quando parlerai con Kimav sarà tutto più semplice».

L'attenzione di Nahil, subito dopo aver lasciato suo fratello e Arkara ai piedi dell'albero, fu catturata da uno strano fruscio tra le foglie così, credendo si trattasse di una spia, decise di seguirlo

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L'attenzione di Nahil, subito dopo aver lasciato suo fratello e Arkara ai piedi dell'albero, fu catturata da uno strano fruscio tra le foglie così, credendo si trattasse di una spia, decise di seguirlo. Non fu difficile scoprire la causa di quel movimento e Noor si stupì di vederlo lì, assumendo la tipica espressione di chi viene colto in flagrante.

«Che cosa stai facendo?!» gli chiese il generale decisamente sorpreso. Gli occhi del ragazzo saettarono da una parte all'altra in cerca di una scusa plausibile a cui aggrapparsi.

«Stavo cercando una tenda» disse infine con tono di resa. Nahil sospirò seccato.

«Non le montiamo in mezzo alle siepi, Noor, dimmi la verità».

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