Prologo

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Manhattan, 2008

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Manhattan, 2008

Correvo veloce, la poggia batteva violenta sull'asfalto sporco e ondulato. Il buio della sera non rese esattamente le cose più facili, bensì non esitai ad inciampare un paio di volte per via dei scarsi lampioni che vi erano in quel quartiere malfamato e incolto. Stavo scappando, i vestiti erano completamente fradici d'acqua, birra e vomito probabilmente. Le pasticche che avevo ingerito minacciavano di esplodermi dallo stomaco oltre alla vista che iniziava ad essere annebbiata. Avevo il fiato il gola, ogni volta mi voltavo per vedere se quell'uomo dalla lunga barba assieme al suo amico dal corpo robusto ancora mi rincorrevano. Stavo ormai scappando da ben trenta minuti. Stavolta avevo combinato un bel casino e a casa probabilmente sarebbe stato meglio non tornarci. Mi ero ripromesso di smetterla, darci un taglio con quella penosa vita che conducevo ma forse non mi restava altro. Non ero solito chiedere scusa ne tanto meno mi rendevo conto degli errori colossali che commettevo che di certo non avrei mai ammesso davanti a mio padre. Avevo rallentato e forse quei due uomini non mi stavano più inseguendo, pensai. Qualcosa, inaspettatamente attirò la mia attenzione: Una ragazza accasciata sul marciapiede di quel quartiere poco raccomandabile in una pozza di sangue. Aveva i capelli bagnati, d'altronde la pioggia non ebbe nessuna voglia quella sera di terminare. Il suo viso mi spaventò, ripensai all'ultima volta in cui avevo avuto davvero paura nella mia vita. Piangeva, singhiozzava, aveva i vestiti un po' stracciati, faceva freddo e quella ragazza aveva sicuramente bisogno di calore in quel momento. Avrei voluto avvicinarmi, chiederle come stava ma probabilmente non ero così buono e gentile come volevo far credere a me stesso, gli uomini mi urlarono contro ed udí la loro voce in lontananza. Volevo aiutarla, avrei tanto voluto salvarla, ma forse prima di togliere dai guai qualcuno dovevo salvare me stesso. La giovane non si accorse di me, stavo commettendo un errore, stavo dimostrando a Dio quanto ancora sapevo essere spietato ed egoista ma non mi importò, ripresi a correre, spedito, lasciandomi quella ragazza sanguinate e infreddolita alle spalle.

IL CORAGGIO DI RESTARE (In corso)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora